Variazione della Sandplay therapy, migliaia i volontari
(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 19 mag. - Esiste una variazione minimalista della Sandplay therapy, la terapia del gioco della sabbia, pensata in situazioni di grande vulnerabilità dove normalmente la psicoterapia non arriva. Si chiama Sandwork espressivo, un metodo per bambini che consiste in interventi psicosociali di gruppo in aree disagiate.
"Siamo esseri sociali e abbiamo bisogno l'uno dell'altro per il nostro equilibrio psichico. La psiche c'è anche fra gli individui, nella relazione, ed è un legame invisibile sin dalla nascita. Questo legame tra le persone ha permesso che nascesse il Sandwork espressivo, il metodo della sabbia dove alcune persone si occupano di altre. Nel mondo ci sono migliaia di volontari Sandwork in contesti disagiati: dagli orfanotrofi in Cina, dopo il terremoto, agli slammers (prigioni) in Sud Africa; dai Barrios in Sud America alle periferie di Bogotà in Colombia". Lo racconta Eva Pattis Zoja, analista junghiana dell'infanzia e fondatrice della International association of expressive sandwork (Iaes), al convegno dell'Istituto di Ortofonologia a Roma il 16 e 17 ottobre sulla 'Sandplay therapy. Il gioco e le immagini nella psicologia analitica'.
In Colombia è iniziato un progetto di Sandwork nel 2008, ospitato da un prete cattolico che porta avanti negoziazioni di pace tra i guerriglieri e lo Stato. "Il conflitto in Colombia dura da 50 anni e ha portato in fuga 2 milioni di persone vittime di povertà e criminalità. Una cultura della violenza che è entrata capillarmente nelle famiglie-afferma la terapeuta- ed è penetrata nelle zone rurali e in città". La periferia Nord di Bogotà è stata coinvolta nel progetto Sandwork "nel 2010, poi interrotto e ripreso nel 2013 con bambini terrorizzati dai possibili nemici dei padri".
LE BASI TEORICHE DEL SANDWORK - "La psiche ha una tendenza all'autoregolazione, produce autonomamente immagini e processi di immagine per compensare lo squilibrio che c'è tra conscio e inconscio. Lo dice Jung ed è il pensiero guida del lavoro del Sandwork. Noi esseri umani- continua a spiegare Pattis Zoja- abbiamo bisogno degli altri e l'autoregolazione si inserisce sempre nella relazione". Infatti il Sandwork si "fa solo in gruppo, che funge da contenitore". Cosa significa il gruppo per il bambino? "Un bambino pieno di paure e traumi può nella prima seduta stare nel gruppo e non fare niente. Un bambino inibito può solo guardare e avere il suo tempo per entrare nel lavoro. Il gruppo diventa per lui un luogo sicuro, elemento fondamentale per la terapia del trauma. In Colombia è tutta la comunità ad essere ferita- rivela la psicoterapeuta- e il superamento di questi traumi avviene più facilmente in gruppo".
IL SETTING DI GRUPPO - I giochi sono a terra al centro della stanza, ordinati per categorie, e tutto intorno le sabbiere. I bambini giocano con le loro sabbiere sempre con lo stesso adulto, almeno per 12 sedute. "È tutto minimalista, anche le sabbiere sono più piccole (40x60). Si possono trovare al supermercato ed è tutto molto pratico. In Colombia- fa sapere la fondatrice dell'Iaes- abbiamo progetti in 3 città con 180 volontari impegnati dal 2008. Si lavora in silenzio e non c'è interazione tra i bambini". Quindi i presupposti del setting sono "silenzio, volontari sempre presenti e genitori che non devono vedere le sabbie". I giochi variano a seconda delle culture dei diversi Paesi.
CHI È IL VOLONTARIO - Il volontario non ha una formazione psicologica o sui simboli. "Gli viene insegnato a essere empaticamente presente, osservando il bambino mentre fa la sabbia e gioca. Dovrà prendere degli appunti anche su ciò che gli accade internamente. Si tratta di emozioni forti: tristezza, paura, distrazione, stanchezza. Tutte percezioni fisiche che non sempre il volontario collega al gioco. Noi- precisa Pattis Zoja- gli insegniamo come sostenere queste emozioni senza doverle sempre comprendere. Ci sono dei gruppi di supporto, ma non li definiamo di supervisione". Il volontario "ascolta, accetta, accoglie. Questo è il suo compito. Capiscono dalle emozioni più che attraverso la cognizione. Fotografano le sabbie e alla fine scrivono un report".
IL SANDWORK E LA TEORIA DELL'ATTACCAMENTO - "Il bambino può recuperare un aspetto simbolico dell'attaccamento se si confronta sempre con lo stesso volontario. Infatti- ricorda la fondatrice Iaes- se l'adulto si ammala il bambino non gioca. Il volontario non viene mai sostituito. Questo è un processo necessario per recuperare la relazione primaria, uno a uno. I volontari non intervengono, non chiedono, sono lì come osservatori silenziosi ed emotivamente presenti".
CON LE SABBIE SI RECUPERA L'ATTACCAMENTO PRIMARIO - Il processo simbolico può cambiare gli stili di attaccamento. "Una relazione primaria può essere creata prima con il gioco simbolico, rappresentata nella sabbia simbolicamente, e poi sperimentata concretamente. Il cervello è un organo simbolico- spiega l'analista junghiana- e noi abbiamo non solo la possibilità di recuperare la relazione con una persona vera, ma anche a livello simbolico con il gioco, giocando relazione". Questo processo "crea dei modelli interiori di relazione che dopo possono essere espressi e realizzati nel mondo con delle persone vere. In sostanza- ripete Pattis Zoja- quello che prima uno ha giocato nella sabbia dopo lo ha disponibile come possibilità/capacità di relazione anche nel mondo fuori. Ad esempio, i bambini con attaccamento evitante inizialmente non gradiscono l'adulto presente. Li vedremo giocare di schiena- aggiunge- nel tempo poi recupereranno un modello di fiducia verso l'adulto, che li aiuterà proprio con la sua presenza a creare un attaccamento simbolico".
COS'È IL TRAUMA? - "Il trauma è un evento che ha superato la capacità della psiche di leggerlo ed elaborarlo. La psiche reagisce, per non essere ulteriormente ferita, con l'apatia e il congelamento emotivo. Lo sviluppo, nel caso del bambino, non va avanti se l'evento traumatico non diventa passato". Per affrontare i traumi sono emersi progetti Sandwork anche in Europa: "In Italia, dopo il terremoto dell'Emilia Romagna, o ancora negli orfanotrofi in Romania e ora in Germania. In ogni caso- conclude la terapeuta- i project leader dei vari progetti sparsi nel mondo hanno a loro volta formato dei volontari, divenuti trainer di nuovi volontari".
Pattis Zoja ha scritto il testo 'Curare con la sabbia. Una proposta terapeutica in situazioni di abbandono e violenza'. Casa editrice Moretti & Vitali.
(Wel/ Dire )