Mamma ho mal di 'scuola'!
Articolo di Ilaria Arzenton, psicologa dello sviluppo e formatrice, su superkidsout.it
(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 10 mar. - Il passaggio dalla scuola dell'infanzia alla scuola primaria rappresenta sicuramente un cambiamento di abitudini e l'avvento di nuovi compiti e responsabilità per un bambino; tali elementi sono spesso fonte di stimolo e gioia per gli alunni che hanno modo di relazionarsi con nuovi pari e figure di riferimento adulte che li faranno sentire competenti e "abili". Ma non è tutto oro quel che luccica e purtroppo a volte accade esattamente il contrario di ciò.
Nella mia attività professionale vedo spesso genitori molto preoccupati perché i loro figli rifiutano di andare a scuola il mattino e/o di svolgere i compiti per casa lamentando sintomi somatici, piangendo, implorando i genitori di tenerli a casa, dicendo che insegnanti e compagni non li apprezzano e che non sono "bravi" fino ad arrivare a veri e propri episodi di vomito mattutino.
Sebbene la fobia scolastica non sia contemplata come disturbo emotivo a sé nei manuali diagnostici essa è uno dei risvolti d'ansia più frequenti in età scolare; i sintomi salienti sono agitazione, paura, pianto fino al vero e proprio panico. Il soggetto può lamentare disturbi somatici come dolori addominali, vertigini, mal di testa, tremori, palpitazioni, nausea, diarrea ecc. Quando l'ansia è presente sin dalla sera prima si possono presentare incubi e risvegli notturni, talvolta accompagnati da enuresi.
La paura della scuola può essere correlata ad un disturbo d'ansia di separazione dai genitori e/o una fobia sociale.
Altri aspetti collegati a tale disturbo sono l'ansia da prestazione nel momento di un compito-interrogazione, bassa autostima, difficoltà di apprendimento e attenzione fino ad arrivare ai Disturbi Specifici d'Apprendimento (situazioni in cui il bambino può avvertire un senso di fallimento e incapacità se non adeguatamente supportato.
Ma quali fattori possono predisporre un bambino ad incorrere in tale problematica? Sicuramente eventi vi vita stressanti, relazioni conflittuali in famiglia, difficoltà di relazione sociale e poca sicurezza in se stessi ma talvolta le difficoltà emergono anche a causa di dinamiche di relazione che si creano nel gruppo classe e si protraggono nel tempo senza essere risolte.
Esistono però dei fattori di protezione verso tale disturbo emotivo e il più importante è lo stile educativo di coloro che sono a stretto contatto con il bambino, insegnanti a scuola e genitori a casa.
Sia i genitori che gli insegnanti dovrebbero sostenere emotivamente il bambino, lodarlo di frequente per i piccoli successi, evitare critiche esagerate per i fallimenti, soprattutto rivolte alla sua "persona" piuttosto che al compito, ragionare insieme a lui sulle cause degli insuccessi spronandolo a trovare insieme delle modalità di risoluzione.
Gli insegnanti in particolare potrebbero utilizzare l'elemento gruppo per far sentire il bambino meno in ansia e in questo modo anche i legami tra bambini si rinforzerebbero. Delle attività interessanti potrebbero basarsi sulle emozioni, sul riconoscimento e gestione delle proprie preoccupazioni, sulla conoscenza e relazione positiva verso i pari.
Una figura che potrebbe anzi dovrebbe sostenere gli insegnanti in tale lavoro è lo Psicologo Scolastico che purtroppo non è ancora previsto dalla legge in ogni Istituto.
In ogni caso se un bambino presenta tale tipo di difficoltà, individuata da un esperto, ha diritto a un piano didattico personalizzato temporaneo che ne tenga conto come è previsto dalla normativa scolastica vigente sui Bisogni Educativi Speciali.
In conclusione una frase di Bernhard Bueb non potrebbe essere più indicata: "Nessun bambino è perduto se ha un insegnante che crede in lui".
(Wel/ Dire)
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