(DIRE-Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 5 lug. - La famiglia 'ombelico del mondo'. Laura Pigozzi, psicoanalista lacaniana, denuncia i guasti di un modello che ha portato all'ipervalutazione dei legami di sangue, all'idea di maternita' come destino naturale, alla costruzione di legami claustrofilici all'interno di una relazione che si sta trasformando in 'nido chiuso'. Questo Uno chiuso in se', come una sorta di corpo uterino, ritiene di poter contenere tutto cio' di cui la famiglia ha bisogno. Gli elementi esterni alla famiglia vengono risucchiati nel nido, oppure schivati. Dimenticando che la crescita avviene anche per opposizioni e contrapposizioni. E che, come invece ci ricorda la dottoressa Pigozzi, 'la vera filiazione e' aver ricevuto dai propri genitori la possibilita' di lasciarli'.
Pubblichiamo un estratto dal secondo capitolo del libro 'Mio figlio mi adora. Figli in ostaggio e genitori modello' di Laura Pigozzi (nottetempo editore).
La famiglia claustrofilica - Le famiglie sono molteplici e apparentemente non esiste piu' una sola idea di famiglia. Eppure, a una tale varieta' - famiglie tradizionali, allargate, ricostituite, omosessuali - non corrisponde un modello di convivenza altrettanto multiforme. Le famiglie attuali, qualunque sia la loro composizione, tendono a sviluppare tutte uno speciale rapporto con la prole, storicamente inedito: un legame claustrofilico, in cui cio' che viene valorizzato e' il nido chiuso.
La famiglia funziona, oggi, come il luogo in cui i membri pensano di trovare tutto cio' di cui hanno bisogno: scambi, affetto, amore, sostegno, confidenze, compagnia, educazione, viaggi, svago. Una famiglia all inclusive che offre possibilita' prima solo esterne a essa, quasi in opposizione al familiare, come l'amicizia, il gruppo, i riti collettivi, la realizzazione personale, l'amore: il mondo sembra essere stato risucchiato al suo interno. E cosi', l'orizzonte di tutti si e' ristretto.
Sorprende il fatto che la nascita di nuove famiglie si fondi su un forte bisogno di normalita': il virus del nucleo convenzionale e normopatico si e' insinuato in ogni tipo di famiglia, omosessuale compresa, ricostituita inclusa. Monadica, autosufficiente, iper-'normale', ombelicale e claustrofilica: cosi' si presenta la struttura familiare oggi. Le famiglie monoparentali specialmente, composte da un genitore separato o vedovo e dai figli, sembrano rivelare il modello segreto di tutte: il loro essere fondate sulla diade madre-neonato. Una famiglia, quella contemporanea che, comunque sia costituita, gode nell'Uno.
In quest'allegra clausura tutto, persino divertirsi, si fa fianco a fianco. I membri si spostano uniti, vanno al ristorante, fanno le vacanze insieme, anche quando i ragazzi avrebbero l'eta' per farle, piu' appropriatamente, da soli. Un esempio: alcune associazioni di volontariato promuovono soggiorni culturali o di aiuto a popolazioni bisognose, a basso costo, destinati ai ragazzi dai quattordici anni in su; un'esperienza che permette agli adolescenti di sbrigarsela da soli facendo qualcosa di socialmente rilevante. Ora, pero', alcune di queste organizzazioni - visto il calo delle adesioni dei ragazzi connesso alla loro difficolta' di staccarsi, anche per poco tempo, dalla famiglia - hanno proposto questi stessi viaggià con i genitori! Per molti ragazzi, il viaggio con altri coetanei non ancora conosciuti costituiva la prima vera avventura, la grande occasione, il cammino di iniziazione che, se fatto con la famiglia, cioe' col gia' noto, perde queste preziose caratteristiche.
In famiglia, oggi, ci si racconta tutto, si condivide ogni cosa, come se ci fosse una sostanziale parita' tra i componenti. Un'uguaglianza che non prevede riservatezza e, a volte, neppure porte chiuse - persino un bagno occupato puo' restare accessibile ai famigliari -, in una mancanza di distinzione tra i singoli membri dagli esiti frammentanti per il soggetto. Un modello familiare pervasivo e tossico che produce una vera e propria dipendenza nei figli verso i genitori, ma anche viceversa: in tutti i godimenti dell'Uno funziona una certa attrazione per un comportamento a spirale, che inghiotte. Nel godimento dell'Uno - che nasce nello psichismo primariamente come godimento del corpo della madre - c'e' sempre al lavoro una forma di pulsione di morte. In seguito, al corpo della madre, soprattutto se questo e' stato effettivamente e perversamente fruito (per esempio attraverso la pratica del co-sleeping), vengono sostituiti, in una ripetizione nostalgica, altri oggetti: oltre al cibo, agli stupefacenti, al sesso compulsivo, al gioco, si e' aggiunto oggi il computer. Notiamo che la droga virtuale di un tempo eccessivo passato sul web non e' radicalmente ostacolata perche' l'attaccamento al cordone ombelicale del notebook tiene sotto controllo il figlio che si trova, cosi', catturato in una doppia rete. Il meccanismo di godimento e' lo stesso per tutta la serie metonimica dei sostituti: l'oggetto di desiderio, che sta nel campo dell'Altro, decade in oggetto di godimento dell'identico. È attraverso la fruizione metaforica del corpo uterino che le famiglie assumono quel tratto uniano che fa preferire la protezione del gia' noto all'invenzione e al rischio: ma la propria casa la si dovrebbe trovare dopo aver girato il mondo e non dovrebbe essere quella che abbiamo lasciato.
