Se ne parla il 13 febbraio al Cipa di Roma con Luigi Zoja, Stefano Carta ed Eva Pattis
(DIRE-Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 9 feb. - "Jung non da' contributi sociali e politici di per se', pero' ha introdotto nella psicoanalisi il concetto di inconscio collettivo per cercare di capire le tendenze politiche. L'analista svizzero a suo tempo diceva - e dai suoi scritti si riscostruisce abbastanza bene - che aveva previsto arrivare dai sogni delle persone sia la prima che la seconda guerra mondiale, laddove questi soggetti avevano degli elementi comuni di violenza collettiva". Lo racconta alla DIRE Luigi Zoja, psicoanalista junghiano e saggista, che sabato 13 febbraio partecipera' con gli psicoanalisti junghiani Stefano Carta ed Eva Pattis alla tavola rotonda su 'Analisi e attivismo. Contributi sociali e politici della psicologia junghiana'. L'evento e' promosso a Roma dal Centro italiano di psicologia analitica (Cipa) - Istituto dell'Italia Centrale, dalle 10 alle 13 in via Flaminia 388 (ingresso libero).
"Jung non concepisce l'inconscio solo come prodotto di repressione nella psiche individuale- prosegue Zoja- ma come qualcosa che contiene dei bisogni pre-esistenti, i cosiddetti archetipi". Se pensiamo alla religione, "Freud la definisce una sublimazione degli istinti: noi siamo delle macchine con delle pulsioni istintuali. Per Jung, invece, la religione e le attivita' superiori dell'uomo (come l'arte, l'estetica e la tendenza alla filosofia) sono necessita' in se'- precisa il saggista- ovvero formazioni primarie e non secondarie".
Con la morte di Dio annunciata da Nietzsche alla fine dell' '800, "quello che scompare sono le forme visibili di riti e culti di Chiese in realta' troppo invecchiate- afferma lo psicoterapeuta- che non possono piu' costituire un discorso comune e dato per scontato. Se quindi nel Medioevo anche Dante, liberissimo pensatore laico, spiegava tutto in termini teologici, dalla fine dell'800 il discorso teologico universale decade senza far venir meno quelle spinte ai bisogni della psiche che hanno portato alla nascita delle religioni in tutte le epoche e culture. Bisogni- prosegue l'analista junghiano- che si sono espressi in forme nuove, soprattutto nella prima meta' del secolo XX attraverso le ideologie e le due guerre mondiali che le stesse ideologie hanno giustificato e prolungato fino alla guerra fredda".
Il concetto di inconscio collettivo ha quindi permesso agli analisti junghiani di "studiare i grossi movimenti di massa non solo come frustrazioni dell'istinto, ma come bisogni in se'.
Adesso basta vedere cos'e' il fondamentalismo nei paesi che non possono avere accesso a quella specie di morfina universale che e' il consumismo. Ecco allora che tornano le religioni in forme fanatiche- conclude Zoja- torna il bisogno assoluto di credere in qualcosa".
(Wel/ Dire)