(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 26 gen. - "Il discorso junghiano può avere cittadinanza oggi se recuperiamo l'idea di Anima Mundi. Quell'inconscio collettivo, quale contenitore universale, che dà ragione al concetto di esistenza dentro ognuno di noi e che punta alla stessa maniera alle radici arcaiche e ai valori socioculturali". Lo dice Francesco La Rosa, vicedirettore del Centro italiano di psicologia analitica (Cipa) - Istituto per l'Italia Meridionale e per la Sicilia.
"Nel collettivo c'è anche l'altro da noi- prosegue lo psichiatra- e in questa visione è centrale l'immagine del Mediterraneo, che appare come un luogo di accoglienza. E' la terra di mezzo che riesce ad abbracciare, integrare e a cucire assieme in una condizione che ci permette di riconoscerci tutti". - Secondo lei, qual è la sfida principale oggi e su cosa Jung è ancora attuale? "Il problema principale è nel riconoscere nell'altro non una risorsa ma una minaccia. L'altro da noi che ci sta accanto viene vissuto come qualcosa che toglie. Si tratta di un vissuto che si traduce in una relazione non risolta con l'ombra- spiega La Rosa. Noi vediamo l'altro come proiezione d'ombra personale e siamo portati a considerarlo il reietto, il negletto, il distante, lo scarto umano. Dobbiamo invece immaginare l'altro come una straordinaria opportunità per la nostra crescita, che diventa una peculiarità specifica della psicologia analitica".Jung era un medico, aveva un'anima clinica e scientifica che "non negava mai. Ma accanto alla funzione biochimica e neurochimica, dava pure spazio alla funzione della metacomunicazione- afferma il terapeuta- perché la relazione emozionale e affettiva è cura. Cura come possibilità di cogliere e accogliere l'altro".
E proprio sul tema dell'accoglienza il Cipa Meridionale punta i riflettori in questo 2016: "E' il filo rosso del nostro programma morale. Abbiamo lavorato moltissimo sull'incanto, e quest'anno promuoviamo anche un approfondimento del'attualissimo tema del transgender. Lavorare sull'archetipo di anima e animus è fondamentale- prosegue La Rosa- esistono studi molto interessanti sia sulla transessualità che l'intersessualità".
Lo psichiatra conclude con un'immagine: "Se noi potessimo recuperare sia una lettura mitopoietica dell'esistenza - immaginando la vita come un mandala, uno strumento di contemplazione - che una sorta di tradizionale spiritualità che viene dal discorso junghiano, avremmo trovato una chiave di lettura molto interessante della realtà. Un buon esempio per chi verrà dopo di noi sarebbe allora immaginare la vita come simbolo di una progettualità dinamica, in grado di integrare il calore delle nostre emozioni, la profondità del nostro pensiero, l'immediatezza delle nostre intuizioni e la compiutezza delle nostre sensazioni. Purtroppo, però, quando parliamo di Io- conclude La Rosa - ci fermiamo ancora al soggetto della coscienza, mentre dovremmo allargare il discorso al Sé quale soggetto della totalità".
(Wel/ Dire)