Articolo tratto dalla 'Nuova rassegna di studi psichiatrici'
(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 19 gen. - "La regione Lazio ha conosciuto negli ultimi anni una sostanziale trasformazione delle caratteristiche dell'offerta nell'ambito della residenzialità psichiatrica. Molto recentemente tale processo trasformativo si è esteso alle strutture socio-assistenziali creando i presupposti per una rete integrata che favorisce quanto più possibile i percorsi di autonomia e recovery. La realizzazione di programmi di assistenza per pazienti da parte dei DSM (Dipartimenti di Salute Mentale )presso civili abitazioni rende possibili nuovi modelli di trattamento". Lo scrivono gli autori dell'articolo Andrea Gaddini, medico psichiatra della Asl Roma B distaccato alla Regione Lazio 'Area Soggetti Deboli', e Valentina Mattia, statistica della Regione Lazio dell'Area Sistema Informativo Sanitario sulla rivista 'Nuova rassegna di studi psichiatrici'.
"La residenzialità psichiatrica ha assunto un'importanza progressivamente crescente all'interno del modello di assistenza nel nostro paese, anche in forza della particolare attenzione presente al rischio di nuove forme di istituzionalizzazione già presente nella 'Legge 180' (poi confluita nel DM 833/1978). Di fatto questo tipo di assistenza era già definita da molti anni nei due ambiti 'sanitario' e 'socio-assistenziale'; deve essere però sottolineato che solo nel 2007 ha avuto inizio nella regione Lazio un complesso processo che ha visto: - concludersi il percorso di autorizzazione e accreditamento istituzionale delle Strutture Residenziali Psichiatriche (SRP) private che possedevano i necessari requisiti, inclusivo della individuazione degli ambiti di cura secondo le diverse tipologie a progressiva intensità assistenziale previste dalla normativa nazionale e la riconversione in SRP di dodici Case di Cura Neuropsichiatriche con accreditamento provvisorio; -avviare un modulo dedicato all'interno del Sistema Informativo Psichiatria di Comunità (SIPC) che rileva sistematicamente tutte le attività e la dotazione di personale delle SRP private accreditate e pubbliche (a gestione diretta dei DSM), e che provvede a inviare i relativi dati al SISM/NSIS nel formato e nei tempi richiesti; -la ridefinizione di tutti compiti, ruoli e procedure relative agli inserimenti (certificazione di idoneità, lista di attesa, autorizzazione), alle proroghe e ai percorsi clinico-assistenziali".
LA NORMATIVA - "Il complesso percorso di riconversione delle 12 Case di Cura Neuropsichiatriche e il completamento del percorso di accreditamento istituzionale anche per le altre strutture provvisoriamente accreditate già esistenti- affermano gli autori- ha permesso di uniformare l'offerta di strutture residenziali psichiatriche a diversa complessità assistenziale (DCA U0015/2008 e successivi: U0048/2009, U0090/2010, 101/2010, 8/2011, 310/2014 e 188/2015). Le tipologie assistenziali presenti per le SRP corrispondono a quelle indicate nell'Accordo nazionale N.116/CU del 17 ottobre 2013 approvato in Conferenza Unificata relativo a 'Le strutture residenziali psichiatriche', e includono SR Terapeutico-Riabilitative intensive ed estensive (SRP1 e SRP2) e Socio-Riabilitative a decrescente complessità assistenziale (SRP3) (Tabella 1): Con le DGR 124/2015, 125/2015, 126/2015, e la successiva DGR 274/2015, la Regione Lazio ha inoltre modificato la normativa sui requisiti minimi per l'autorizzazione all'apertura e al funzionamento, e per l'accreditamento delle strutture socio-assistenziali residenziali e semi-residenziali che ospitano minori, disabili, anziani e persone con problematiche sociali ('Requisiti per l'accreditamento delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale che prestano servizi socio-assistenziali nella Regione Lazio')".
IL COMMENTO - "Nella regione Lazio la prospettiva di una gamma più integrata di servizi, anche a seguito del ricorso sistematico a Piani Terapeutici Riabilitativi personalizzati, ha favorito la progressiva integrazione di progetti di residenzialità 'leggera', i quali, al di là di quanto rappresentato da risorse a bassa intensità assistenziale prettamente sanitarie (SRSR12h e SRSR a fasce orarie, le quali al 31/05/2015 ospitavano rispettivamente 81 e 91 pazienti), fanno ricorso a strutture socio-assistenziali a bassa intensità assistenziale e a vere 'case autonome' assistite (supported housing degli autori anglosassoni). Queste ultime sono piccole unità abitative (civili abitazioni, 3-4 residenti in media) nelle quali viene favorita l'autonomia dei pazienti, pur continuando ad essere presi in carico dal DSM attraverso l'intervento di operatori sociosanitari, soprattutto educatori e psicologi, presenti nei momenti del giorno che lo richiedano. Nel Lazio per persone con problematiche psicosociali sono disponibili strutture residenziali quali case famiglia (N=19) e comunità alloggio (N=24); è da rilevarsi però come diverse Asl preferiscano orientare la propria offerta verso case autonome regolarmente affittate, per la cui sussistenza provvedono gli uffici comunali competenti (riducendo sostanzialmente il costo dell'assistenza giornaliera rispetto alla retta di una comunità terapeutica). Ad eesempio il singolo DSM di una Asl della capitale con poco più di 600.000 abitanti non dispone di SRSR sanitarie a bassa intensità nel proprio territorio, ma ha una rete di 23 civili abitazioni presso le quali assiste 69 utenti che vi risiedono".
LE CONCLUSIONI - "La disponibilità di risorse abitative non sanitarie arricchisce per qualità e quantità l'offerta destinata a favorire la recovery e i processi di autonomizzazione di persone con disagio mentale. La disponibilità attuale di indicatori di processo consentirà il monitoraggio dei percorsi di cura, mentre alcuni iniziali studi di esito lasciano già scorgere i vantaggi di questo approccio 'leggero' alle problematiche spesso molto complesse di questo ambito".
(Wel/ Dire)