(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 26 gen. - "Che legittimità possiede il discorso psicoanalitico derivato dalla cura per parlare del malessere nella cultura ipermoderna, o secondo la formulazione di Freud, del 'disagio nella civiltà'. A questa prima domanda d'ordine epistemologico se ne aggiunge un'altra, d'ordine metodologico e clinico. Dopo Freud, la pratica e la teoria della psicoanalisi sono cambiate, e con esse la concezione della psiche che organizzava l'interpretazione del disagio nella civiltà. Alcuni nuovi dispositivi di cura nel lavoro psicoanalitico sono stati messi a punto e hanno dato prova della loro pertinenza. Essi hanno aperto alla conoscenza clinica del processo e della formazione della vita psichica inaccessibili 'altrimenti'. Prendendo spunto da ciò che abbiamo scoperto e pensato, siamo parzialmente usciti dalla speculazione per metterci alla prova della clinica delle 'configurazioni dei legami'. È sulla base di ciò che ho imparato a conoscere, che ho interrogato 'il malessere contemporaneo', a più di 80 anni dal 'Disagio nella civiltà'. La linea di pensiero che mi ha guidato è che ognuno dei nostri dispositivi lascia una parte di 'resti da conoscere'. Sono questi resti che stimolano a ricorrere creativamente alla speculazione, poi all'invenzione di nuovi dispositivi, di nuovi metodi per aprire un accesso a questi nuovi spazi. È tra questi due problemi che inserisco le mie proposte introduttive. Esse costituiscono la risposta che potrei portare come sottotitolo di questo intervento: 'Cosa può la psicoanalisi? E innanzitutto che cosa non può la psicoanalisi?'". È questo l'obiettivo della conferenza tenuta a Firenze nel 2013 da Renè Kaës, professore emerito di psicologia della Università di Lione e studioso della psicologia sociale dei gruppi.
Qui è possibile leggere tutto il suo intervento.
(Wel/ Dire)