(DIRE - Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 6 dic. - In Italia ogni tre giorni una donna perde la vita per mano di un uomo, mentre quasi sette milioni di donne subiscono violenza.
Solo poco piu' dell'undici per cento, pero', denuncia il proprio aggressore e il 20 per cento non ne parla con nessuno durante tutta la propria vita. Per molte di loro l'unico luogo in cui vengono a contatto con chi potrebbe offrire loro una via d'uscita e' il pronto soccorso. È per questo che la onlus WeWorld, che si occupa di diritti di donne e bambini in Italia e nel sud del mondo, ha deciso di aprire in tre ospedali di Roma, Genova e Trieste uno spazio gestito da operatrici specializzate in grado di aiutare le vittime di violenza. L'associazione ha presentato le linee guida nazionali, frutto di tre anni di sperimentazione nel nosocomio San Camillo di Roma, Galliera di Genova e nell'azienda ospedaliera Asuits di Trieste.
Il numero di donne vittime di violenza che si rivolgono al pronto soccorso e' nettamente superiore a quello delle persone che si recano ai centri antiviolenza, ai consultori, ai servizi sociali, ai servizi di volontariato, alle forze dell'ordine. Chi subisce violenza ha piu' problemi di salute ed e' costretto a ricorrere a cure sanitarie tre volte di piu' rispetto al resto della popolazione. "Il nostro modello prevede un approccio di genere che tenga conto dell'autonomia decisionale delle donne", ha spiegato Marco Chiesara, presidente di WeWorld. "Il pronto soccorso deve diventare un nostro avamposto in questa battaglia. È un luogo 'necessario', dove le donne sono costrette ad andare. È proprio negli ospedali che e' possibile intercettarle e offrire loro un aiuto con personale specializzato pronto a riconoscere la violenza e a offrire un ascolto qualificato. I nostri interventi prevedono una azione sul territorio accompagnata da campagne di sensibilizzazione, di informazione e di ricerca del problema.
Solo cosi' si puo' innescare un cambiamento culturale nella nostra societa'".
Il modello messo a punto da WeWorld prevede un approccio gender sensitive che tenga conto delle discriminazioni contro le donne; delle operatrici antiviolenza specializzate (psicologhe, assistenti sociali) all'interno del pronto soccorso, in grado di accogliere la donna e indirizzarla ai servizi del territorio; la formazione del personale ospedaliero che lavori in stretta sinergia con le operatrici; una rete formata da servizi territoriali, pubblici e privati e un monitoraggio costante per avere dati quantitative sul numero di donne che hanno avuto accesso al servizio sul numero di recidive.
Valeria Fedeli, vice presidente del Senato, che ha voluto inviare un messaggio scritto rivolto a tutti i presenti: "L'ospedale e' il luogo di contatto tra chi subisce violenza e le istituzioni. Dobbiamo garantire una presa in carico totale della donna per aiutarla a trovare sicurezza e dignita'. Il modello SOStegno Donna valorizza la fiducia nelle strutture di sostegno: e' un percorso strutturato va dalla prima assistenza fino alle reti sociali presenti nel territorio. La violenza non e' frutto di follia o di un raptus: e' un fenomeno strutturale, figlio di una cultura che bisogna cambiare. Educare al rispetto e' una sfida che deve unire la scuola, i media, le istituzioni e i singoli cittadini".
Nel nostro Paese una donna su tre subisce violenza e nella maggior parte dei casi l'abuso avviene per mano del partner, dell'ex o di un familiare. La violenza domestica e' una delle principali cause di morte della popolazione femminile mondiale. L'ultima legge di stabilita' ha istituito nelle aziende sanitarie il "percorso di tutela delle vittime di violenza" per tutelare le persone piu' vulnerabili. "In attesa di linee guida nazionali, volte a rendere operativo questo percorso, vogliamo offrire il nostro contributo sul tema attraverso dati ed evidenze empiriche, utili per definire delle linee guida", ha concluso Chiesara.
(Wel/ Dire)