Binetti: Oggi minori vivono un mondo virtuale senza rischi reali
(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 19 mag. - La paura è qualcosa che prende forma a seconda delle situazioni e delle circostanze o è radicata nel cuore dell'uomo? Parte da questo interrogativo Paola Binetti, neuropsichiatra infantile e docente dell'Università Campus Bio-Medico di Roma, per riflettere sulle paure vissute nell'infanzia a 15 anni di distanza dal suo libro 'HO PAURA. Che cosa spaventa i bambini: un modo per conoscere e capire le loro paure' (Magi Edizioni).
"Il tema fondamentale della paura è il timore di non essere in grado di affrontare da solo una determinata situazione, la paura di non essere all'altezza della situazione-", chiarisce Binetti. Si tratta di "un'insicurezza che affonda le sue radici nell'ansia di separazione dalla madre, a cui ogni bambino è legato da un rapporto viscerale precocissimo, e che è alla base della teoria dell'attaccamento nello sviluppo della persona umana. Imparare a gestire il distacco dalla madre è la prima grande sfida con cui un bambino deve misurarsi e ci riuscirà solo se gli verranno forniti gli strumenti idonei per spingersi fuori dalla sua zona di sicurezza e misurarsi con l'ignoto. È questa la chiave per aiutare i bambini a sviluppare la loro personalità".
Le paure crescendo possono assumere le forme più diverse e rappresentano "i mostri che abbiamo dentro, ma hanno comunque una stessa radice: ci si sente soli davanti al pericolo". Dalla paura del buio, alla paura di attraversare la strada, dal timore di percorrere i corridoi bui o i luoghi sconosciuti di case più o meno estranee, con l'ansia di essere sorpresi da qualcosa senza essere pronti alla difesa. "Paura, timore, ansiaà non sono sinonimi- spiega Binetti- ma tutti insieme definiscono quella condizione umana in cui l'uomo sperimenta di aver bisogno dell'altro, di non poterne fare a meno. E' la forza di questo stato d'animo che spinge ad andare incontro agli altri, a chiedere aiuto, a dubitare della propria autoreferenzialità per aprirsi in dialogo con chi può capire, può condividere, può essere d'aiuto".
EDUCARE E FORMARE I GENITORI - Per aiutare i figli ad affrontare le loro paure, a diventare audaci e coraggiosi, senza essere né pavidi né imprudenti, i papà e le mamme "devono imparare a bilanciare la loro prudenza: il timore che al figlio accada qualcosa di grave, che lo faccia soffrire, con la sana ambizione di vedere il figlio cimentarsi in imprese sempre più grandi. I genitori devono incoraggiare il figlio a misurarsi con le difficoltà, a non sottrarsi alle sfide- prosegue il neuropsichiatra- per superare, ad esempio, la paura di cadere dalla bici, il dolore di essere respinto nelle relazioni o l'ansia di dover affrontare un'interrogazione a scuola. Vincente- rimarca il medico- è il coraggio con cui i genitori cercheranno di attrezzare i bambini con strumenti di difesa reale: imparare a fare amicizia con altri bambini senza lasciarli soli, a misurarsi con gli sport allenandosi ed esercitandosi, ad affrontare le interrogazioni studiando con loro e ascoltandoli".
DIALETTICA TRA PAURA E CORAGGIO - "Il tema della paura è il cuore della dialettica nella relazione genitori-figli. Un genitore iperprotettivo che non permetta al figlio di misurarsi con le sfide per paura di farsi male, di perdere, è tanto pericoloso come quello che lascia andare allo sbaraglio il bambino, senza accertarsi se sia o meno in grado di affrontare le difficoltà che molto probabilmente si presenteranno. La dialettica tra paura e coraggio è il bello di quella relazione di aiuto che può essere offerta a un bambino da un genitore, un fratello maggiore, un insegnante, un allenatore, da qualcuno che conosca le paure del bambino e sappia metterlo in condizione di affrontarne i rischi crescendo nell'autostima".
LE PAURE DI OGGI - Qualcosa sta cambiando anche nel mondo delle paure. "Oggi il contesto reale è sostituito da quello virtuale, dove manca la vera dimensione del rischio e soprattutto il senso della irrevocabilità. Nel mondo virtuale non ci si fa male, i videogiochi possono simulare qualsiasi situazione, ma le paure non si affrontano realmente: si fanno punti! Si vincono e si perdono, e il rischio viene esorcizzato finendo per diventare ancora più difficile da affrontare. Si può sempre ricominciare da capo; si può risorgere e ci si può vendicare, ma non ci si metterà mai a tu per tu con loro! I ragazzi tendono a un individualismo assoluto e non sanno più mettersi nei panni dell'altro. Hanno amici su Facebook ma non nella quotidianità- continua Binetti- comunicano via twitter con 140 caratteri ma poi non sanno argomentare. Proprio perché non sanno descrivere i loro stati d'animo, finiscono col soccombere alle passioni tristi che ogni tanto si impadroniscono del loro cuore".
GLI ADULTI NON TRASMETTANO LE LORO PAURE AI BAMBINI - L'adulto non deve "trasmette al bambino le sue paure impedendogli di misurarsi con le cose concrete. L'intelligenza consiste spesso nel sapersi fidare, facendo un prestito di fiducia all'altro, supplendo ai propri limiti con il coraggio del cuore e lo sviluppo delle abilità. Pensiamo alla pedofilia- afferma il neuropsichiatra infantile- il genitore teme l'orco, ma pur sapendo che l'orco può essere il vicino di casa, il parente o una qualsiasi figure di prossimità, con intelligente supervisione cerca di soppesare le persone che frequentano la sua casa. In un clima di fiducia reciproca possono incoraggiare il figlio a raccontare ciò che fa, ciò che pensa e ciò che lo preoccupa. E' la pedagogia della narrazione- conclude- perché dai racconti si possono conoscere le loro giornate e intervenire in caso di pericolo. Esperienze concrete, amici in gamba, profonda apertura verso gli adulti e un sano e misurato senso della sfida sono i possibili antidoti alla paura del mostro".
(Wel/ Dire)