Mondo: Un approccio sempre appassionato dell'operatore clinico
(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 26 gen. - "Cosa sarebbe la psicologia contemporanea senza l'apporto di Jung? Questa è la domanda giusta da porsi, perché non dobbiamo ritornare alla Psicologia analitica di Jung, ma finalmente scoprirla utilizzando le straordinarie intuizioni dello psicologo zurighese che hanno tracciato innumerevoli sentieri da percorrere per la cura della sofferenza psichica, che ridonino centralità e dignità all'essere uomo. Jung ci ricorda l'importanza di un approccio appassionato e passionale dell'operatore clinico, sempre in gioco all'interno di un processo analitico creativo. È una cura che ha anima e che 'anima' la relazione". La pensa così Riccardo Mondo, analista junghiano e docente di Psicologia del sogno nella Scuola di psicoterapia dell'età evolutiva dell'Istituto di Ortofonologia (IdO) di Roma, intervistato dalla DIRE sull'attualità del pensiero junghiano oggi.
"L'analista svizzero esprime la speranza dell'umanità nell'uomo che ricerca senso in un mondo desertificato da percentuali, Dsm, ricerche settoriali, parcellizzate e scotomizzanti dell'individuo. In lui il sintomo diviene il simbolo di una trasformazione creativa- continua Mondo- che valorizza l'essenza della persona. La specificità di Jung anche nel panorama psicodinamico è la ricerca di una terapia individualizzata, anche aldilà del confronto con un inconscio pulsionale che riduce l'individuo solo verso un possibile adattamento all'esterno. L'essenza della cura è affrontare il processo individuativo, per cui gli junghiani hanno il privilegio di ricordare che 'se siamo sani non siamo junghiani', e quindi di coltivare l'anima e animare la relazione che reintegra e dà significati nuovi alle ferite e alla follia che si agita in ognuno di noi".
- Si può essere junghiani oggi? "Non sono junghiano se imito Jung", risponde Mondo. Lo psichiatra affermava che "non esiste altro junghiano oltre se stesso e che quindi gli junghiani non esistono. L'elemento centrale della Psicologia analitica è quindi quello individuativo e psico-biografico, come fondativo di una psicologia in continua trasformazione e in perenne contatto con l'altro. Jung ci fornisce l'esempio di un uomo che si modifica a partire dalla conoscenza di se stesso. Al pari di Freud con il libro sull'Interpretazione dei sogni, Jung nel suo Libro Rosso realizza implicitamente un manuale sulla tecnica dell'immaginazione attiva, cambia e costruisce un metodo che sarà alla base della psicologia complessa, capace di permetterci il confronto con tutte quelle figure che abitano dentro di noi e modificano il nostro racconto mano a mano che agiscono. Il libro rosso è un metodo psicologico per la conoscenza di sè". - A una lettura disattenta, questo approccio potrebbe apparire una provocazione? "Lui era un innovatore assoluto nell'ambito psicologico. In una vignetta di Linus- racconta Mondo- è riportata una frase che Jung abbraccerebbe appieno: 'Non basta un diploma per curare l'ignoranza dell'anima'. Il medico svizzero ci ricorda ancora oggi l'importanza di reintegrare l'anima individuale all'interno di un corpo e di un'Anima Mundi. Punta l'attenzione verso un collettivo diverso in un momento in cui le scienze perdono il senso olistico e sistemico della realtà".Jung è stato uno "dei personaggi più importanti e meno conosciuti dell'attualità. "Il suo impatto diretto nella sfera sociale è stato minimo, mentre quello indiretto sulle teorie cliniche sviluppatesi dopo di lui è stato molto forte. E' l'eretico del mondo freudiano, che non concordava con l'inconscio pulsionale. L'inconscio per Jung- puntualizza il docente dell'IdO- è un sistema aperto e creativo, che ci dà il senso della complessità. Non è solo qualcosa di cui diffidare o che tende a scaricare energia pulsionale". Molte scuole post freudiane ospitano elementi del pensiero junghiano, "riproponendo le strutture psichiche innate, il tema del controtrasfert, la scoperta che il processo analitico è un processo dialogico e dialettico con una valenza trasformativa su entrambi i termini della coppia". - Parla dei debiti che paghiamo a Jung ancora oggi? "Sì- replica Mondo- se pensiamo che Paul Watzlawick, fondatore della scuola di Palo Alto e autore della celeberrima teoria sistemica, ha effettuato un training presso l'Istituto Carl Gustav Jung di Psicologia analitica a Zurigo. Se ricordiamo che le scienze della complessità hanno alla base la coesistenza di verità parziali ma non contraddittorie che trovano riscontro nel concetto di psiche complessa, organizzata come arcipelago, nella quale si possono riconoscere le cosiddette subpersonalità come delle singole isole. O ancora, se consideriamo le ricadute che provengono dai tipi psicologici (introverso ed estroverso) che Jung teorizzò nel 1921. Oggi fa parte del linguaggio quotidiano definirsi un tipo introverso o estroverso, o funzionare in maniera prevalentemente intuitiva o tramite il pensiero. È sufficiente citare il Myers-Briggs Type Indicator (un famoso test della personalità usato prevalentemente nella psicologia del lavoro). Anche tutta la psicologia umanistica che riprende la dimensione spirituale ha il suo debito verso Jung. In ambito artistico- prosegue l'analista siciliano- segnalo l'ultimo grande album dei Police, Synchronicity. Un tema enorme su cui Jung incarnò il mutuo fecondarsi tra pensiero psicologico e pensiero scientifico. In collaborazione con il fisico Wolgang Pauli, premio nobel nel 1945, sviluppò il concetto di sincronicità, che approfondisce le connessioni acausali tra eventi del mondo fisico e del mondo psichico soggettivo, all'origine delle cosiddette coincidenze significative. Su questa scoperta si può rifondare anche il paradigma psicosomatico- chiosa l'analista- corpo e psiche vivono in simbiosi intima e quindi sincronica".
- Cosa la emoziona di più di Jung? "Il linguaggio sensuoso che non scinde psiche e materia. Risulta probabilmente ostico alla cultura psicologica accademica ma non lo è per le persone di cultura in generale. Non usa categorizzazioni, il suo è un modo di esprimersi animato, caldo, fantasioso e giocoso. È un linguaggio che utilizza prevalentemente metafore, il 'come se', l'analogia tra ciò che accade nel campo terapeutico e fenomeni analoghi riscontrabili in una fiaba, in un mito, in un fatto accaduto ad altri nel collettivo. Un parlare che ti fa sentire meno solo, perché ciò che accade a ognuno di noi appartiene al mondo. A chi si sente depresso, Jung avrebbe forse risposto 'sei nella nigredo'. Oggi non utilizzerei questa parola alchemica, se non appartiene alle conoscenze pregresse del mio paziente- conclude Mondo- nel mio linguaggio si ritrovano per lo più i miti che l'attualità ci offre, perché una metafora ha valore solo se condivisa".
(Wel/ Dire)