Panella (Servizio scuola IdO): Aiuta a migliorare 74% autistici
(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 17 nov. - Il lavoro a scuola lascia una traccia in tutti i bambini, anche in quelli autistici. 'Grazie alla continuità didattica delle figure di sostegno e di assistenza educativa culturale all'interno della classe è stato possibile per il 74% dei minori autistici seguiti dal Servizio Scuola del Progetto Tartaruga di riprendere le attività scolastiche, dopo le interruzioni didattiche e terapeutiche (ad esempio in seguito alla pausa estiva o natalizia), con una maggiore disponibilità verso i nuovi apprendimenti'. Intervistato dalla Dire Gianluca Panella, psicologo-psicoterapeuta dell'età evolutiva e responsabile del Servizio Scuola del Progetto Tartaruga dell'Istituto di Ortofonologia (IdO) - un intervento intensivo, integrato e psicodinamico intrapreso dall'Istituto nel 2004, che utilizza mezzi diversi e operatori differenti per rivolgersi nel modo più efficiente possibile al minore, ai suoi genitori e alla scuola -, riporta i dati di una ricerca condotta a Roma nel 2011 sulla ripresa scolastica.
Il campione di bambini esaminati era composto da 53 maschi e 17 femmine, di cui 42 con sintomatologia severa. 'Il questionario è formato da 15 item a risposta strutturata che trattano varie aree, ed è stato compilato dagli insegnanti dopo l'interruzione estiva o natalizia. Interessante è sottolineare che per il 79% degli alunni è stato possibile impostare un lavoro strutturato senza particolari difficoltà- prosegue Panella- tanto che i momenti di chiusura sono diminuiti del 47%, così come le stereotipie (diminuite del 90%), grazie a una maggiore impermeabilità dei bimbi rispetto agli stimoli sociali'.
- Quali sono i diritti dei bambini con difficoltà all'interno del contesto scolastico? 'L'argomento, in questo periodo storico, è molto delicato perché il sistema scolastico sta vivendo un momento difficile sia dal punto di vista organizzativo e gestionale, che dal punto di vista dell'attivazione di risorse specifiche e di strumenti operativi rivolti ai bambini con difficoltà. Tutto questo porta inevitabilmente a un vissuto di confusione e quindi di frustrazione e insoddisfazione- precisa lo psicoterapeuta- che non sempre si riesce a tollerare o arginare. Una prima riflessione è legata alla convenzione internazionale dell'Onu rispetto ai diritti dell'infanzia (1989), in particolar modo riferendomi all'articolo 23 ove si afferma che il disabile ha il diritto alle cure speciali e ad una modalità di istruzione speciale che gli permetteranno nel tempo di crescere a livello psico-socio-cognitivo come gli altri bambini della stessa età (espressione del sé autentico). All'interno della scuola è indispensabile che i bambini portatori di un disagio possano stare in un ambiente sicuro e accogliente, sano ed equilibrato, perché è lì che trascorrono la maggior parte della loro giornata. Per un bambino con difficoltà lo spazio-classe è vitale come lo sono i laboratori appositi che rientrano nel programma educativo individualizzato creato insieme da insegnanti, genitori e struttura sanitaria di riferimento. L'obiettivo- continua Panella- è di favorire la crescita e lo sviluppo delle competenze trasversali per la vita del bambino. L'insegnante, sia curriculare che di sostegno, deve sempre tenere nella mente un progetto mirato per quel tipo di bambino all'interno di una cornice di riferimento di tipo inclusivo e non differenziante. Il diritto del bambino all'accudimento ci sottopone ad un esame di coscienza rispetto ai doveri che ha l'adulto nei confronti dei minori'.
- Quali sono i diritti e i doveri del corpo docente all'interno della scuola? 'La legge 104/92 definisce l'insegnante 'specialista' come un individuo fornito di formazione specifica che ha il diritto ad esercitare la sua professione al meglio all'interno di una condizione 'psico-socio-emotiva' a lui favorevole. 'Entrando nelle scuole di ogni grado, mi confronto di frequente con insegnanti demotivati a causa della mancanza di continuità. Sono confusi rispetto alle modalità di lavoro da adottare con i bambini in difficoltà perché non vi è una reale comprensione del problema e un frame-work condiviso di riferimento. Ne deriva un vissuto di solitudine, ma ancor peggio una dispersione delle competenze dell'insegnante. Un insegnante sufficientemente buono- rimarca il responsabile dell'IdO- ha il dovere di fare quel che è meglio per i bambini e soprattutto di prenderli sul serio: conoscere le tappe dello sviluppo, partecipare a corsi di aggiornamento sulle patologie dell'infanzia e soprattutto alimentare la passione e la propria funzione pedagogica interiore. Ultimamente sto stimolando gli insegnanti curriculari ad esser sempre più responsabili della propria sezione sotto diversi punti di vista, per evitare che possano delegare il bambino con difficoltà esclusivamente alle figure di sostegno e agli assistenti inviati dalle cooperative di zona'.
