Melchiori (Unicusano): Le prove sono un servizio fatto alla collettivita' degli Istituti autonomi
(DIRE-Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 28 giu. - Il sistema nazionale di valutazione sembra sbilanciato. "Sebbene autonome dal 1997,(operative con il DPR 275/99) le scuole sono soggette alle norme stabilite dal ministero dell'Istruzione, Universita' e Ricerca (Miur) e ai protocolli di valutazione proposti dall'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (Invalsi) per il sistema nazionale di valutazione". Lo ricorda alla DIRE Roberto Melchiori, preside della facolta' di Scienze della Formazione dell'Universita' Niccolo' Cusano (Unicusano) e professore di Pedagogia sperimentale.
Per arrivare all'attuale sistema nazionale di valutazione scolastica ci sono voluti quasi 20 anni. Non nasce con la legge sull'autonomia scolastica del 1997; alla base ci sono precedenti leggi, ad esempio la legge 517 del '77 che ha portato all'eliminazione degli esami di riparazione e all'inserimento della scheda dell'alunno. "Allora- ricorda il pedagogista- il sistema di giudizio fu indirizzato verso una valutazione diagnostica e formativa che dava rilevanza a tutti gli aspetti della persona, non solo alle prestazioni scolastiche, superando quindi la concezione di valutazione intesa come selezione". Sono poi seguite le riforme "Moratti, Gelmini e da ultimo 'La Buona Scuola'- continua Melchiori- e una vera e propria revisione della valutazione e' stata raggiunta con il DPR 80 del 2013, relativa al modo di operare dei diversi attori del sistema di valutazione nazionale: Invalsi, Indire, ispettori e scuole stesse".
- Questo sistema di valutazione riscontra approvazione? "È importante far comprendere alle scuole e alle famiglie che la prova Invalsi non vuole creare una scala di differenziazione tra gli studenti- chiarisce l'esperto-, serve per far conoscere a livello nazionale lo stato degli apprendimenti sulle tematiche comuni. E' utile ad ogni singola classe di ogni singolo istituto e agli stessi insegnanti quale valutazione esterna, per posizionare il proprio lavoro in base alle conoscenze comuni a livello nazionale. E' pur vero che piuttosto che confrontare tra loro i risultati raggiunti dalle istituzione scolastica sulla base di risultati perfezionati statisticamente in ordine a criteri di struttura, sociali e territoriali, sarebbe forse piu' opportuno coinvolgere le scuole stesse nella costruzione della valutazione nazionale utilizzando, ad esempio, una strumentazione legata al curricolo svolto, al valore aggiunto conseguito".
I curricula delle scuole, "costruiti sulla base delle indicazioni nazionali- chiarisce ancora il professore di Pedagogia sperimentale- sono organizzati in riferimento alle singole situazioni contingenti. Ed e' evidente, pertanto, che quando si parla di valutazione delle prestazioni degli studenti rispetto agli apprendimenti, la prima valutazione venga svolta direttamente dalla scuola, che conosce esattamente, rispetto alla propria progettazione didattica, quali debbano essere le prestazioni che ogni alunno dovra' raggiungere. È chiaro che costruire e somministrare a livello nazionale delle prove standardizzate non serve tanto per rilevare i singoli contenuti, quanto le diverse capacita' e conoscenze raggiunte dagli studenti (ragionamento, problem solving, capacita' critica, ecc.). Queste considerazioni hanno portato qualcuno a ritenere che tali prove non rispettino le azioni didattiche e gli apprendimenti realizzati in ogni singolo istituto". Chi conosce le prove PISA (Programme for International Student Assessment dell'Ocse) "sapra' che per poter fare un'analisi di sistema si utilizzano anche nozioni e conoscenze provenienti dalla scuola, ma il fine e' affrontare problematiche comuni".
Il sistema valutazione italiano va visto quindi con un occhio diverso: "E' un servizio fatto alla collettivita' delle scuole autonome. Infatti per realizzare una valutazione di sistema si puo' operare diversamente, ad esempio come lo realizza l'Ocse per confrontare annualmente i risultati dei diversi sistemi scolastici. Abbiamo un sistema di scuole che hanno una loro indipendenza e sono responsabili dei loro curricula. Certo- fa sapere l'esperto- la maggioranza dell'offerta formativa extra curriculare in questo momento e' ancora realizzata con i fondi che provengono dalle famiglie. Le famose contribuzioni volontarie che i genitori offrono alle scuole e che inizialmente erano previste per i soli laboratori. Ormai vanno a sovvenzionare tutto l'extra curriculare. Bisognera' vedere se con 'La Buona Scuola' le risorse saranno ridotte o aumentate per migliorare l'offerta formativa di base".
- Cosa pensa della bocciatura? "Voglio riprendere un filone della Pedagogia che si chiama 'Pedagogia dell'errore'. Ognuno di noi quando compie delle nuovi azioni e' soggetto a commettere errori. Questi non vanno demonizzati, al contrario sono uno strumento educativo che puo' aiutarci a raggiungere determinati traguardi. Riconoscere un errore ci permette, se ben analizzato, di tornare sui processi che lo hanno determinato da un punto di vista di cattivo ragionamento o cattivo risultato, colmare le lacune e poi andare avanti. Non si parla di nozioni- ribadisce il preside- ma di azioni svolte che coinvolgono tutto il nostro sistema procedurale e di conoscenze".
La bocciatura e' l'ultima ratio. "Non dovremmo mai arrivare a una situazione dove si pone il problema di bocciare uno studente, se non dopo che tutte quante le condizioni precedenti siano state attuate. Dare un 3, un 4 o un 5 ha poco significato se tale valutazione non e' accompagnata a delle indicazioni precise su come recuperare cio' che non e' stato acquisito, o conoscenza o procedure o responsabilizzazione. Ci dovra' essere, inoltre, un rapporto continuo tra famiglia e scuola durante l'anno scolastico per informare costantemente i genitori sull'andamento del figlio- conclude il pedagogista-, nel caso in cui ci si presentino delle problematiche che influiscono sulla motivazione dello studente, bisogna far in modo che la scuola possa costruire dei percorsi diversi, sfruttando ad esempio anche l'attuale normativa sui Bisogni educativi speciali (Bes). Ma questo apre scenari che si possono approfondire in altre occasioni".
(Wel/ Dire)