Hanno diritto a consulenza legale per non essere strumentalizzati
(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 17 nov. - "Spesso agli psicologi manca una formazione deontologica, soprattutto nell'evoluzione del diritto di famiglia che pone al centro la figura del minore ed evita qualsiasi forma di strumentalizzazione". Lo spiega all'agenzia DIRE Barbara Frateiacci, consulente legale dell'Istituto di Ortofonologia (IdO), ricordando che moltissimi provvedimenti disciplinari si aprono su problematiche di tipo deontologico anche se "la legge è molto chiara".
- Cosa le chiedono gli psicologi? "In genere si rivolgono al consulente legale perché hanno molta confusione da un punto di vista deontologico. Nella conflittualità familiare spesso lo psicologo viene usato come figura professionale che rappresenta la parte specialistica per attribuire o meno il collocamento dei minori, che poi sono l'oggetto del contendere. Gli psicologi non sanno se la presa in carico terapeutica possa avvenire su richiesta di uno dei genitori o di entrambi. Questo è un problema deontologico. Mi chiedono 'Posso vedere il bambino se mi ha dato il permesso solo un genitore? Posso sottoporre il bambino a una prima osservazione su richiesta di un solo genitore? Posso effettuare una valutazione psicodiagnostica, con batterie testologiche e altro, solo su richiesta di uno dei due genitori? Quand'anch'io avessi l'autorizzazione di entrambi i genitori, posso rilasciare una relazione a richiesta di uno solo di questi, o addirittura del procuratore, in presenza di un conflitto giudiziario in atto?". Che risposta dà a queste domande? "Lo psicologo non può da un punto di vista deontologico, al pari di un avvocato, trattare con un minore senza l'autorizzazione di entrambi i genitori, a meno che- precisa Frateiacci-, sulla base dei racconti di uno dei due genitori, emerga un disagio talmente tanto profondo che un ritardo terapeutico potrebbe nuocere irreparabilmente il bambino. In questo caso è possibile fare una sola osservazione sul minore accompagnato solo da uno dei genitori. Però- sottolinea il legale- bisognerà dapprima avvisare l'altro genitore. Se questi non risponderà o si rifiuterà di prestare il consenso, allora si potrà effettuare una prima osservazione del bambino su richiesta di uno dei due genitori e, successivamente, richiedere un'utorizzazione al giudice".
- Cosa le chiedono invece i genitori? "La famiglia pensa che rivolgersi a uno psicologo possa essere la chiave di svolta nel conflitto familiare. Possono chiedermi: 'Se vado dallo psicologo e rappresento il disagio che mio figlio ha con l'altro genitore, posso chiedergli una relazione da presentare per averla vinta in un processo?' In questo caso, faccio presente tutti i vulnus che si vengono a creare con tali comportamenti", chiosa l'avvocato. "Se lo psicologo è una persona corretta non può relazionare, perché l'unica relazione che può fare è destinata a entrambi i genitori, deve essere neutrale, imparziale e con al centro sempre il minore. Inoltre, la magistratura considera questa tipologia di relazioni, effettuate perlopiù in ambito privato perché la presa in carico pubblica non avviene senza l'autorizzazione di entrambi i genitori, carta straccia. Non sono uno strumento valido per il processo".
- Cosa devono fare gli psicologi per le certificazioni? "Se lo psicologo è privato non ha potere certificatorio e non può fare diagnosi. Se vede un bambino, che ad esempio può essere una 104 o una 170 (per Dsa o Bes), deve necessariamente inviarlo a una struttura pubblica o accreditata. Una volta fatta la diagnosi, anche se proviene da una struttura accreditata, la certificazione sarà rilasciata dalla Asl- aggiunge Frateiacci- sebbene poi tutta una serie di adempimenti (tra cui Glh, presa in carico e indennità di frequenza) restano in carico al centro accreditato che paradossalmente non ha il potere certificatorio".
- Quali sono da un punto di vista legale i diritti di un bambino? "Prima di parlare di diritti socio-assistenziali dobbiamo ricordare che un minore disabile è in realtà una persona che rimarrà sempre bambina da un punto di vista giuridico. Quindi, anche dopo il compimento della maggior età avrà la tutela riservata al minore e rimarrà affidato e collocato presso uno dei due genitori. Manterrà dunque quegli istituti che invece decadono nei soggetti che compiono la maggiore età da un punto di vista di regolamentazione giuridica. Sul piano socioassistenziale- continua il legale dell'IdO- un bambino disabile ha il diritto intanto ad una indennità di frequenza, che si chiama così perché legata alla durata della frequenza scolastica. A differenza del disabile adulto, il minore percepisce questa indennità solo per i 9 mesi (la durata dell'anno scolastico). In riferimento al sostegno scolastico, inoltre, sono previsti gli strumenti dispensativi e compensativi (in base alla legge 170) che lo esonerano da alcune attività didattiche, e le ore di sostegno con la legge 104. L'assistenza domiciliare si ottiene, infine, facendo domanda alla Asl".
- Gli psicologi hanno il segreto professionale? "Si lo hanno- chiarisce l'avvocato- però qualora nell'ambito del loro esercizio professionale recepiscano notizie di reati o di fattispecie che potrebbero configurare reati (eventi fattuali), sono obbligati al pari dell'autorità sanitaria a darne comunicazione alla Procura della Repubblica. Se ad esempio un bambino elicita dei comportamenti che possano sottendere ad abusi psicologici o sessuali, lo psicologo ha il dovere di darne notizia come se diventasse un'autorità sanitaria. In sintesi, il medico deve darne sempre notizia alla Procura della Repubblica e al Tribunale per minorenni per controllare la genesi ad esempio di un segno che possa far pensare ad un abuso. Lo psicologo invece- conclude Frateiacci- ha un ambito più limitato, perché non gli è chiesto di indagare, deve esserci solo un margine di ragionevole dubbio. Sarà la Procura della Repubblica a dover fare poi un incidente probatorio per capire se l'ipotesi di abuso derivata dai racconti del bambino è frutto della fantasia o della realtà".
(Wel/ Dire)