Nel 2050 1 caso ogni 80 persone. Fiabe e mandala per risvegliarli
(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 19 gen. - "La mente ha una sorta di memoria antica molto profonda e inconscia, archetipica, a cui possiamo attingere nonostante la degenerazione cognitiva". Lo racconta alla DIRE Emanuela Pasin, neuropsicologa e psicoterapeuta, con una lunga esperienza di lavoro con le persone malate di Alzheimer.
Dal 1998 al 2010 ha lavorato in una struttura nucleo Alzheimer di un Istituto pubblico di assistenza e beneficenza (Ipab) di La Pieve di Breganze in provincia di Vicenza e, adesso, opera in un Centro Diurno Socio Sanitario per Alzheimer di Nove (Vi) "Dal 1998 sono a contatto a tempo pieno con i malati di Alzheimer. Ho vissuto praticamente con loro, li osservavo, ci parlavo e li aiutavo nei momenti difficili. Nella pratica quotidiana mi sono resa conto che se riuscivamo a metterli a loro agio ed erano calmi, se si trovavano in ambienti sereni riuscivano a sviluppare discorsi significativi. Potevo rivolgere loro delle domande alle quali ricevevo risposte inaspettate rispetto al loro danno celebrale. Da lì- ammette la psicoterapeuta- ho spinto l'acceleratore un po' di più nelle terapie riabilitative. Sapevo che avevo a che fare con menti danneggiate dal punto di vista del recupero medico e lessicale- ricorda Pasin- perché facevano fatica a recuperare i ricordi, ma quando li portavo su un'argomentazione complessa (come 'Cosa pensi del potere, della morte, dell'amore o della coppia'), loro riuscivano a darmi risposte spiazzanti, basate sull'esperienza di persone adulte. È stata una scoperta straordinaria".
La neuropsicologa ha ideato una terapia riabilitativa che ha descritto nel libro 'Salvarsi con una fiaba. Terapia psicologica con i malati di Alzheimer' (Magi Edizioni).
- Come si è strutturato il lavoro con le fiabe? "È una terapia riabilitativa completamente nuova rispetto al passato. Si parte selezionando un gruppo di persone in base alla valutazione neuropsicologica. Devono possedere una capacità residua di linguaggio, una capacità minima di comprensione ed essere in grado di prestare un minimo di attenzione, affinché riescano a seguirmi. Creato il gruppo, leggiamo una fiaba classica (come quelle dei Fratelli Grimm) in un ambiente tranquillo", prosegue la psicologa. Le fiabe originali sono storie a volte anche forti, truci, "che risvegliano in loro delle emozioni forti, perché la fiaba da un punto di vista psicoanalitico ha una valenza archetipica molto importante. Contiene tematiche simboliche rilevanti, come il rapporto con la madre, il bambino abbandonato, il potere del re e della regina, il cattivo, il buono, il diavolo. Dimensioni che rappresentano dei nuclei emotivi della mente umana universale. Loro si appassionano e partecipano- rivela la terapeuta- anche la sola lettura della fiaba li stimola da un punto di vista emotivo".
Purtroppo, spiega Pasin, "quando si arriva al punto 'E vissero felici e contenti', già solo pochi minuti dopo non ricordano quasi più nulla a causa di una memoria recente. Trattengono al massimo uno o due stimoli: Cappuccetto rosso, il giovane Giovanni, il vecchio re, la matrigna cattiva. Ricordano solo un'informazione di tutta la fiaba, magari ripescata dalla loro memoria antica, perché forse la fiaba l'avevano già sentita da piccoli. Ripartiamo allora da questa informazione, l'unico ricordo che appare nel gruppo, per raccontare una nuova fiaba".
- Cosa succede a questo punto? "Una cosa miracolosa- risponde- le persone cominciano a rievocare dei ricordi legati un po' alle fiabe e un po' ai loro vissuti. Viene stimolata una memoria archetipica personale che fa emergere tutta una serie di ricordi inaspettati che ci aiutano a creare una storia nuova divertendoci. Alla fine si ride di un concetto piuttosto che di un altro, attraverso un ricordo o un modo di dire e si crea cosi un clima creativo e stimolante".