- Con il bambino disabile dobbiamo necessariamente pensare anche ai suoi genitori, e a come dovrebbero interfacciarsi col mondo scolastico del figlio? 'Credo che la comunicazione e la collaborazione con la famiglia da parte della scuola, sia la chiave di un buon lavoro costruttivo basato sulla fiducia reciproca. I genitori del bambino in difficoltà hanno il diritto di essere a conoscenza dell'ambiente scolastico, dell'orario, degli spostamenti all'interno dell'edificio, nonché delle attività che svolge all'interno e all'esterno della classe. Il programma educativo individualizzato (P.e.i) andrebbe stilato insieme e con la supervisione continua del referente dei glh-operativi della struttura sanitaria che si prende carico del bambino e che ha redatto la diagnosi funzionale. Non è importante comprendere 'cosa' un bambino sa fare, ma il 'come' lo fa- sottolinea lo psicologo- e l'obiettivo è quello di trasformare le sue capacità in competenze consolidate e generalizzabili in autonomia. È nostro compito aiutare i genitori a stimolare la loro collaborazione rispetto ai compiti a casa, all'autonomia del figlio, sia personale che didattica e alla socializzazione con i coetanei, affinché non corra il rischio di isolarsi all'interno delle proprie mura domestiche sclerotizzando anche le parti funzionali che possiede'.
- Cosa ne pensa del ruolo del dirigente scolastico nella gestione del bambino con difficoltà? 'Se proviamo a chiudere momentaneamente gli occhi e a fare un salto nel passato, ognuno di noi serba un ricordo della propria scuola elementare.
Personalmente torno agli anni '80, salgo le scale esterne della mia scuola ed entro in un largo androne. Mi sento piccolissimo. Prima di salire le scale ed entrare nella mia classe, incontro un signore distinto che mi suscita un po' di timore. E' il direttore didattico che al suono della campana aspetta che i suoi bambini entrino in classe. Ci conosce quasi tutti ed è sempre lì ad accogliere noi e i 'suoi' insegnanti. Oggi nella realtà degli istituti comprensivi, i dirigenti scolastici si trovano a gestire diversi livelli di complessità, forse troppi, e la loro impossibilità a presenziare agli incontri di glh-operativi con continuità, rende difficile avere una comprensione chiara e reale delle problematiche specifiche. Nonostante ciò, bisognerebbe proteggere il diritto dei bambini di usufruire di una figura dirigenziale di riferimento costante che si faccia garante dell'efficacia dell'operato del funzionario dei servizi educativi (referente del sostegno) che, a sua volta, deve monitorare e supervisionare il lavoro degli insegnanti'.
- Gli esperti del settore infanzia, neuropsichiatri e psicoterapeuti, ad esempio, come dovrebbero interfacciarsi col mondo scuola? 'Una volta era spesso presente nella scuola la figura dello psicopedagogista che in qualche modo garantiva una sorta di supervisione del lavoro sui bambini, oggi mi risulta un po' difficile confrontarmi con essa. Per prima cosa abbiamo il dovere di formulare una diagnosi accurata del bambino perché se usufruiamo di strumenti conoscitivi inefficaci e non abbiamo una reale comprensione del problema, inevitabilmente l'intervento terapeutico sarà inappropriato. L'IdO lo ha mostrato ampiamente al convegno tenutosi a Roma il 16-17-18 ottobre 2015 (http://ortofonologia.it/?do=115#video)'.
- Come funziona il Servizio scuola dell'IdO? 'È impostato in questo modo: una volta formulata la diagnosi funzionale accurata e completa e aggiunte le indicazioni operative per l'insegnante che prenderà in carico il bambino con difficoltà, si organizzano, compatibilmente con i giorni e gli orari degli insegnanti, 2-3 glh-operativi l'anno con delle osservazioni del comportamento del bambino in classe, quando concesse, per vedere come interagisce con gli adulti e i coetanei. Una volta a settimana, per 4 ore e per tutto l'anno, diamo la possibilità agli insegnanti di contattarci telefonicamente e forniamo indicazioni operative consigliando attività pratiche da somministrare al bambino. Rilasciamo un questionario sulla ripresa scolastica e il test Leiter-R (test progettato per valutare le abilità cognitive non verbali). L'obiettivo del servizio scuola è di favorire il confronto scuola-istituto-famiglia, fornire una visione globale del bambino e della complessità della sua patologia, valutare punti di forza e di debolezza, fare una programmazione mirata e individualizzata, creare un rapporto di fiducia reciproca e sostenere gli insegnanti per far sì che si sentano meno soli dinanzi alla difficoltà- conclude Panella- stimolando la loro autenticità personale in termini di competenze e creatività'.
(Wel/ Dire)