(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 31 mar. - "Lavoro qui dal primo novembre 1990. Presiedo questa comunita' cristiana, un po' originale ma unica. Come ogni comunita' cristiana, anche questa ascolta la parola, celebra l'eucarestia, fa esercizio di carita'. Ogni tanto, poi, mi capita di fare fronte alle esigenze a cui non riescono a sopperire le istituzioni". Don Daniele Simonazzi e' il cappellano dell'Ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia, quella struttura che, per il decreto legge n. 52 del 31 marzo 2014, chiudera' il prossimo 31 marzo.
"Solo due anni fa, qui c'erano oltre 200 internati, oggi sono poco piu' della meta': diciamo che abbiamo gia' visto partire molti dei nostri amici". Tra pochi giorni, infatti, gli internati emiliano-romagnoli saranno in parte presi in carico dal sistema sanitario regionale, in parte trasferiti nelle due strutture temporanee di Casale di Mezzani, alle porte Parma, e di Bologna, presso la 'Casa degli Svizzeri', in attesa dell'attivazione, prevista per il 2017, delle due Rems definitive a Reggio Emilia. Gli internati di altre regioni (35 solo quelli del Veneto) saranno trasferiti in istituti nei territori di provenienza non appena le loro istituzioni daranno la disponibilita' ad accoglierli.
Insomma, don Daniele dal 1 aprile avra' ancora il suo bel da fare: "Resteranno nella struttura le persone non emiliano-romagnole, detenuti con infermita' psichica sopravvenuta durante la carcerazione 'normale' e i detenuti minorati psichici: un'ottantina di persone, con cui andremo avanti. Certo, saremo piu' soli, ma nemmeno il Signore i suoi se li e' tenuti sempre con se'. Credo che il Vangelo non solo debba essere annunciato ai poveri, ma anche dai poveri".
Don Daniele e' convinto della necessita' di chiudere gli Opg: "Sono strutture fatiscenti, nel 70 per cento dei casi le condizioni di vivibilita' sono indescrivibili. Ma tutto dipendera' dalle persone che saranno chiamate a gestire le nuove residenze: anche qui vedo tanti ragazzi che fanno molto piu' di quanto sia loro richiesto e altri che non hanno voglia di lavorare. Diciamo che le premesse ci sono: bisogna sperare nelle capacita' personali degli operatori. Magari potrebbero necessitare di un periodo di rodaggio, per prendere dimestichezza". Il cappellano attribuisce alla politica la colpa di avere preso provvedimenti prima: "Purtroppo siamo sempre stati schiacciati tra un approccio di destra, riassumibile con 'chiudere e buttare la chiave' e uno di sinistra, per l'integrazione a tutti i costi. Entrambi non idonei".
Ma il vero problema, secondo don Daniele, e' il non avere chiesto il parere di chi ha subito violenza per mano di chi e' internato negli Opg: "Le istituzioni non si sono mai poste il problema, ma i miei ragazzi si': sono stati loro a chiedermi 'cosa penseranno le vittime quando sapranno che la struttura chiude? Cosa penseranno quando sapranno che tornero' nella mia regione d'origine?'. I ricoverati si sono rivelati molto piu' saggi degli operatori. Perche' io sono d'accordo con la chiusura degli Opg, ma la decisione avrebbe dovuto essere presa d'accordo con chi ha subito violenza".
(Wel/ Dire)