Dmt è strumento efficace in percorso di cura multidimensionale
(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 31 mar. - "L'aumento e l'allargamento della fascia d'insorgenza dei disturbi legati all''immagine corporea' - etichetta sotto cui si raccolgono i disturbi del comportamento alimentare (Dca) e obesità, rispettivamente al 5% e al 7% dell'intera popolazione - ci invita a una riflessione attenta, disposta a cogliere i tratti distintivi specifici dell'una e dell'altra patologia, ma anche le contiguità e i comun denominatori tra i due opposti disagi". Lo scrive Valeria De Tommasi, danza-movimento terapeuta formata presso Art Therapy Italiana (ATI) di Bologna, laureata in Filosofia e in Psicologia a indirizzo clinico e diplomata in psicoterapia espressiva (Art Psychotherapist) presso il Goldmiths' College dell'Università di Londra.
"Che cosa si intende per 'immagine corporea'? Una figura? Un'immagine o una rappresentazione? E ancora, l'immagine di un albero che ho davanti è dello stesso tipo dell'immagine che ho di me davanti allo specchio? L'immagine di un albero contro cui cerco di addossare la macchina, nel disperato tentativo di trovare un posteggio, è dello stesso tipo dell'immagine dell'albero sotto cui allestisco il pic-nic (dejeuner sur l'erbe) nel parco della mia città? E che dire dell'immagine vivida di un albero che mi appare in sogno? O dell'immagine nitida che ho nel ricordo di quell'albero complice del mio primo bacio? Non c'è che dire- risponde la psicologa- l'immagine in quanto tale, vale a dire in quanto icona, figura esterna oggettivamente percepibile, è inestricabilmente connessa con il modo soggettivo del mio rapportarmi alle cose, partecipa, in definitiva, del mio 'essere-nel-mondo'. Lo stesso dicasi della mia immagine corporea. Ma oltre a partecipare del mio 'essere-nel-mondo', la mia immagine corporea partecipa del mio 'in-essere' in un corpo: il mio, l'unico di cui possa dire 'Io'. E tuttavia il mio corpo stesso- continua De Tommasi- partecipa della relazione che la mia mente istituisce con la realtà materiale (datità) del mio corpo. L'immagine corporea è di fatto questa stessa relazione. Un processo, dunque, dialogo e conflitto, scontro e incontro, estasi ed ecatombe, mutevole e mai definitivo, cangiante e mai completamente afferrabile se non con la fine della mia stessa vita".
Anoressia-bulimia e obesità, insieme alle 'baby-anoressie' e alle obesità infantili, sembrano "i migliori rappresentanti di un disagio della post-modernità contraddistinto da una dissociazione radicale e irresolubile tra mente e corpo. Sia sul versante dei Dca, sia su quello dell'obesità- precisa De Tommasi- c'è un generale mettersi fuori gioco, un rimanere alle soglie di se stessi e della propria vita che spinge ad un'interrogazione: che cosa non ha funzionato?".
Il fatto che l'obesità sia "spesso considerata una patologia cronica e che sembra non vi sia alcun rimedio per le anoressie e le bulimie di lunga data, ci spinge a chiederci se la cronicità non sia piuttosto questione di cronicizzazione, vale a dire se lo zoccolo duro che s'incontra non evidenzi un'insufficienza dell'apparato medico-epistemologico e degli strumenti terapeutici che usiamo- spiega la terapeuta- piuttosto che un disagio congenito o un destino ineluttabile".
Qual è la posta in gioco per questi pazienti? C'è ancora qualcosa per cui valga la pena giocare? Qual è il Sé che questi pazienti esibiscono e può ancora essere riparato, nutrito, costruito? E se non si trattasse della punta di un iceberg che evidenzia in modo macroscopico un disagio collettivo ed epocale legato alla soggettività tout court che la nostra società globale, virtuale e pseudo 'sostenibile' ha prodotto? Come e fino a che punto le terapie espressive, l'uso attivo della creatività e dell'immaginazione, l'area transizionale del gioco possono spingersi nella cura di questi disturbi? E qual è lo specifico del mezzo espressivo con persone che hanno 'scelto' la strada di un'espressione tutta esteriore e concreta, letterale e materiale? Come scrive Winnicott, in Gioco e realtà, "E' l'appercezione creativa, più di ogni altra cosa, che fa sì che l'individuo possa sentire che la vita vale la pena di essere vissuta".
Pur nella "paradossalità di proporre un'esperienza centrata sul corpo, e sulle sensazioni che da questo provengono, a coloro che volentieri farebbero a meno del corpo e della sua imprevedibile espressività, la Danza-Movimento Terapia (DMT) si mostra uno strumento efficace ed essenziale all'interno di un percorso di cura multidimensionale. Quale anello di congiunzione tra fisico e psichico, il movimento è in grado di riattivare la curiosità verso di sé e il dialogo interno tra sensazioni, emozioni e pensieri, verso la costruzione di uno spazio psichico che consenta di contenere e di gestire anziché svuotare e controllare o riempire e svalutare. Partendo dall'assunto dei Dca e dell'obesità come disturbi dell'immagine corporea, è necessario indagare- sottolinea De Tommasi- il concetto di 'immagine' alla luce dei suoi elementi costitutivi: Spazio e Tempo, quali condizioni di possibilità di ogni rappresentazione".
La considerazione dello spazio esterno "come riflesso ('proiezione' in senso geometrico) dello spazio psichico interno, e del tempo quale principio ordinatore che organizza e dà forma al materiale che proviene dai sensi (alla percezione di sé) sposta l'attenzione dal piano dell'immagine corporea, come figura vista allo specchio, al piano psichico della relazione, mutevole e mai definitiva, che si istituisce tra mente e corpo per ognuno di noi, nel corso della vita intera. Il vertice di osservazione prescelto (spazio e tempo) e lo strumento terapeutico suggerito, la Danza-Movimento Terapia, invitano a vedere l'obesità come un caso particolare dei Dca e a sussumere ambedue sotto l'etichetta 'disturbi dello Spazio-Tempo' o disturbi legati al sentimento del limite- conclude la terapeuta- sollecitando percorsi di teoria e di prassi che colgano al di là del peso e del cibo il dolore e la fame di esserci".
Valeria De Tommasi è anche esperta in 'Pronto Soccorso Emozionale per genitori e neonati in crisi dopo la nascita', secondo il modello di Eva Reich, Silja Wendelstadt e Thomas Harms (http://www.zepp-bremen.de/). Dal 1997 al 2007 si è formata accanto al gruppo di Formazione e Ricerca Psicoanalitica guidato dal professore Armando Ferrari, membro dell'IPA e didatta della SPI.
Dal 2004 al 2013 ha lavorato come danza-movimento terapeuta presso la comunità per il trattamento dei Dca e dell'obesità 'Villa Pia' di Guidonia. Con un gruppo di psicologi dell'Accademia di psicoterapia della Famiglia ha portato avanti un progetto di prevenzione dei disturbi alimentari nelle scuole medie inferiori e superiori, centrato su musica, arte, danza e parola.
(Wel/ Dire)