Vittima o eroe, atteggiamenti del tossicodipendente
L'intervista a Grenci, psicoterapeuta de 'Il Centro Onlus'
(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 26 mag. - Non esiste un identikit del tossicodipendente da un punto di vista psicologico, una personalità tipo, ma è possibile rintracciare due atteggiamenti: quello della vittima e quello dell'eroe. A tratteggiarli è Vincenzo Grenci, psicoterapeuta di formazione junghiana, che lavora da 13 anni a Roma nel Centro permanente di prevenzione alle tossicodipendenze 'Il Centro Onlus'.
"La vittima è contrassegnata da depressione e manipolazione, incolpa la situazione che l'ha portata a drogarsi (è vittima dei genitori, della società, della droga). L'eroe spavaldo si trova perlopiù tra i cocainomani, è colui che dice: 'La vita è andata così, è giusto che sia andata così ed io ho fatto quello che ho potuto ma poi ho reagito. Sbagliate sono le regole della società'. Queste ultime persone, in genere, associano alla tossicodipendenza anche la devianza sociale. In particolare- chiarisce il terapeuta- parliamo di rapinatori, spacciatori, narcotrafficanti con alle spalle spesso genitori con le stesse problematiche".
- Quali sono i principali aspetti da tenere in considerazione sui tossicodipendenti? "Ne mettiamo a fuoco tre: un'area rimossa che riguarda la complessualità familiare (le relazioni con genitori, figli e coniugi); il gioco complice e spesso cosciente con la morte; l'effetto che la sostanza ha sul soggetto (che lo porta a rinunciare a costruire un progetto di sé). La droga- spiega il terapeuta- è per il tossicodipendente una forza talmente potente che fa passare il resto (relazioni e morte) in secondo piano".
Grenci ha parlato della frustrazione della figura dello psicologo che opera nel settore delle tossicodipendenze in occasione dell'ultimo incontro promosso dall'Arpa il 23 maggio a Roma: "Oltre alle frustrazioni burocratiche, perché a livello nazionale i tossicodipendenti sono le ultime persone nella classificazione del sistema di cura, dobbiamo dire che a livello pratico è difficile far stare in analisi e terapia un tossicodipendente. Da qui si genera una frustrazione professionale, perché il terapeuta si sente impotente di fronte a una persona totalmente asservita alla droga. Finisce per perdere le fantasie di poterlo guarire. Il paziente non potrà gratificarlo sulla sua capacità di alleviare la sofferenza psichica che vive. Ma in questo senso- precisa lo psicoterapeuta- la tossicodipendenza è una scuola di frustrazione, perché ci aiuta a ridimensionarci nel nostro furor curandi".
- Sono curabili i tossicodipendenti? "Sì- afferma- ma bisogna mostrar loro nuove possibilità".
- Con quali terapie? "Nella nostra comunità, che accoglie pazienti drug free provenienti nel 90% dei casi dal carcere, la terapia prevede vita comunitaria e psicoterapia individuale e di gruppo: una clausura, rappresentata dalla comunità terapeutica che offre una protezione per farli smettere, a cui affiancare una psicoterapia che dia loro una nuova speranza. Con un'analisi dei sogni è poi possibile aiutarli a scoprire il loro mondo interno. Nella prima fase di disintossicazione i loro sogni ricorrenti sono il farsi, il rincorrere lo spacciatore o lo sfuggire dalla polizia".
- Si può uscire dalla tossicodipendenza? "Le percentuali sono basse. Un 10% smette, il resto interrompe o riprende la terapia. In sostanza, più è alta l'età più aumentano le probabilità che smettano di drogarsi. I giovani invece rimangono maggiormente ingabbiati nelle droghe e lasciano più facilmente la terapia. È questo ovviamente è frustrante".
- Qual è il rapporto uomini e donne nella tossicodipendenza? "Nella mia esperienza ho visto pochissime donne. Anche nella comunità il rapporto con gli uomini è di 1 a 10, a volte di 0 a 10. Le donne- ipotizza Grenci- sono meno e guariscono meglio da sole, forse perchè psicologicamente hanno più risorse per uscirne".
(Wel/ Dire)
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