(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 13 ott. - "Siamo preoccupati, perché lo stigma sociale è rimasto per intero: i pazienti sono "matti" e noi psichiatri passiamo per violenti. Invece le posso assicurare che le persone che sono andate ieri mattina a fare quella visita domiciliare sono tutte espertissime, hanno grande professionalità e grande mitezza". Antonio Macrì, responsabile del Centro di salute mentale dove lavora la dottoressa Barbara Martini, è alla fine di una lunga giornata di paura e di preoccupazione. E forse per questo ha voglia di sfogarsi.
Dottor Macrì, che cosa vuol dire, oggi a Torino, fare lo psichiatra nel servizio sanitario pubblico? "Beh, direi che è piuttosto difficile, ci siamo sempre battuti contro l'esclusione e ora siamo visti come violenti e pericolosi. C'è un grande disagio... ".
Lei non è preoccupato quando i suoi colleghi escono per una visita o un Tso? "Non sono preoccupato perché ne conosco il valore, abbiamo anche educatori e infermieri bravissimi che sanno lavorare con autonomia e flessibilità. Ma lo sono, invece, perché non sarà più possibile governare la psichiatria con un così grande numero di pazienti gravi, con i tagli che si stanno facendo e quelli che si faranno. È un massacro".
Sapeva della visita domiciliare? "Sì, certo, la dottoressa Martini ne aveva parlato due giorni fa in una riunione, riportando le conversazioni già avute con la madre del paziente, e aveva fissato la visita come prioritaria".
A cosa si riferisce quando parla di un "massacro della psichiatria"? "Innanzitutto al taglio della residenzialità psichiatrica. Le residenze erano fatte proprio per cercare di includere i pazienti nella società. Tagliarle non vuol dire aiutare né loro né le loro famiglie".
È l'unico taglio? "Non credo. Sentiamo dire che dai sette centri territoriali per la salute mentale che ci sono adesso in città si passerà a quattro. È bello tagliare i primari, ma bisogna anche preoccuparsi di come si continuano a garantire i servizi".
Ma sono soltanto dei "si dice"... "Sì, ma sono attendibili. La tendenza è quella di fare fuori le strutture della psichiatria. Il nostro lavoro può essere pericoloso, va fatto con attenzione e passione. Proprio per questo credo che siano inaccettabili dei tagli alle strutture che proteggono non solo e non tanto noi stessi, ma anche i pazienti, le loro famiglie, la società. Io ho sostenuto come cittadino questa amministrazione regionale, ma sono molto turbato da quello che sta succedendo".
Oltre ai tagli, che cosa la preoccupa? "Lavoriamo in una continua instabilità. Va bene essere persone professionalmente brave e unite, ma alla psichiatria piemontese manca completamente la leadership".
Mancano i dirigenti? "No, manca la direzione culturale. Penso all'epoca in cui la psichiatria era guidata dai Pirella, dai Bisacco, dai Munizza. Io sono stato un allievo di Vergani e posso dirle che la differenza rispetto a oggi è molto forte... ".
Lei non si sente un leader? "No, devo essere partito col piede sbagliato. Ho grande passione per questo lavoro ma non riesco a affrontare le assurdità. Ci hanno detto che è 'inappropriato' mettere i pazienti nelle residenze sanitarie assistite. E perché mai? Forse chi ha problemi di salute mentale non diventa vecchio, cardiopatico o demente? È in questo senso che dico che non abbiamo leadership. Per anni abbiamo discusso di riabilitazione dei pazienti, e proprio questo era il senso delle residenze. E adesso?".
È stata una giornata dura... "Sì, terribile. Ora è un po' meglio da quando sappiamo che l'infermiere ferito dovrebbe cavarsela. Ma visite come quella ne facciamo a centinaia. Spero che l'infermiere e la psichiatra si ristabiliscano al più presto, è una ferita per tutti noi. Ma le mie preoccupazioni sulla psichiatria pubblica rimangono".
(Wel/ Dire)