(DIRE-Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 5 apr. - Offrire sulle strategie didattiche per l'autismo spunti diversi da quelli che ci si aspetta. Lo ha fatto Nicoletta Rosati, ricercatrice dell'Universita' Lumsa, al seminario 'Lo spettro autistico' promosso da Paola Binetti a Roma per la Giornata mondiale di consapevolezza sull'autismo.
"Quando si parla di strategie didattiche si pensa sempre al metodo Teach (Treatment and education of autistic and related communication handicapped children), alla comunicazione alternativa aumentativa, al Pecs (Picture exchange communication system). Io invece voglio focalizzarmi sulla didattica quotidiana- prosegue la ricercatrice- per vedere come entra in relazione il docente con il bambino coinvolto nel disturbo dello spettro autistico, che come sappiamo e' un disturbo molto vario".
Ad aprire una strada "sul versante della relazione e' stata Stefania Guerra Lisi con il suo metodo 'La globalita' dei linguaggi'. La donna- racconta Rosati- e' partita da un'esperienza concreta: aveva una figlia autistica e dal contatto con questa bambina ha adottato strategie che sono risultate vincenti, e ha iniziato a proporle. Questo approccio- chiosa la ricercatrice- aiuta chiunque entri in contatto con il soggetto autistico a considerarlo sempre e comunque una persona e a far leva proprio sulla relazione, che sembra l'elemento piu' compromesso".
Guerra Lisi ha indagato "gli aspetti da considerare nel momento in cui si entra in relazione con soggetti autistici, e nel farlo si e' servita della globalita' dei linguaggi, prevalentemente non verbali. Andiamo dal dialogo tonico, all'esperienza psicomotoria, sonora e cromatica- chiarisce Rosati- per trovare il canale attraverso il quale il bambino e' piu' sensibile, aiutandolo a prendere la decisione di aprirsi e di elaborare una forma di comunicazione".
Studi sul tema esistono. "Ci sono delle valutazioni su sperimentazioni partite fin dal 1980, quando fu introdotto Il metodo della globalita' dei linguaggi. La comunita' scientifica si e' un po' divisa- afferma la ricercatrice- abbiamo le metodologie ufficiali, che sono molto valide, ma vanno utilizzate dopo che si e' entrati in relazione. La globalita' del linguaggio aiuta a creare questa relazione di base sulla quale poi si lavora anche applicando altre strategie e metodologie. Le esperienze sono tante- conclude- l'errore fatto e' che la documentazione non e' stata ufficializzata alla Comunita' scientifica, nonostante siano tante le scuole italiane che l'hanno applicata con risultati visibili in termini di inclusione".
(Wel/ Dire)