Stagnitta (OpL): Nei pazienti si possono verificare le identificazioni laterali con gli 'antieroi'
(DIRE-Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 19 lug. - "È utile sollecitare i pazienti quando in terapia ci raccontano che sono rimaste colpite da un film, perche' questo materiale puo' essere utilizzato come una chiave per accedere a un livello piu' profondo. Il film puo' avere la stessa funzione del sogno". A dirlo e' Sergio Stagnitta, psicologo psicoterapeuta e responsabile dell'area blog dell'Ordine degli psicologi del Lazio, nonche' fondatore del sito www.cinemaepsicologia.it.
"La persona che porta un film in terapia inizialmente si identifica molto spesso con il protagonista, questo non significa che non e' stata colpita anche da altri personaggi, magari minori. Se il paziente viene sollecitato si possono attivare le cosiddette 'identificazioni laterali' (termine che viene ripreso dalla terapia di gruppo): piano piano racconta di essersi identificata anche con altri personaggi, portatori di elementi meno accettabili socialmente, quello che nei film viene definito l'antieroe".
Lo psicoterapeuta per rafforzare le sue riflessioni riporta una citazione di Cesare Musatti, psicoanalista che ha fondato la Societa' di Psicoanalisi Italiana: "Il cinema ci conduce in un 'luogo altrove', nel quale noi attenuiamo la sorveglianza che solitamente esercitiamo su noi stessi, e allentiamo le difese che normalmente ci accompagnano. In questo modo lasciamo affiorare i fattori latenti, attivi negli strati profondi della nostra personalita'. Cioe', quei fattori che noi non possiamo o non vogliamo soddisfare nella vita reale, ma ai quali tuttavia non abbiamo del tutto rinunciato, cercando cosi' di appagarli in una forma innocua entro i confini di spazio e di tempo concessi dall'esperienza filmica". Il cinema ha una grande forza di 'attrazione' per la societa', "ne stimola alcuni processi e questi si riverberano sulle singole persone. Come psicologi- continua Stagnitta- noi possiamo utilizzare il racconto filmico nella terapia perche' il cinema e' considerato una forma di auto-rappresentazione sociale e produce, come molte altre forme d'arte, una prima elaborazione di elementi personali e o sociali ai quali spesso non riusciamo a dare un senso. Penso, ad esempio, che tra qualche anno saranno prodotti tantissimi film sulle terribili stragi terroristiche che stanno avvenendo in questo periodo. Esattamente com'e' successo dagli anni '50 in poi con i lungometraggi sulle guerre mondiali e la Shoah. Pensiamo all'attentato a Nizza del 14 luglio: un camion che travolge la folla, che colpisce centinaia di persone come se fosse un videogioco. Una strage che non ha senso, ci blocca e ci distrugge, provocando una forte rabbia e, soprattutto, un senso profondo di impotenza. Probabilmente ci sara' un regista che riuscira' a rappresentare tutto questo dolore, provando a ridarci in modo un po' piu' elaborato vissuti cosi' potenti. I film possono diventare punti di riferimento, delle 'mappe' che provano a dare un senso a un accadimento che di per se potrebbe risultare inspiegabile. Come non ha avuto senso l'uccisione degli ebrei durante la seconda guerra mondiale".
- Perche' ci appassioniamo al cinema e alle serie televisive? "Alla base ci sono due forti meccanismi che ci permettono di creare un legame con i film e le serie: l'identificazione e la proiezione. L'identificazione e' il processo mediante il quale ci appropriamo di pensieri, atteggiamenti e modi di fare di altre persone. Viviamo cioe' in proprio le loro situazioni interiori, reagendo dentro di noi, con la nostra vita emotiva, a quelle che sono le condizioni riguardanti queste altre persone, come se tali condizioni anziche' loro fossero nostre. Il meccanismo con cui lo spettatore conferisce ai personaggi pensieri, desideri, intenzioni, atteggiamenti, che sono soltanto suoi personali, e per cui si illude di cogliere negli stessi personaggi, come elementi obiettivamente dati, questi suoi elementi personali, e' detto meccanismo della proiezione psicologica".
Questi due meccanismi "ci permettono di vivere in modo protetto esperienze che socialmente non possiamo esprimere. Ad esempio forti sentimenti di aggressivita', fantasie sessuali piu' o meno estreme, perversioni ecc. Attraverso i film o le serie tv possiamo sperimentare in maniera protetta questi vissuti e le relative emozioni. Una serie violenta ci consentira', attraverso l'identificazione, di vivere quasi attivamente quella violenza, senza il senso di colpa per aver provato simili emozioni. Il meccanismo della proiezione, al contrario, ci consente di mettere in tutti i personaggi parti di noi stessi. Per questo possiamo dire che ciascuno vede il suo film." Stagnitta consiglia a tutti i terapeuti di vedere molti film: "Capita spesso che i pazienti vedono dei film e ce li raccontano. Avendoli visti anche noi, avremo piu' elementi per capire cosa ci stanno dicendo. Il film diventa una chiave di lettura per entrare in un vissuto piu' profondo, nell'inconscio della persona. E' come un sogno, una chiave che apre una porta segreta. Piu' il film o la serie saranno intense e forti- conclude- e piu' smuoveranno dei vissuti intensi sui quali lavorare".
(Wel/ Dire)