Raglio parla dei progetti su Demenza e Disturbi comportamentali
(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 24 nov. - Applicare i principi dell'Evidence based medicine (EBM) all'interno del contesto musicoterapico introducendo rigorosi criteri metodologici e mantenendo la specificità della relazione terapeutica. È questo l'obiettivo di Alfredo Raglio, dottore di ricerca in Scienze biomediche e consulente del dipartimento di Sanità pubblica e medicina sperimentale forense dell'Università di Pavia e della Fondazione Salvatore Maugeri. "Il problema è dare evidenze a quello che si fa- aggiunge il musicoterapeuta- bisogna dimostrare che la musicoterapia è davvero efficace. Da qui l'intento di trasformare il lavoro clinico in lavoro di ricerca, portare la musicoterapia nell'ambito accademico e della ricerca conferendole la scientificità di cui ha bisogno per essere riconosciuta a tutti gli effetti".
Per farlo non è necessario alterare l'ecologia del setting. "Ho realizzato trattamenti musicoterapeutici adottando una metodologia di ricerca attendibile e strutturata attraverso studi randomizzati e controllati. Per verificarne gli effetti- spiega Raglio- in genere si selezionano due gruppi di pazienti omogenei di cui uno, quello di controllo, segue le cure standard e l'altro, quello sperimentale, le cure standard e la musicoterapia. Attraverso questo paradigma è possibile isolare la variabile musicoterapia con la possibilità di porre in relazione ad essa gli eventuali risultati ottenuti nel gruppo sperimentale". Le difficoltà ci sono e vanno "dal numero di pazienti da reclutare con caratteristiche omogenee, alla selezione dei luoghi dove realizzare studi con modalità rigorose e scientificamente fondate per creare reti di collaborazione e dare credibilità all'intervento. Si tratta di un lavoro non semplice di sensibilizzazione verso questa disciplina e l'approccio scientifico".
- Ci fa un esempio? "L'ultimo studio multicentrico sulle Demenze, pubblicato sul Journal of the American Geriatrics Society e promosso dalla Fondazione Sospiro di Cremona in collaborazione con le Università di Pavia e Ferrara, ha coinvolto 120 pazienti con caratteristiche omogenee e clinicamente confrontabili tra loro, afferenti a 9 centri dislocati sul territorio nazionale: non hanno fatto esperienze di musicoterapia o musicali prima e seguivano terapie farmacologiche stabili da almeno un mese prima dell'inizio dello studio e poi durante il trattamento". Questi soggetti sono stati suddivisi in tre sottogruppi in base a diverse tipologie di trattamento: terapia standard, terapia standard più ascolto individualizzato e terapia standard più musicoterapia attiva.
"Migliori risultati- fa sapere Raglio- sono stati riscontrati nell'utilizzo della musicoterapia attiva, che ha diminuito maggiormente i disturbi del comportamento rispetto agli altri due gruppi. Nel terzo gruppo sottoposto alla musicoterapia attiva è migliorata sostanzialmente la relazione e l'interazione con il paziente, sono aumentati i momenti di empatia, di contatto e comunicazione tra paziente e musicoterapeuta".
- Quali sono gli strumenti di valutazione? "Sono essenzialmente scale cliniche- precisa il consulente- nelle Demenze tali scale vanno a valutare il cambiamento della persona sul piano psico-comportamentale, sulla base della riduzione dei disturbi del comportamento che costituiscono uno degli aspetti più invalidanti della malattia oltre quello cognitivo".
- Quali sono gli effetti? "La Musicoterapia dà benefici variabili a seconda della gravità dello stato della malattia e dell'approccio utilizzato. La Demenza è una patologia degenerativa che non ha una soluzione farmacologica- continua Raglio- e la musicoterapia non può essere risolutiva, ma può contribuire a migliorare notevolmente la qualità della vita riducendo i disturbi del comportamento con modalità non invasive e che garantiscono una certa stabilità di risultato. Le valutazioni ai follow-up ci offrono infatti risultati incoraggianti, ma non possiamo pensare che la musicoterapia arrivi a risultati definitivi nella persona. C'è una tendenza alla stabilizzazione e una buona soluzione, nel caso di cronicità o di patologie molto prolungate nel tempo, può essere costituita da cicli di sedute che si ripetono periodicamente".
- Nell'ambito dello spettro autistico la musicoterapia ha dato risultati? "La musicoterapia attiva dà risultati incoraggianti sul versante comunicativo, relazionale e sociale anche rispetto alle sindromi collegate ai Disturbi generalizzati dello sviluppo. Attraverso l'interazione sonoro-musicale nella seduta di musicoterapia si attuano processi di espressione, regolazione emotiva e comportamentale. Anche laddove esistono deficit riconducibili a problematiche regolatorie (come ad esempio nell'ADHD che ha una componente di questa natura) è possibile agire con una certa efficacia- assicura lo studioso- il problema è sempre quello di dare delle evidenze di quello che si fa".
- Ci sono novità anche sul versante neuroscientifico? "Sono molti gli studi sul rapporto musica e neuroscienze- risponde il musicoterapeuta- noi abbiamo realizzato, presso l'Istituto Scientifico di Pavia della Fondazione Maugeri, un primo lavoro di ricerca con neuroimmagini, condotto su 10 soggetti sani a cui, durante la Risonanza Magnetica Funzionale, sono stati proposti stimoli sonoro-musicali tratti da sedute di musicoterapia a cui i soggetti sono stati sottoposti prima dell'esame. Questo lavoro ci ha permesso di vedere, nei frammenti in cui si evidenziava una particolare intensità emotivo-relazionale nell'interazione tra soggetto e musicoterapeuta, l'attivazione della corteccia prefrontale mediale e del precuneo. La prima si attiva in momenti creativi e autobiografici particolarmente significativi in cui la persona esprime qualcosa di sé. Il secondo si attiva in molte situazioni tra cui il coinvolgimento della memoria episodica, di momenti che implicano la capacità di lettura del comportamento dell'altro (Teoria della Mente) e di momenti elaborativi.
L'attivazione di queste aree durante i momenti più significativi delle sedute di musicoterapia ha quindi permesso di correlare l'interazione musicoterapeutica agli aspetti sopra menzionati.
Ciò spiegherebbe in parte il significato e le potenzialità della musicoterapia attiva nell'ambito comunicativo-relazionale evidenziandone le potenzialità terapeutiche." Oltre gli studi in ambito neurologico e musicoterapeutico, Raglio lavora anche sull'ascolto musicale legato agli aspetti tecnologici. È il responsabile di un progetto di ricerca promosso dall'Università di Malaga "dove si è sviluppata un'intelligenza artificiale che compone musica che può essere adattata, manipolata e plasmata al fine di agire più specificamente su alcuni sintomi. Un'applicazione adatta principalmente a un contesto ospedaliero dove, ad esempio, date le difficoltà che si incontrerebbero nell'utilizzo della musicoterapia, troverebbe ampie possibilità applicativa: nella gestione dell'ansia e dello stress che deriva da un intervento chirurgico, nella riduzione della percezione del dolore acuto o persistente, nei disturbi del sonno, etc. L'anno prossimo- conclude- andrà sulla piattaforma dell'Università di Pavia per il crowdfunding un progetto sull'utilizzo dell'ascolto musicale negli ambienti di lavoro volto a contrastare l'ansia e lo stress lavoro-correlati".
(Wel/ Dire)