(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 26 gen. - "Amo la terapia Junghiana perché non commette alcuna ingerenza. Ogni terapia è un'ingerenza, e per quella junghiana si tratta dell'ingerenza minima. Non abbiamo alcuna teoria, non pensiamo in alcun modo che l'essere umano debba diventare normale. Se preferisce restare nevrotico ne ha pienamente diritto. Viviamo in una democrazia, punto e basta. Conta solo quel che vogliono i sogni, dunque ci limitiamo a dire: 'Il suo proprio sogno che è lei stesso, che la sua anima personale ha prodotto, le dice che lei è pigra e dovrebbe fare questo e quelloà' niente di più. Cosi tentiamo a educare le persone ad ascoltare la propria interiorità, non facciamo nulla di più. L'idea di Jung è proprio quella dell'individuazione, l'essere se stessi e il diventare se stessi. Si parla spesso un po' facilmente di realizzare se stessi, ma si pensa alla realizzazione dell'Io; Jung intende tutt'altro, la realizzazione del proprio profondo, in particolare della potenzialità del proprio destino. All'Io talvolta ciò non conviene affatto, ma è quel che si sente che intimamente si dovrebbe in fondo essere. La persona è nevrotica quando non è come Dio ha inteso che fosse. In questo consiste, in definitiva, l'individuazione". E per questo, "spesso ci vengono mossi dei rimproveri. Se uno fa un'analisi si comporta in seguito in modo apparentemente più matto o meno adattato, ma è lui stesso, vive il proprio destino, e quindi la maggior parte delle volte è più umano, meno criminale, meno distruttivo nel suo ambiente". Lo dice Marie Louise Von Franz, psicoanalista svizzera.
Qui un estratto dell'intervista a Marie Louise Von Franz.
(Wel/ Dire)