(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 26 mag. - C'è chi lo evita perche' lo ritiene troppo nazionalpopolare; chi ha ritirato la propria iscrizione visto che e' tutto un mare di cavolate, chi non ha tempo da perdere. Mi e' capitato di citarlo, come fonte, in un gruppo di impegnati cooperatori che mi hanno preso in girofino alla fine della riunione. Eppure. L'altro giorno Valerio ha pubblicato un messaggio sulla sua bacheca Facebook. Due righe molto semplici, che non posso riportare per esteso, ma di cui riassumo il senso: che grande cosa stare bene qui, nella mia casa, semplicemente vivendo. Ho tutto: le mie figlie, i miei libri, il mio gel da barba. Sono rimasto incantato dalle sue espressioni cosi' minimali, da far invidia a Gozzano. Signora Liberta', signorina Fantasia. Mi sono immaginato Valerio, davanti allo specchio, che si rade; a un tratto si ferma, inclinando il viso: appoggia il bilama sul lavandino e, senza pensarci, afferra lo smartphone e condivide il pensiero positivo e folgorante che l'ha attraversato. Cosa volere di piu'? Valerio qualche anno fa era, senza retorica, un'altra persona: psicofarmaci, alcol, depressione, due tentati suicidi. Vista l'eta' in cui si erano rivelati i problemi, e la loro complessita', il servizio alcologia e la psichiatria disperavano di riuscire ad arrivarne a capo. Poi si e' scelto insieme di puntare su una comunita': ed e' li' che e' rimasto - fermo e saldo - per tre anni. Ha concluso positivamente il suo percorso ormai due anni e mezzo fa. Da allora, a cinquant'anni suonati: un lavoro in proprio, una casa come tante; vita normale, appunto. E Facebook.
Il claim del social network recita: "Facebook ti aiuta a connetterti e rimanere in contatto con le persone della tua vita". Tutti noi utenti di Fb abbiamo sperimentato quell'effetto Carramba che sorpresa rincontrando virtualmente il compagno di scuola, l'ex fidanzatino o l'amico che ha cambiato continente una vita fa. Ecco, per qualcuno invece funziona proprio al contrario. Le persone come Valerio, infatti, non hanno molti fili del passato che intendono conservare; ricominciano praticamente daccapo e su Fb, infatti, ci trovi tutta la loro nuova vita. Gli amici vengono selezionati, del passato non c'e' praticamente traccia, se non nelle vecchie foto di un'infanzia sfuocata e in bianco e nero. Facebook, infatti, ti da' l'opportunita' di cambiare pagina, di ripresentarsi nuovi di zecca, offrire il meglio di se', cioe' solo quello che ha oltrepassato con successo il vaglio e la fornace di trentasei mesi di vita comunitaria, gomito a gomito con gli altri, faccia a faccia con i propri limiti e i propri errori.
Facebook, nella sua leggerezza e vacuita', diventa cosi' uno strumento di emancipazione, di conferma di se', di socialita' rinnovata. Non e' difficile immaginare le sensazioni di Valerio quando, dopo la volontaria reclusione nello strettissimo giro della comunita', dopo i primi nuovi passi nel mondo del lavoro, ha mollato completamente gli ormeggi e si e' ripresentato alla vita sociale; l'iscrizione a Facebook, in fondo, e' stata la rappresentazione virtuale di quel nuovo debutto: un mare aperto in cui navigare con pochissimi punti di riferimento, la gran parte dei quali radicati e custoditi nel proprio mondo interiore.
Di fronte al post di Valerio non ho potuto resistere e l'ho commentato, ringraziandolo per le sue parole. Ha commentato a sua volta, ringraziandoci per quello che in comunita' abbiamo fatto per lui, ma riconoscendo - com'e' giusto che sia - che il merito del cambiamento e' stato, al 90%, suo. Ora che e' fuori dal circuito della riabilitazione, e' solo uno degli 1,3 miliardi di utenti che affollano le pagine del social network. Uno come tanti.
(Wel/ Dire)