Le famiglie inclusive perdono e fanno perdere il mondo come orizzonte: si imbarbariscono. Una famiglia cosi' organizzata e' antisociale, non educa al legame con l'Altro che viene difensivamente sentito come straniero, alieno, non identico, pericoloso, piuttosto che come occasione di allenamento alla differenza. Si tratta di un modello familiare fondato sull'immediata affettivita' piu' che sull'eticita', sull'utero piuttosto che sul mondo, sul legame biologico piuttosto che su quello sociale. Uno stile familiare che genera abitudine e dipendenza, piu' che amore, e che non forma neppure alla vita, visto che le relazioni, il lavoro e la sensibilita' creativa richiedono la capacita' di avere a che fare con dissonanze e negoziazioni.
Nelle famiglie claustrofiliche, i membri mostrano una certa adesiva vischiosita' che, invece di essere riconosciuta come sintomo, e' presa a modello di unione e amore: il sentire collettivo plaude alla 'sicurezza' simbiotica, piuttosto che riconoscere che le istanze evolutive del soggetto non possono avviarsi che con un atto di separazione. Il desiderio non puo' nascere nella dipendenza, perche' esso implica la dimensione esogamica.
Mancando di anelito verso l'alterita', la famiglia contemporanea appare in deficit di etica. L'Altro e' reso digeribile solo se portato dentro, reso identico al familiare: e' un pericoloso irriducibile che va reso domestico. L'enigma che ogni Altro e', risulta fastidioso. L'esogamico viene trattato e depurato tramite un divoramento incruento: per assimilazione. Gli amici dei figli e i loro fidanzati, cosi' come gli amici dei genitori - che diventano oggi anche amici dei figli, in una confusione generazionale -, tutti devono essere messi in comune, resi familiari come specchi che riflettono esclusivamente le somiglianze.
Per i nostri ragazzi la sessualita' e' ancora quella spinta pulsionale che fornisce l'energia per esplorare il fuori, per separarsi dai genitori? La puberta', con la scoperta della pulsione sessuale, e' il momento in cui il corpo del figlio si sottrae alla presa del familiare, l'attimo in cui, da corpo in bali'a e sottoposto alla cura della madre, diventa corpo soggettivo: questo passaggio c'e' ancora? E quando si produce, possiamo dire che sia un vero passaggio di soggettivazione, dal momento che i figli tendono oggi a raccontarci tutto, persino le loro esperienze piu' intime? Sono stata interpellata un giorno da un padre che desiderava vedessi sua figlia, la cui prima esperienza sessuale avrebbe, a suo dire, lasciato la ragazza insoddisfatta (!): come poteva il genitore sapere una cosa tanto intima? E poi, chi mai e' stato soddisfatto dei propri rapporti sessuali a sedici anni, con tutta l'inesperienza ansiosa dell'eta'? La novita' sconvolgente e' che, quando noi genitori veniamo coinvolti in questo genere di confidenze, troviamo la cosa positiva e ci complimentiamo con noi stessi per il clima di fiducia e liberta' che siamo riusciti a instaurare. C'e' chi arriva a lasciare il proprio letto ai figli e ai loro compagni, con l'idea che sia piu' sicuro, piuttosto che permettere che 'vadano a farlo' chissa' dove. In questo modo, pero', ci sfuggono le conseguenze psichiche del nostro atto, che elimina la dimensione di rischio che ogni crescita comporta. Quando offriamo loro il nostro letto, perdiamo, e facciamo perdere, il diritto all'intimita': un letto condiviso coi genitori non e' solo metafora di qualcosa che non dovrebbe essere condiviso, ma vi e' in esso un reale, una materialita' di odori e umori - o sensazioni impalpabili di quelle tracce - che un veloce cambio di lenzuola di certo non volatilizza. I figli restano, cosi', sotto ai nostri occhi di genitori anche in quello che dovrebbe essere l'atto piu' intimo e privato, e che ancora richiede una esogamia assoluta e necessaria: il partner, sin dall'inizio della civilta', e' scelto fuori dal clan familiare. Dunque, ogni atto che rende lo straniero 'troppo' familiare, che non ne celebra la differenza, infrange quella regola umana - istituita perche' umanizzante - che sancisce l'unione fuori dal clan e che viene posta all'inizio di ogni societa', nel passaggio cruciale tra natura e cultura. Cio' unitamente allo stesso atto che dice no al godimento incestuoso: la castrazione di tale godimento sostiene il desiderio per l'Altro. 'Il desiderio per la madre non puo' essere soddisfatto perche' sarebbe la fine, il termine, l'abolizione di tutto l'universo della domanda, che e' quel che struttura piu' profondamente l'inconscio dell'uomo'. Se l'uomo e' troppo soddisfatto, non desidera; se non desidera, non domanda, se non domanda e' come se vivesse da automa, senza pensiero e senza inconscio.
(Wel/ Dire)