Dietro la maschera dell'adolescenza. Anna Memmoli, terapeuta IdO
(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 12 mag. - Alcuni adolescenti danno la sensazione di essere sospesi tra il dentro e il fuori. Confusi e inquieti, cercano una strada da percorrere: chiedono aiuto ma in fondo sembra che non lo vogliano; parlano dei propri affetti, ma hanno paura in questo modo di tradirli e di perderli; cercano sicurezze e quasi provano vergogna a mostrare le loro cicatrici; sono timorosi e diffidenti.
Carl Gustav Jung (1875-1961), fondatore della Psicologia analitica, parlava di sé stesso adolescente come costituito da due personalità. La prima, diceva, era la portatrice della luce e la seconda dell'ombra. La prima era la personalità di un giovane mediocremente dotato e pieno di ambizioni, dal temperamento irrequieto ma anche infantile. La seconda era complicata da molteplici difetti, confusa, incline alla depressione e ad avere amicizie immaginarie, non aveva un carattere definibile.
La consapevolezza per il giovane Jung arrivò in seguito un'ingiustizia subita a scuola da parte di un'insegnante che pensava che il componimento, da lui consegnato, fosse frutto di una frode e non della sua mente. D'altronde la professoressa considerava Jung un alunno mediocre ma di buona volontà. Jung provò rabbia per quell'ingiustizia, ma improvvisamente la rabbia venne sostituita da un improvviso silenzio interiore nel quale riuscì a intravedere le sue fragilità e quelle degli altri e così iniziò a diventare più consapevole e a trovare un modo diverso di stare con se stesso e con gli altri.
Questo aneddoto ci permette di capire nel profondo la confusione che vivono molti adolescenti che possiamo anche definire come la negazione della propria realtà psichica depressiva. Sfidare i limiti imposti dall'esterno, mettere a repentaglio la propria vita e il confronto fallimentare con l'ambiente, favoriscono l'emergere di angosce catastrofiche e attivano dinamiche difensive di ritiro e disperazione, ma anche di intensa rabbia rivolta al Sé.
Dunque l'insicurezza, le esperienze traumatiche o una sofferenza protratta nel tempo, possono portare il ragazzo a incapsularsi in un'area patologica, nella quale spesso la dimensione comportamentale predomina, sotto forma di agiti, sull'attività mentale e intrapsichica. Ne sono un esempio tutti quei ragazzi che si bloccano negli studi, che non riescono più a concentrarsi, a rendere come prima o a trovare un interesse nella scuola. Di fronte alla perdita di sicurezza e alla fragilità emotiva, il pensiero può non tradursi più in apprendimento, bloccandosi o alternativamente disconnettendosi dalla realtà. Tutto ciò ha la finalità di non abbandonare il certo per l'incerto, di non perdere i vecchi equilibri e di non affrontare quei mutamenti strutturali che il processo dell'apprendere inevitabilmente impone al soggetto.
Durante l'adolescenza le insicurezze prendono il posto delle "certezze affettive" dell'infanzia che sta lì appena dietro l'angolo. I genitori, la scuola, gli insegnanti perdono di significato ma non d'importanza. È come se questi aspetti non trovino la giusta collocazione in quel confuso puzzle che è l'identità che si va definendo. Alcuni ragazzi, dunque, scelgono di guardare fuori per trovare elementi utili alla creazione della propria identità: se scoprono che un loro atteggiamento gli fa riscuotere successo o una qualche reazione, potrebbero scegliere di mettere la maschera del clown. In questo modo avranno la sensazione di avere una funzione, un ruolo, un'identità, seppur fittizia. Ma se poi scoprono che in un altro ambiente è necessario trasgredire per essere "visti e riconosciuti" si metteranno la maschera del duro, del teppista. Se poi una ragazza richiede profondità e sensibilità, sono pronti a calarsi nei panni del "poeta maledetto" pur di piacere.
In adolescenza, come in nessun altra epoca della vita, tutto cambia velocemente: il corpo, i sentimenti, il carattere. Spesso l'adolescente porta la sensazione che dentro di lui tutto stia cambiando ma che fuori il mondo rimanga immutato.
L'immutabilità... La scuola è per l'adolescente il baratro in cui finisce la creatività, la libertà d'espressione, e dove invece si professa il credo dell'essere tutti uguali, sia nell'aspetto che nel rendimento scolastico. Se rimani indietro, in tutti i sensi, "sei fuori". In questa confusione l'adolescente si perde, non capisce più chi sia veramente, desideroso di compiacere o di trasgredire un attimo dopo a seconda del gruppo di riferimento. I suoi comportamenti sembrano agiti "in funzione di qualcosa", di una situazione, delle persone che frequenta, di ciò che pensa gli altri si aspettino da lui. Le maschere, dietro cui nascondere il volto insicuro, spaventato e timido, diventano compagnia quotidiana, fino ad essere, in alcuni casi, confuse con il volto stesso. Il rischio è che a furia di vedere allo specchio l'immagine riflessa della maschera, l'adolescente possa rimanere incastrato in una falsa identità, un "Falso Sé".
Nel periodo adolescenziale molti ragazzi cercano un significato della vita che possa aiutarli a fronteggiare il caos che trovano dentro e fuori di sé. Altri, invece, sono ancora inconsapevolmente guidati dal dinamismo degli schemi archetipici ereditari e istintivi. Il vero processo di individuazione inizia generalmente con una lacerazione della personalità e con la sofferenza che ne consegue. Il compito dell'adulto di riferimento dovrebbe essere proprio quello di trasmettere all'adolescente la necessità di "costruire" un'identità intesa come autentica scoperta di sé. L'adolescenza è spesso coniugata con rottura degli schemi, dal passato o dalla famiglia, cosa che nel profondo fa pensare al desiderio di trovare una via di fuga dai propri affetti e dalla propria storia personale così fondamentale e imprescindibile. Tutto, piuttosto che scoprire chi si è veramente senza aver paura delle ombre, riconoscendo i propri limiti e facendo emergere le proprie risorse personali. Ciò non è semplice ma costellato da mille difficoltà, le strade per arrivarci possono essere veramente innumerevoli e lunghe se si pensa che, in alcuni casi, la scoperta di se stessi può durare gran parte della vita.
La finalità dell'individuo è realizzare sé stesso e tutto sé stesso: non un'altra cosa o un'altra Persona; non parzialmente sé stesso, non una distorsione della sua personalità ma solo e totalmente sé stesso (Jung, 1967).
Probabilmente è per questo motivo che gli adolescenti che incontriamo ci sembrano così incompleti, mai veramente sé stessi, spesso in preda alla sensazione che gli manchi qualcosa che non riescono ad esprimere, si sentono insufficienti, inadeguati e di ciò portano i segni. Tutto questo perché la meta non è stata raggiunta o perché si è fatta una deviazione rispetto ad essa, vuoi per la facilità di altre vie e scorciatoie che si offrono ma che non sono le proprie. Ma anche dal cammino più accidentato o dalle innumerevoli maschere indossate, dai fallimenti come anche dalle immagini interiori più terrifiche, si costruisce l'esperienza. Solo in questo modo l'adolescente può diventare adulto, aumentando gradualmente la propria consapevolezza e il legame vitale con il sé che si realizza.
(Wel/ Dire)