Migranti e salute mentale, Inmp: Risposte carenti e personale poco preparato
Nel 2015 il disturbo da stress post-traumatico e' stato il piu' frequente (41%), seguito da depressione (23%)
(DIRE-Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 12 apr. - Ne soffre uno straniero residente su tre, eppure quello della salute mentale dei migranti e' un tema ancora sottovalutato. I servizi sono pochi e concentrati in alcune citta', come Roma. Gravi carenze si riscontrano sul resto del territorio, dove spesso mancano anche i servizi di mediazione cultura. Quello che serve e' 'una diffusione capillare delle competenze e delle buone pratiche, perche' si tratta di persone vulnerabili e a rischio', spiega Maria Concetta Mirisola, direttore dell'Inmp (Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti ed il contrasto delle malattie della Poverta').
- Perche' questa scarsa attenzione, si tratta di un problema sottovalutato? 'Il problema e' sottovalutato perche' l'attenzione e' soprattutto su aspetti di salute che alimentano paure irrazionali nella popolazione, come le malattie infettive. Invece da sempre gli operatori della salute parlano, a proposito dei migranti, di 'effetto migrante sano'. Il migrante arriva per lo piu' sano in Italia, ma poi la sua salute viene messa a rischio per le difficili condizioni ambientali in cui si trova a vivere. Un discorso simile- precisa l'esperta- vale per la salute mentale, perche' in generale i processi di marginalizzazione sociale a cui i migranti possono andare incontro aumentano significativamente il rischio di sviluppare stati di sofferenza psicologica. In piu' l'aumento, tra i migranti, di profughi e persone che scappano da situazioni di violenza ci mette di fronte al problema di persone che, a causa dei gravi traumi subiti, sono piu' vulnerabili e a rischio di sviluppare quadri di sofferenza post-traumatica. Qui intervenire precocemente, riconoscendo il problema e curandolo, e' fondamentale, come fondamentale e' lavorare per prevenire la 'ritraumatizzazione secondaria' legata alle difficolta' di vita nel Paese ospitante. Un esempio molto evidente: la letteratura internazionale indica chiaramente che la prevalenza di sindrome da stress post traumatico aumenta moltissimo (fino al 60 per cento) in persone private della liberta' personale (il corrispettivo dei nostri Centri di Identificazione ed Espulsione - Cie)- continua il direttore dell'Inmp - e che nel tempo le persone che hanno subito questo trattamento avranno piu' sofferenza psicopatologica e saranno meno integrati nella societa' ospite di quelli che sono stati accolti con buone pratiche'.
- Qual e' l'incidenza dei disturbi mentali, psichiatrici e psicologici sul totale della popolazione straniera? 'Calcolare una vera incidenza non e' possibile, perche' il numero degli irregolari e dei transitanti sfugge alle rilevazioni, anche dell'Istat. Limitandoci agli stranieri residenti, da analisi effettuate dall'Inmp su dati Istat provenienti dall'indagine multiscopo sulla salute (anno 2013), si puo' osservare che la prevalenza di cattiva salute mentale percepita nella popolazione immigrata residente e' pari circa al 32 per cento. Su altre popolazioni migranti si possono fare stime partendo da ricerche su campioni. Ad esempio- aggiunge Mirisola- nei pazienti di ambulatori di medicina di base specifici per migranti e' stata misurata la prevalenza di alcune sindromi psicopatologiche: disturbo da stress post-traumatico (10,2 per cento); ansia (39,6 per cento), depressione (46,1) e sindromi da somatizzazione (25,6 per cento). Nei migranti economici le diagnosi piu' frequenti sono di 'disturbi dell'adattamento e reazioni a stress gravi' (40,8 per cento), seguite da disturbi dell'umore (12 per cento). Riguardo alle psicosi, diversi studi internazionali riportano un aumento di incidenza tra i migranti rispetto ai nativi. Su migranti in Italia questo aspetto e' in corso di studio'.
- Chi ne soffre di piu', donne, uomini o bambini? 'In generale la prevalenza generale dei disturbi mentali e' maggiore nelle donne, come nei contesti occidentali. Una ricerca italiana ha indagato specificamente questo aspetto sulle somatizzazioni, la cui prevalenza e' maggiore nelle donne e nelle persone sposate. Nei migranti presenti in Italia- fa sapere il direttore- la salute mentale percepita risulta migliore tra gli uomini, sebbene si osservi un netto peggioramento tra il 2005 e il 2013, che porta i valori di prevalenza ad essere quasi sovrapponibili a quelli femminili'.
- Da quali Paesi provengono i migranti che presentano disturbi di tipo mentale? 'Sempre con riferimento ad analisi effettuate da Inmp su dati multiscopo Istat, la prevalenza di cattiva salute mentale percepita risulta piu' elevata tra gli immigrati residenti provenienti dall'Europa dell'Est e dall'Africa Settentrionale. Nella nostra casistica del 2015 i Paesi piu' rappresentati, con circa il 10 per cento ciascuno sono il Mali e Nigeria, seguiti con l'8% da Gambia e Senegal'.