- Qual è la particolarità di questa fiaba 'nuova'? "Contiene sempre e comunque un elemento salvifico: loro salvano in tutte le fiabe il protagonista. L'inconscio dell'Alzheimer va alla ricerca della salvezza, per questo il mio libro si intitola 'Salvarsi con una fiaba'. Archetipicamente e inconsciamente il cervello umano in una situazione così drammatica della propria esistenza va a salvare l'anima della persona, ovvero l'essenza della persona stessa. Nella demenza si perde completamente l'identità, e salvando l'essenza del personaggio loro salvano anche se stessi".
- Questo processo avviene a livello inconscio? "Sì, loro inconsciamente salvano la loro psiche (Psychè dal greco significa anima). E' come un sogno. Con questa tecnica noi lavoriamo con loro sotto la soglia del conscio, lavoriamo direttamente dialogando con il loro inconscio. La loro mente, a causa della degenerazione neurocognitiva, è quasi completamente inconscia e pesca istintivamente dalle memorie emotive residue".
- Quali sono stati i risultati? "Abbiamo seguito un piccolo gruppo di 8/10 persone in un anno e al Mini-Mental State Examination, un test per la cognitività, abbiamo registrato un miglioramento dai 2 ai 4 punti. La cognitività è migliorata molto di più con questo approccio che con una terapia farmacologica- afferma Pasin- e il disturbo del comportamento si è ridotto quasi a zero".
- Su cosa sta lavorando adesso? "Sui mandala- continua la psicologa- che vengono colorati dai pazienti con Alzheimer e hanno la capacità di mantenerli calmi due o tre ore. Cosa insolita per questi malati che hanno una capacità attentiva ridottissima, in genere sono agitati, urlano e piangono".
- Cosa sono i mandala? "Sono una forma archetipica che crea nel cervello onde alfa celebrali (le onde della veglia rilassata). Abbinando questo lavoro alla musica a 432 hz- precisa la psicoterapeuta- l'efficacia è massima. Produciamo una calma naturale al cervello che con il farmaco non riusciamo a ottenere. Con il medicinale assopiamo il paziente, mentre con il mandala, utilizzato in Tibet come forma meditativa, si entra in uno stato di trance spontanea. La stiamo sperimentando con dei casi molto gravi e i risultati sono incoraggianti".
- Fiabe e mandala risvegliano il potere della mente nei malati di Alzheimer? "Certamente queste tecniche migliorano la qualità della vita e la cognitività. Al Mini-Mental State Examination i malati di Alzheimer perdono in media due punti l'anno fino ad arrivare al momento in cui non riusciranno a dire nemmeno più il loro nome. Con queste tecniche migliorano di due punti l'anno, quindi rimangono sempre all'interno di una demenza ma rallentano tantissimo il processo degenerativo. Una mente calma contrasta la degenerazione".
- Concorda sull'allarme demenza? "L'aumento dei casi di Alzheimer era previsto già nel 2006, quando avevano presagito che nel 2050 saremmo arrivati a un caso su 80/85. Oggi riguarda il 5% della popolazione. Questo aumento dipende da una diagnosi più accurata di queste malattie degenerative. Abbiamo dati più realistici".
- Cosa dovrebbe essere fatto? "Più che la ricerca medica e farmacologica, che è a buon punto e ha a disposizione molti fondi, mancano delle figure professionali e dei progetti che migliorano la qualità di vita dei malati di Alzheimer e dei loro caregiver. Si tratta di una delle patologie, forse la più grave al mondo per impatto sociale. Anche il caregiver che segue un malato di Alzheimer perde un pò la memoria, sta male, va in confusione e finisce per prendere psicofarmaci. Questa malattia non è uno scherzo- conclude- lo stato emotivo dei malati di Alzheimer produce grande sofferenza in loro stessi e nei care-givers poiché esprimono aggressività fisica e verbale, urlando e sputando. È una cosa atroce da vivere. Servono risorse per sostenere i familiari e i malati di Alzheimer a migliorare la loro qualità di vita con dei progetti di riabilitazione sociale".
(Wel/ Dire)