Verde (Unige): C'e' un'identificazione espulsiva e proiettiva con gli autori del reato
(DIRE-Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 19 lug. - "Da Robin Hood in poi, il deviante che piace e' sempre esistito perche' fa quello che gli altri non si permettono di fare. 'Il delinquente altro da me' e' il male mio che vedo fuori nell'altro e voglio che sia colpito: punendo lui punisco anche il peggio di me, che vorrebbe ogni tanto commettere il male. I cattivi in questo senso sono diventati degli eroi popolari". Cosi' Alfredo Verde, professore di Criminologia dell'Universita' degli studi di Genova (Unige) e co-autore del libro 'Narrative del male. Dalla fiction alla vita, dalla vita alla fiction' (FrancoAngeli), spiega alla DIRE come mai sempre piu' italiani si siano appassionati alle storie 'criminali'.
"C'e' un'identificazione espulsiva e proiettiva con gli autori del reato- continua il criminologo- le nostre parti cattive sono rimesse ai criminali, loro vengono puniti anche per noi che restiamo buoni. Se poi ci pensiamo ancora un po' cattivi, allora li dobbiamo curare cosi' curiamo noi in loro".
Il forte successo di fiction e talk show televisivi, secondo il professore dell'Unige, dipende dal fatto che "contribuiscono a dare un'idea del delitto che non corrisponde a quella reale. Si tratta di un'immaginalizzazione del misfatto, magari puo' essere esplicato ma viene comunque distorto in quanto raccontato in modo diverso rispetto alla versione delle agenzie ufficiali, sempre piu' contornate da una serie di istituzioni informali che partecipano alla costruzione della verita'. Mi riferisco da un lato alle cronache giudiziarie e dall'altro a quanto, rispetto ai giudizi, viene anticipato nelle trasmissioni televisive. Anche le fiction televisive contano- rimarca il criminologo- nel senso che costruiscono una rappresentazione della criminalita' in parte ricalcata su quella reale e in parte immaginaria".
Oggi "abbiamo Lincoln Rhyme", noto personaggio di alcuni romanzi di Jeffery Deaver (tra cui 'Il collezionista di ossa'), "centocinquanta anni fa avevamo Sherlock Holmes di Conan Doyle, ma il principio e' sempre lo stesso: un investigatore che indaga a partire dagli indizi presenti sulla scena del crimine per arrivare alla scoperta del colpevole. La vera realta' e' molto diversa dalle fantasie materializzate dalle fiction- sottolinea lo studioso- basta dire che il famoso criminal profiling di 'Criminal Minds' funziona in una percentuale molto limitata dei casi. L'unica ricerca che esiste, ormai datata, ha mostrato che la percentuale di scoperta del colpevole dopo il criminal profiling dei casi trattati dall'equipe originaria della FBI di Quantico (una serie televisiva statunitense) era dell'8%".
Parlando della criminologia, Verde puntualizza che anche "la rappresentazione della scienza che investiga le cause e i motivi della criminalita' vive una distorsione. Come per l'immagine del crimine, anche l'immagine della criminologia fornita dai Media e dalle fiction, non corrisponde piu' all'immagine reale. La rappresentazione collettiva della criminologia si e' appiattita sulla 'crime analysis'- chiosa l'esperto- cosi' come la rappresentazione collettiva del crimine e' stata livellata su alcune categorie che costituiscono una esiguissima minoranza di delitti e omicidi".
La 'crime analysis' (oppure 'police science', ovvero l'analisi della scena del crimine) e' realizzata da sedicenti esperti che non hanno alcuno status di ricercatori- critica il professore- di studiosi che fanno della vera e propria ricerca scientifica. Sono perlopiu' soggetti legittimati a parlare per motivi diversi, forse per la loro presenza televisiva, il loro fascino e la loro capacita' di bucare lo schermo".
La criminologia studia invece l'eziologia del delitto ma non persegue la ricerca di un colpevole ignoto, "attivita' da poliziotti. Non si interessa del singolo crimine, si puo' interessare al singolo autore ma non deve mai scoprire il colpevole. Il criminologo- fa sapere Verde- semmai si interessa di curare, riabilitare e lavorare su un colpevole per farne un membro rispettabile della societa'; si interessa di prevenire la delinquenza con strumenti di tipo sociale e comunitario. Non punta a scovare il singolo autore di reato".
- È pericoloso che sempre piu' italiani siano affascinati dalle storie criminali? "No- risponde Verde- tanto e' vero che la violenza diminuisce. Piu' si rappresenta il male e piu' il male viene immaginalizzato; piu' lo si immaginalizza e meno lo si mette in atto. Questa rappresentazione della violenza aiuta quindi a mentalizzarla e non e' detto che sia un fenomeno negativo. Diverso e' il discorso relativo ai videogiochi sparatutto, sui quali la ricerca rivela che aumentano un po' l'aggressivita'".
Verde conclude citando un "bellissimo libro intitolato 'Il declino della violenza', molto ben documentato dal punto di vista statistico e storico, dello psicologo americano Steven Pinker. Il testo argomenta in maniera convincente che la criminalita', l'aggressivita' e il male commesso sta diminuendo nel corso della storia. E non sono esclusi i fenomeni quali il terrorismo, le guerre, l'Isis e al Qaeda. In Italia siamo al minimo storico sul tasso di omicidi- ricorda il criminologo- e persino il femminicidio si e' quasi dimezzato a partire dall'inizio del secolo. Ecco che il solo parlarne, adottando una prospettiva di tutela delle donne, ha prodotto effetti positivi".
(Wel/ Dire)