La maschera e' come la follia, bivalente
Nell'antichita' c'era il Carnevale dei folli, temibile e liberatorio
(DIRE-Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 2 feb. - "La maschera e' come la follia, bivalente. C'e' sempre il positivo e il negativo, il lato demoniaco e quello divino insieme".
Intervistato dalla Dire, Marco Alessandrini, psichiatra e psicoanalista, ne chiarisce il significato: "È vero che nasconde, ma da' anche una forte liberta' perche' aiuta a rimuovere i freni inibitori. Certo- precisa il medico- al negativo la maschera puo' essere intesa come un mezzo per sottrarsi al confronto con gli altri, ma se utilizzata al positivo fa emergere con piu' liberta' le parti di se' che comunemente non riusciamo ad esprimere".
Nell'antichita' la maschera, "penso agli sciamani- continua Alessandrini- veniva indossata per farsi possedere dal Dio o dal demone che la maschera raffigurava. Indossare l'immagine di un certo Dio significava esserne posseduti, invasati. E se ipotizziamo che gli dei, gli spiriti e i demoni non sono altro che elementi dell'inconscio, la maschera consente di farli emergere. Un modo, dunque, per nascondersi e per scoprirsi ed essere qualcosa che non ci concediamo spesso di essere o fare". - Lei ha scritto un libro sulle 'Immagini della follia' (Magi edizioni), le puo' descrivere? "Le immagini o maschere del folle si muovono appunto lungo due diverse strade- precisa Alessandrini- una e' quella dell'emarginato, della persona pericolosa. In termini antichi il folle era visto come l'uomo istintuale, selvatico e quindi pericoloso perche' non civilizzato". Questa fonte di pericolo ci conduce pero' sulla seconda strada: "Chi e' fuori dal mondo civile puo' anche essere in possesso di capacita' o poteri che le persone comuni non hanno: magia e saggezza. In sostanza i 'folli' sono sempre accompagnati da un misto continuo di emarginazione e idealizzazione".
- Perche' ha cercato le immagini della follia? "Per vedere in che misura l'arte getti realmente luce su chi soffre di disturbi mentali oppure se raffiguri invece concetti puramente culturali. Volevo capire quanto colga elementi reali e quanto arbitrari- sottolinea lo psichiatra-, fonti di stigma ed emarginazione". - E cosa colgono queste immagini? "Molti pittori, avendo una sensibilita' che appartiene agli artisti, riescono a scoprire il lato umano, a cogliere in modo commovente aspetti interiori, profondi e reali di chi soffre non solo di patologie mentali gravi, ma anche d'ansia, insonnia o altro".
- Come si coniuga il Carnevale con la maschera e la follia? "Il carnevale ha delle origini controverse- risponde il collaboratore della cattedra di Psichiatria dell'Universita' di Chieti- e' un momento di inversione dei ruoli in cui tutto e' concesso. Nell'antichita' esisteva anche il carnevale dei folli, un particolare periodo in cui si poteva dissacrare cio' che era abitualmente sacro. Perfino la massima autorita' di allora, la Chiesa, nel carnevale dei folli permetteva alle persone di travestirsi da prete, o di compiere sregolatezze e perfino oscenita' dentro gli edifici dedicati al culto. In origine il carnevale e' nato per celebrare, e cosi' anche esorcizzare e gestire, il momento di passaggio tra il vecchio e il nuovo anno- prosegue l'autore- tra un sole che muore e un sole nuovo che sta per nascere. E' una fase di transizione in cui non c'e' piu' il vecchio ordine, ma neanche quello nuovo, e si e' quindi fuori da qualunque ordine. È un periodo temibile, ma al contempo liberatorio. Una sorta di ritorno al caos primordiale da cui proviene ogni societa' e ogni uomo. Senza questo caos non c'e' evoluzione e percio' bisogna riattingere al caos, sebbene nell'ambito di una festa controllata, per ridare stimolo e emozioni a tutta la societa'". In questo contesto "la follia dei 'normali' diventa un punto di partenza per una possibile rinascita".
- Quanto puo' essere importante il travestimento nell'infanzia? "Tantissimo- risponde lo psichiatra- l'identificazione con un personaggio significa compiere una piccola tappa per introiettare cio' che quel personaggio rappresenta. Se un bambino/a incarna un supereroe o una principessa comincia a mettere dentro di se' l'essere uomo o donna. In questo modo il travestimento aiuta il piccolo a costruirsi una personalita', un'identita'. Come se seminasse immagini dentro di se' a cui corrispondono modi di essere che potra' via via assumere nel mondo adulto in futuro".
- Che rapporto c'e' tra la maschera e le immagini? "La maschera chiama in causa l'uso che gli uomini hanno sempre fatto delle immagini. Un modo di pensare le cose a un livello non razionale. Cio' che quell'immagine rappresenta, il suo potere simbolico, mi entra dentro. Forse il problema e' che oggi si trova troppo in tutto e a volte molte immagini sono svuotate di senso, anche se tante altre continuano ad esserne piene e allora bisogna saperle cogliere. Il Carnevale- conclude lo psicoterapeuta- puo' rappresentare in questo senso un'occasione".
(Wel/ Dire)
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