Se ne parla a Catanzaro il 24 ottobre. Alla DIRE le anticipazioni
(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 6 ott. - Traumi in età evolutiva, esperienze di neglect e stili di accudimento disfunzionale potrebbero costituire elementi di rischio nell'emersione di alcuni disturbi in fasi successive della vita. Un ambito di ricerca poco approfondito e sul quale stanno conducendo uno studio, legato alle 'Avversità in età infantile e il rischio psicotico', Pasquale De Fazio, professore aggregato di psichiatria, Università Magna Graecia di Catanzaro, e Antonella Bruni, medico in formazione specialistica al V anno di Psichiatria e coinvestigator della ricerca.
Sarà questo il tema che i due studiosi affronteranno al settimo Joint Meeting in Pediatria e Medicina dell'adolescenza, il 24 ottobre a Catanzaro, nell'ambito del panel 'Problematiche sociali, neuropsichiatriche ed assistenziali del bambino e dell'adolescente' di cui De Fazio è presidente.
In un'intervista all'agenzia stampa DIRE, i due medici hanno rilasciato alcune anticipazioni sul loro lavoro: - In cosa consiste la ricerca che avete condotto in Calabria? Quali sono gli obiettivi del vostro studio e i primi risultati a cui siete arrivati? "La nostra ricerca, condotta presso l'Unità operativa di Psichiatria del Policlinico universitario di Catanzaro, è stata avviata nel settembre 2011. Si tratta di uno studio retrospettivo condotto su pazienti adulti. Si proponeva di capire se fattori di rischio non biologici potessero predisporre a specifici disturbi psichiatrici maggiori, come la Schizofrenia, il Disturbo Bipolare o la Depressione. L'obiettivo di partenza- chiariscono De Fazio e Bruni- era quello di identificare dei 'predittori' di rischio indipendenti da quelli genetici".
Consapevoli che "molte delle patologie psichiatriche hanno una ricorrenza familiare, giustificata dalla genetica, niente di certo è stato divulgato, invece, su quanto incidano le condizioni psicosociali e i cosiddetti fattori di rischio 'non biologici' sullo sviluppo delle stesse. Sempre più robuste sono le evidenze presenti in letteratura che enfatizzano questo aspetto- affermano i due medici- ma molte sono ancora le perplessità e le incoerenze emerse dagli studi internazionali sul tema".
La metodologia della ricerca ha previsto "l'utilizzo di una scala semistrutturata che indagasse le esperienze dell'infanzia fino ai 16 anni di età e un'ampia batteria di test psicometrici finalizzati a individuare la stato clinico attuale dei pazienti. Era prevista una valutazione anamnestica molto approfondita e sempre condotta in presenza di uno dei genitori o di una figura di riferimento che fosse a conoscenza di dati inerenti l'infanzia- precisano- in modo da non incorrere in bias di selezione delle informazioni. Dettagli più precisi saranno divulgati, se coerenti con gli obiettivi proposti, dopo la pubblicazione dei risultati della ricerca".
- In base a quello che è emerso, è possibile individuare le possibili strategie di prevenzione da attuare in età adolescenziale per "prevenire" l'emersione in età adulta di problematiche quali la depressione, le psicosi o i disturbi bipolari? "I risultati attuali, frutto di un'elaborazione preliminare dei dati, ci consentono di individuare delle forti correlazioni tra esperienze traumatiche (come abusi fisici) esperite in epoche precoci della vita e i sintomi positivi della Schizofrenia; tra esperienze di neglect e i sintomi depressivi; tra stili di accudimento disfunzionale e sintomi negativi della Schizofrenia", rispondono De Fazio e Bruni.
I dati sono "sicuramente promettenti e verranno nuovamente analizzati quando disporremo di un campione più ampio.
L'importanza dello studio- fanno sapere- risiede proprio nella possibilità di individuare fattori di rischio 'prevenibili' di malattia. Si tratta di preservare l'individuo da esperienze, che in presenza di una maggiore vulnerabilità alla malattia, geneticamente determinata, dovrebbero essere assolutamente evitate o di promuovere specifici stili o metodologie di approccio al bambino o all'adolescente tali da non 'enfatizzare' o slatentizzare la Patologia".
- Quali sono i traumi che in età adolescenziale possono innescare tali rischi? "La tipologia di traumi maggiormente incidenti sullo sviluppo di sintomi psichiatrici sono sicuramente gli abusi fisici e psichici, le esperienze di neglect, l'assenza di figure adulte di riferimento, l'uso di sostanze, l'esperienza di profondi e duraturi sentimenti di solitudine prima dei 16 anni di età, insieme a un vasto gruppo di altre variabili psicosociali. Rientrano tra i fattori di rischio non genetici- sottolineano gli studiosi- anche traumi riferiti al parto e al peripartum, ed alcune complicanze ostetriche (parti difficili o condotti in emergenza, asfissia neonatale, perdite ematiche importanti, infezioni neonatali). Il contesto socio-culturale di appartenenza del bambino pare svolgere un ruolo di primo piano nel determinismo di tali disturbi. Come precedentemente accennato, crescere in un ambiente familiare non supportivo o vivere tra le difficoltà economiche genererebbe un quadro di demoralizzazione fin dall'infanzia. I nostri dati evidenziano una maggiore frequenza di disturbo depressivo maggiore in età adulta in soggetti che hanno sperimentato difficoltà di tipo economico in ambito familiare durante l'infanzia, anche se tali difficoltà non sono presenti al momento dell'esordio del disturbo".
- Quanto incide il contesto familiare, scolastico e socioculturale? "Il contesto socio-culturale di appartenenza del paziente pare svolgere un ruolo di primo piano nel determinismo di tali disturbi. Lo abbiamo appena detto in riferimento agli ambienti familiare non supportivi o alle situazioni di difficoltà economiche".
- Avete parlato di un'analisi dei fattori genetici e sociali, potete darmi maggiori dettagli in merito? "Sappiamo che nell'eziologia della Schizofrenia riveste un ruolo rilevante la componente genetica (ereditarietà stimata intorno all'80%); tuttavia il carico genetico di tale disturbo, come molti nell'ambito psichiatrico, non è prevedibile secondo un approccio genetico classico di tipo mendeliano, ma coinvolge una molteplicità di alterazioni genetiche che agiscono in maniera sinergica tra loro, e comunque non senza il contributo di fattori ambientali concomitanti. Le nostre ricerche- concludono- si focalizzano, appunto, su questi ultimi".
(Wel/ Dire)