(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 24 mar. - Vista la diffusione di problemi alimentari nello spettro autistico, David Vagni ha intervistato sul portale spazioasperger.it Luigi Mazzone, neuropsichiatra infantile dell´Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma, che oltre a lavorare attivamente nel campo dell´Autismo, sta conducendo una ricerca sulla selettività alimentare nei bambini.
SEMBRA CHE MOLTI BAMBINI NELLO SPETTRO AUTISTICO SOFFRANO DI PROBLEMI DEL TRATTO DIGERENTE (REFLUSSO GASTROESOFAGEO, CELIACHIA, INTOLLERANZE, IRRITABILITÀ), DA UN PUNTO DI VISTA CLINICO SONO COLLEGATE LE DUE COSE? 'L´autismo è primariamente una condizione neuropsichiatrica ed è quindi li che bisogna concentrare l´attenzione quando si parla di terapie per l´autismo, questo non esclude che specifiche persone non abbiano anche altri problemi medici, ma sono secondari rispetto alla condizione principale. Sono stati fatti diversi studi che correlano la celiachia o altri problemi relativi al tratto digerente e l´autismo. In primo luogo- spiega Mazzone- il fatto che siano correlate non significa né che abbiano obbligatoriamente la stessa origine né che debbano essere considerate come un tutt´uno. In secondo luogo questi studi hanno ottenuto una variabilità di dati molto ampia e spesso contrastante e finora c´è stata una scarsa replicazione dei risultati'.
QUAL È QUINDI L´EFFETTO DELL´ALIMENTAZIONE SU UN BAMBINO NELLO SPETTRO AUTISTICO? 'Un´alimentazione corretta rispetto alle esigenze individuali, non nello specifico dello spettro autistico, ma in generale, porta benefici. Questi benefici poi possono ovviamente migliorare il comportamento. Tuttavia- precisa il neuropsichiatra- ciò non avviene perché si sta curando l´autismo, ma perché le persone affette da una sofferenza cronica, comunemente sono più irritabili o presentano tratti (non diagnosi cliniche) depressivi. Questo ovviamente su un bambino che di per sé ha problemi di comunicazione sociale si ripercuote attraverso una maggiore presentazione di comportamenti problematici. Scusatemi se mi ripeto, i vantaggi di una dieta corretta sono, in generale, per chi soffre di problemi digestivi e derivano semplicemente dalla riduzione della sensazione del disagio. Un bambino che non soffre spesso sarà più tranquillo e socialmente comunicativo, ma questo vale per tutti'.
QUINDI COSA POSSIAMO CONSIGLIARE AI GENITORI? HA SENSO FARE DEGLI SCREENING DI 'ROUTINE'? 'No- risponde il medico- già l´impatto emotivo e la spesa necessaria per fare terapia ad un bambino nello spettro autistico è alta, analisi approfondite in questo senso aggiungerebbero ulteriori costi e stress, non solo sulla famiglia, ma anche sul bambino stesso. Solo nel caso in cui ci siano sintomi di problemi gastrointestinali importanti, come per qualsiasi altro bambino, è bene consultarsi con il pediatra e decidere il da farsi. Nel caso di semplice irritazione o stitichezza è bene prima verificare se sia un problema di selettività alimentare'.
CI PARLI DELLA SELETTIVITÀ ALIMENTARE, È UN COMPORTAMENTO DIFFUSO? 'Il nostro gruppo sta svolgendo uno studio specifico sulla selettività alimentare e posso dire che è un problema diffuso, si arriva fino al 70% dei bambini nello spettro autistico. Tuttavia mentre questo comportamento deriva da caratteristiche psichiatriche proprie dell´autismo, nella maggioranza dei casi problemi come l´irritabilità intestinale, la stitichezza e lo sviluppo di intolleranze sono effetto e non causa di un´alimentazione non equilibrata'.
E´ POSSIBILE DISTINGUERE QUANDO UN BAMBINO NON MANGIA UN DATO CIBO PER MOTIVI DI ORDINE PSICHIATRICO E QUANDO INVECE AD ESEMPIO IL CIBO STESSO GLI PROVOCA UN MALESSERE FISICO (AD ESEMPIO UN BAMBINO POTREBBE RIFIUTARSI DI MANGIARE AGRUMI PERCHÉ GLI PROVOCANO ACIDITÀ, ETC..)? 'Ripeto che è possibile che alcuni bambini affetti da autismo possano manifestare intolleranze con conseguenze sul benessere psico-fisico, e nel caso si sospettasse una di queste associazioni è comunque giusto eseguire approfondimenti (ma ripeto come in qualsiasi altro bambino), tuttavia sottolineo nuovamente che non ha senso associare tali problematiche con l´eziopatogenesi dell´autismo che rimane un disturbo di origine neuropsichiatrica. Comunque per rispondere alla domanda la possibilità che un bambino autistico elimini dalla dieta o addirittura non introduca 'ex novo' un determinato alimento secondo me è spiegabile più con un discorso di alterazioni della responsività sensoriale che con alcune intolleranze ad hoc per alcuni alimenti'.