- Di che tipo di disturbi si tratta nello specifico? 'Le percentuali variano a seconda del contesto di studio. Non bisogna dimenticare, infatti, che la stragrande maggioranza delle persone di origine straniera sono regolarmente residenti o soggiornanti in Italia e ben integrati, e nel loro caso le frequenze non sono molto distanti da quelle italiane. Nel caso dell'Inmp- ricorda la direttrice- la situazione e' diversa perche', essendo un istituto dedicato alla promozione della salute nelle condizioni di migrazione e poverta', nel campione c'e' una preponderanza di persone in condizioni di maggiore fragilita' (e inoltre molti invii provengono dai centri di accoglienza per richiedenti protezione, cioe' persona arrivate da poco e che hanno storie di traumi multipli). Di conseguenza, i dati Inmp riflettono questa particolarita': nel 2015 il disturbo da Stress Post-Traumatico (Ptsd) e' stato di gran lunga la condizione piu' frequente (41,1% di coloro che si sono rivolti al nostro servizio di Salute Mentale), seguita dalla depressione (22,6%), dalle sindromi da somatizzazione (5,65%) e dal disturbo d'ansia generalizzato (5,46%). Molto meno comuni le psicosi (3,9%)'.
- Di che tipo di intervento hanno bisogno queste persone? Ci sono sufficienti servizi a Roma e nel resto del Paese, rispetto al bisogno? 'L'intervento e' di una prima valutazione alla quale fa seguito, quando indicata, la presa in cura e il supporto psico-sociale multidisciplinare. Cio' richiede di lavorare in rete con i servizi e di disporre di personale che abbia competenze culturali. E', inoltre, necessaria una formazione specifica per utenze particolari (es. competenze psicotraumatologiche per le vittime di violenza intenzionale). A Roma ci sono diversi centri che danno risposte adeguate, soprattutto per le vittime di violenza intenzionale, molto meno per gli homeless. Invece ci sono difficolta' maggiori per far si' che i servizi territoriali possano fornire adeguato supporto psicologico a quei migranti che non rientrano in progetti specifici (come le vittime di violenza o tratta), ma piu' semplicemente hanno bisogno di un supporto psicologico per quadri ansioso-depressivi. Cio' e' dovuto in parte al fatto che per scarsita' di personale i servizi territoriali riescono sempre meno ad offrire supporto psicologico ai quadri psicopatologici piu' lievi, in parte alle difficolta' organizzative nel servirsi di mediatori culturali. In altre zone del Paese- chiosa Mirisola- la situazione e' ancora peggiore, spesso gravemente carente.
Occorre una diffusione capillare delle competenze e delle buone pratiche su tutto il territorio nazionale. Qui un passo avanti importante lo si sta facendo, perche' in applicazione del decreto legislativo 21 febbraio 2014, n.18, presso il ministero della Salute si stanno elaborando le 'Linee guida per la programmazione degli interventi di assistenza e riabilitazione nonche' per il trattamento dei disturbi psichici dei titolari dello status di rifugiato e dello status di protezione sussidiaria che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale'. In prospettiva questo dara' alle regioni la possibilita' di organizzare in modo coerente e su tutto il territorio nazionale dei servizi che possano dare risposte adeguate per queste fasce di utenza piu' vulnerabili.
Inoltre, avere in questi servizi persone formate con una sensibilita' culturale dovrebbe facilitare il trasferimento di competenze agli altri servizi per la salute mentale, migliorando anche assistenza e presa in carico dei migranti con altre sindromi psichiatriche'.
- Tra i traumi, ci sono anche quelli legati alla tortura e alla violenza (soprattutto per le donne): che tipo di approccio si porta avanti con questo tipo di vittime? 'La persona deve essere presa in cura da una e'quipe multidisciplinare transculturale con specifiche competenze culturali e sulla psicotraumatologia. L'intervento deve essere in rete con la parte sociale e legale, perche' buona accoglienza, empowerment e supporto medico-legale sono parti integranti della terapia'.
- Ultimamente si e' parlato di un aumento di Tso tra i migranti, secondo i dati qual e' l'incidenza di questo trattamento sul totale della popolazione straniera? 'Numeri precisi non ci sono. Ma sicuramente e' un dato noto che il ricovero nel servizio psichiatrico di diagnosi e cura (Spdc) e' il primo ingresso alle cure mentali piu' frequente nel caso dei migranti rispetto ai nativi. Cio' e' indice di una minore accessibilita', per vari motivi, ai servizi ambulatoriali di bassa soglia. Inoltre, alcune ricerche riportano un maggior numero di drop-out tra i migranti (cioe', se si e' migrante e' piu' probabile che la presa in carico del servizio termini prima che la cura sia terminata). Ancora, si e' visto che se si e' migrante e si e' ricoverati in Spdc (i reparti per i ricoveri psichiatrici), si hanno piu' probabilita' di venire contenuti fisicamente (cioe' di venir legati al letto)- conclude- rispetto agli italiani, a parita' di patologia'.
(Wel/ Dire)
|