(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 10 mar. - "La cultura dell'adozione, così come nella società, anche all'interno della scuola è per molti versi all'inizio e c'è ancora molto da fare. Gli insegnanti dovrebbero essere più formati su come trattare le diversità e la complessità delle esperienze dei bambini adottati". Un giudizio frutto del dialogo con genitori ed operatori, quello di Paola Terrile, psicologa analista diplomata al Carl Gustav Jung Institut di Zurigo e socia del Centro italiano di psicologia analitica (Cipa), nonché esperta nel campo delle adozioni internazionali.
"Nel mondo della scuola esistono realtà oltremodo differenziate, per renderle più omogenee andrebbe fatto un lavoro di formazione guidata- continua la terapeuta- una formazione che oggi è affidata soprattutto alla buona volontà degli insegnanti, in alcuni casi molto preparati a lavorare in una realtà multietnica".
In alcune classi, invece, "ancora si chiede agli alunni di portare oggetti relativi alla loro primissima infanzia, pur sapendo che in classe c'è un allievo adottato e arrivato in Italia a 3 anni di età". Nonostante ciò, negli ultimi anni Terrile percepisce un miglioramento nell'attenzione dell'istituzione verso i bimbi adottati: "Le famiglie si pongono come interlocutori attivi e trovano negli insegnanti e nei dirigenti più attenzione sul tema".
Ci sono bambini adottati che vanno aiutati nell'inserimento scolastico e altri, anche arrivati in famiglia già in età scolare, che si inseriscono rapidamente e senza problemi nella classe di livello: "È un panorama di situazioni molto differenziato : l'insegnante non dovrebbe avere pregiudizi- rimarca l'esperta- ma osservare se l'alunno nel corso del primo anno manifesta un bisogno di aiuto. In alcune scuole viene proposto agli alunni adottati il mediatore culturale, che secondo me non è necessario. L'aiuto linguistico è giusto, ma non con un mediatore che parla all'allievo nella sua lingua d'origine. Il bambino deve essere piuttosto assecondato nella spinta ad apprendere la lingua del Paese di adozione, veicolo di comunicazione e aiuto fondamentale per sentirsi meno diverso dai coetanei".
Anche per quanto riguarda l'approccio ad eventuali Disturbi specifici dell'apprendimento (Dsa) è "importante procedere per gradi, con uno sguardo soprattutto preventivo. È normale che un bambino arrivato da sei mesi abbia difficoltà con le doppie- spiega Terrile- diamogli il tempo di imparare la lingua e poi valutiamo. I problemi di apprendimento in questi bambini possono dipendere in una prima fase anche da ingorghi affettivi, perché il minore avverte su di sé un eccesso di richieste a vari livelli. Alcuni bimbi hanno bisogno di tempi più lenti e di programmi ad hoc, per poi recuperare pian piano. Valutiamo bene situazione per situazione senza farci prendere dalla fretta della diagnosi- conclude- ho visto molte situazioni risolversi da sole, perché le problematiche erano legate a una fase di ambientamento e a difficoltà emotive. Per fare un esempio, in presenza di lievi ritardi nel linguaggio non bisogna aver fretta di sottoporre a consulenza logopedistica bambini giunti in famiglia da meno di un anno".
(Wel/ Dire)