QUANDO SI PUÒ PARLARE DI SELETTIVITÀ ALIMENTARE? DOVE POSSIAMO STABILIRE UNO SPARTIACQUE TRA LA NORMALE RITROSIA DI MOLTI BAMBINI VERSO ALCUNI CIBI E UNA PRESENTAZIONE CLINICA DEL PROBLEMA? 'In realtà- continua il medico- non esiste ancora una definizione coerente di selettività alimentare, di solito tale terminologia viene utilizzata per riferirci alla difficoltà nel mangiare, al frequente rifiuto del cibo, ai limitati repertori alimentari e ai consumi selezionati di determinate categorie di alimenti. La mancanza di una definizione standard limita l'abilità di valutare i bambini attraverso le popolazioni. Tuttavia, recentemente nel 2010 su Journal of Pediatrics Bandini e collaboratori hanno elaborato una definizione di selettività alimentare basata sulla loro personale esperienza clinica in modo da pilotare gli studi sulla selettività; essi definiscono selettività alimentare un insieme composto da tre diversi settori: 1) rifiuto del cibo e percentuale di alimenti offerti che il bambino rifiuta; 2) limitato repertorio alimentare, cioè singoli alimenti consumati nell'arco dei 3 giorni; 3) alto consumo di un singolo alimento, cioè quando un alimento viene consumato 4-5 volte al giorno. Lo studio portato avanti da Bandini e coll., sulla comparazione degli indici di selettività alimentare tra i bambini ASDs e i bambini con sviluppo normale, è stato realizzato attraverso un questionario sulle abitudini alimentari dei bambini svolto nell'arco di 3 giorni, su un campione di 53 bambini ASDs e 58 con sviluppo tipico di età compresa tra i 3 e gli 11 anni. I risultati dello studio ci dicono che i bambini ASDs hanno rifiutato più cibi ed in percentuale maggiore rispetto agli alimenti offerti dall'adulto; il consumo frequente di un singolo cibo è stato riscontrato in minima parte da entrambi i gruppi; e per finire i genitori dei bambini affetti hanno registrato che i loro figli hanno mangiato meno tipi di cibo nel giro dei tre giorni rispetto al gruppo dei bambini con sviluppo tipico'.
QUALI CARATTERISTICHE DELL´AUTISMO CAUSANO LA SELETTIVITÀ ALIMENTARE? 'Il bisogno di uguaglianza può facilmente provocare problemi durante la presentazione di cibi nuovi. Molti bambini inoltre hanno una spiccata ipersensibilità sensoriale e l´atto del mangiare coinvolge tutti i sensi: la forma, il colore, la consistenza, il gusto, l´odore, il rumore sono tutti fattori che possono determinare le preferenze del bambino'.
CI PUÒ FARE QUALCHE ESEMPIO? 'Alcuni bambini mangiano cibi solo liquidi e per introdurre dei cibi solidi i genitori dovranno 'combattere' per mesi se non anni, altri bambini escludono alcuni sapori o addirittura alcuni colori. Nella mia esperienza mi è capitato di seguire bambini che mangiavano determinati alimenti anche in base alla marca che li distribuiva'.
COME PENSA CI SI DOVREBBE MUOVERE DA UN PUNTO DI VISTA ISTITUZIONALE PER RISOLVERE I PROBLEMI DI SELETTIVITÀ ALIMENTARE? 'Penso sia importante formare terapisti esperti di nutrizione e specializzati nel trattamento e riabilitazione alimentare per i bambini nello spettro autistico che possano lavorare di concerto con gli altri terapisti, neuropsichiatri e psicologi. Penso che se si voglia veramente affrontare il problema del trattamento nell´autismo nella sua interezza un attenzione anche a questo aspetto è fondamentale, anzi ritengo che risolvere tale punto per alcuni casi sia anche precedente ad alcune terapie. Non possiamo pensare di avere un bambino sereno la mattina a scuola o nel setting di terapia nel centro di riabilitazione il pomeriggio- conclude Mazzone- se la sua colazione o il suo pranzo non sono stati adeguatamente equilibrati'.
(Wel/ Dire)