Come valutarla? Considerare il matching tra gli stili relazionali di paziente e terapeuta
(DIRE-Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 23 feb. - L'espressione "alleanza terapeutica" indica una "dimensione della relazione psicoterapeutica riferita alla capacita' del paziente e del terapeuta di sviluppare un rapporto basato sulla fiducia, il rispetto e la collaborazione, finalizzato ad affrontare i problemi e le difficolta' del paziente. Fattore comune alle diverse forme di trattamento, l'alleanza terapeutica e' considerata dai ricercatori empirici una delle principali variabili che influenzano l'esito della psicoterapia". Ne parla alla DIRE Vittorio Lingiardi, psichiatra e psicoanalista, nonche' professore ordinario di Psicologia dinamica della Sapienza Universita' di Roma.
- È possibile costruire una "storia" dell'alleanza terapeutica? "L'evoluzione del concetto di alleanza puo' essere schematicamente ricondotta a tre diversi momenti storici. Un primo periodo (fino agli anni Sessanta) di teorizzazioni psicoanalitiche basate su singoli casi clinici e centrate sull'utilita' di differenziare i concetti di transfert e alleanza. Una seconda fase (fino alla fine degli anni Novanta)- prosegue il professore- caratterizzata dal proliferare di ricerche volte a dimostrare empiricamente l'esistenza del costrutto e il suo peso come variabile fondamentale del processo terapeutico, con conseguente costruzione di strumenti di valutazione ad hoc. Infine una terza fase, quella attuale, in cui il principale oggetto di studio sono le dinamiche relazionali, in particolare gli episodi di rottura e riparazione. In pratica, il ritmo della relazione terapeutica o, secondo la definizione dei colleghi Safran e Muran, i piu' importanti studiosi di questo costrutto, i processi di 'negoziazione intersoggettiva'".
- Quando ha iniziato a occuparsi di questo costrutto? "Mi occcupo di allenza terapeutica, della sua definizione concettuale, dei suoi risvolti clinici e della sua rilevazione empirica ormai da vent'anni. Nel 2002 ho scritto il volume 'Alleanza Terapeutica. Teoria, clinica e ricerca', pubblicato dall'editore Raffaello Cortina. A quel tempo in Italia era un costrutto ancora poco studiato. Nel 2009, con la Collaborative Interactions Scale (vedi Colli, Lingiardi, 'The Collaborative Interactions Scale: A new transcript-based method for the assessment of therapeutic alliance ruptures and resolutions in psychotherapy'. Psychotherapy Research, 2009, 19, 6, pp.
718-734), Antonello Colli e io abbiamo cercato di coniugare la ricerca sull'alleanza con cio' che 'realmente' avviene in seduta- spiega lo psichiatra- a partire dallo studio dei trascritti di sedute audioregistrate. Ora, con la dottoranda Daniela Gentile, stiamo lavorando a una nuova versione dello strumento che verra' presto pubblicata".
- Quali sono gli elementi che ostacolano la creazione di un'alleanza terapeutica? "Per rispondere a questa domanda occorrerebbero fiumi di inchiostro. Considero il concetto di alleanza terapeutica come l'espressione del tentativo, da parte di paziente e terapeuta, di stabilire una regolazione reciproca ottimale. In questo senso- sottolinea l'esperto- ogni impasse terapeutica puo' essere anche vista come una finestra sul mondo intersoggettivo di paziente e terapeuta al lavoro. Vi sono poi elementi specifici, nel paziente e nel terapeuta, che possono ostacolare la creazione di un'alleanza. Anche qui ci sarebbe molto da dire. Brevemente, e ricorrendo ad alcuni marker presenti proprio nella 'Collaborative Interactions Scale', potrei elencare alcune variabili del terapeuta, sia tecniche che personali: freddezza, distacco, rigidita' del modello, mancato timing degli interventi, gergalita', atteggiamenti paternalistici o inutilmente direttivi, moralismo, svalutazione, ostilita', incapacita' di distinguere il livello della relazione reale da quello delle dinamiche transferali, ecc. E alcune varibili del paziente: caratteristiche dell'attaccamento, caratteristiche della personalita' e del quadro psicopatologico (e' evidente che un paziente paranoide non sviluppera' una pronta alleanza, cosi' come e' evidente che un paziente di area borderline sviluppera' alleanze tumultuose e oscillanti, ecc.), motivazione alla cura. Ma e' chiaro che- ricorda LIngiardi- essendo il concetto di alleanza per definizione relazionale, non possiamo valutare la qualita' e gli sviluppi dell'alleanza se non prendendo in considerazione proprio il matching degli stili relazionali che caratterizzano il lavoro clinico. E, occupandomi negli ultimi anni delle 'variabili del terapeuta', oltre che di quelle del paziente, aggiungerei che anche lo stile di attaccamento e il tipo di personalita' del terapeuta meritano di essere considerate quando si parla di valutazione dell'alleanza".
- Ma e' scontato che tra paziente e terapeuta vi sia sempre un'alleanza? "Quando un paziente viene in terapia fa sicuramente leva su un aspetto collaborativo, che puo' naturalmente essere sfidato e compromesso da dimensioni distruttive, diffidenti o sabotatrici della sua personalita'. Una cosa che ho imparato in tanti anni di lavoro clinico- conclude lo psicoterapeuta- e' che a volte la costruzione dell'alleanza non e' per forza un pre-requisito della terapia ma e' un fondamentale punto di arrivo".
(Wel/ Dire)