Parla l'autrice di 'La stanza nella quale diventai chi ero'
(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 12 gen. - "C'è un malessere di fondo, altrimenti non si entra in analisi". Lo dice Marilisa Maffettone, scrittrice, che nel 2007, con la casa editrice Magi, ha raccontato il suo percorso terapeutico con il libro 'La stanza nella quale diventai chi ero'.
- Può spiegarci questo titolo? "Il titolo è stato estrapolato dal testo a sottolineare la ricerca della propria autenticità". - Perché si inizia una psicoterapia? "Tante possono essere le motivazioni: se il corpo si ammala, si ricorre al medico; per il malessere psichico ci si rivolge allo psicoterapeuta". - Ci può descrivere questo percorso? "Attraverso l'analisi ho scoperto di me una storia che non conoscevo: è stata una rivelazione. L'ignoto si svela in quella stanza".
- Da quanto tempo è finita? "Non ricordo. Da tanto". - Ricorda dei momenti particolarmente importanti? "Numerosi- risponde la scrittrice- sono stati gli episodi che hanno permesso a vicende del passato, sottovalutate, dimenticate o che non conoscevo affatto, di emergere in maniera dirompente. Fra tanti cito a memoria dal mio libro 'Siamo al buio, nella prima stanza della vita, fra domande e risposte mai dateà'".
- Quali sono, secondo la sua esperienza, gli elementi fondamentali nel percorso analitico? "L'essere ascoltati, profondamente compresi e anche il denso rivivere".
- Come ha scelto il suo terapeuta? "Grazie a un amico che mi indirizzò all'allora presidente della Società psicoanalitica italiana, Giovanni Hautmann, il quale mi mise in contatto con la mia analista".
- Perché ha scritto questo libro? "E' il racconto per immagini della mia interiorità, nel suo svolgersi. Già scrivevo e non potevo lasciarmi sfuggire tale evoluzione. Chiunque rimane avvinto dalla narrazione del proprio vissuto".
- Le manca? "Non la psicoanalisi, mi manca Lei, scomparsa lo scorso anno".
- Qual è, se c'è, il messaggio del suo libro? "Non lancio messaggi, sarebbe presuntuoso. Tuttavia, secondo la mia esperienza, anche il dolore più profondo può essere attraversato". - E' un diario? "Non proprio, piuttosto un intenso dialogo".
- Cosa le è rimasto della terapia? "Un metodo di lettura, anche se non bisogna rimanerne imbrigliati." - Cosa consiglia a chi si accinge a intraprendere una terapia? " Chi decide di intraprendere una terapia è disorientato, sarebbe opportuno lasciarsi guidare nella scelta del terapeuta".
- Conta solo il terapeuta allora? " No. Concludo con le parole della mia analista: l'analisi è una sonata a quattro mani".
(Wel/ Dire)