(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 5 mag. - Come accrescere l'autostima e l'autoefficacia in un minore malato? "Dialogando con la parte sana". Risponde deciso Michele Capurso, ricercatore in Psicologia dello Sviluppo e dell'Educazione presso l'Università di Perugia ed ex presidente dell'associazione 'Hospital organisation of pedagogues in Europe' (Hope - www.hospitalteachers.eu), chiarendo alla Dire il suo pensiero: "Non significa attivare un diniego della dimensione malata, ma semplicemente rivolgere l'attenzione anche alla parte sana del minore. Noi non gli diciamo 'come stai male', lo invitiamo a giocare, scrivere o a contattare i suoi compagni".
IMPORTANTE ASCOLTARE IL BAMBINO - Nel lavoro all'interno della scuola in ospedale è "imprescindibile" la dimensione dell'ascolto e dell'osservazione del bambino: "Il contenuto pedagogico deve venire dalla conoscenza del minore e non dai programmi ministeriali. Poi, il bravo insegnante si riallaccerà a questi, ma il lavoro didattico deve essere strutturato partendo dalla situazione in cui si trova il bambino in quel momento. I minori in ospedale sono spesso bloccati- afferma l'educatore- perché si vivono malati. Noi dobbiamo dargli un orizzonte di possibilità per renderli resilienti, ovvero aiutarli ad aprire spazi di crescita potenziali che poi diventeranno effettivi".
UN GIOCO DI SPECCHI - "I minori vedono la parte sana se gliela mostri, come in un gioco di specchi- racconta Capurso- dare spazi alla resilienza significa togliere le forze che comprimono la dimensione sana. Con un nuovo ricoverato mi capitava di entrare nella stanza, salutare i genitori e lasciare al minore un foglio bianco e dei pennarelli. Tornavo dopo un paio d'ore per vedere cosa avesse fatto- ricorda l'ex insegnante delle elementari- e c'era chi non toccava nulla (ed anche quello era un messaggio: adesso proprio non ce la faccio, dammi tempoà) e chi invece riempiva la stanza di fogli o aeroplanini di carta. Mettere il bambino in condizioni di lavorare, giocare o disegnare vuol dire dare un messaggio ai genitori che piangono. Durante una delle mio ultime ricerche (M. Capurso, Quando si ammala un bambino, Edizioni Magi) una madre mi disse 'Quando entravano gli insegnanti io mi sentivo sollevata. Marco lo vedevo... mi sembrava quasi di vederlo normale. La scuola in ospedale mi ha dato l'idea di una speranza in piu?, di una possibilita? di guarigione'".
LA SCUOLA IN OSPEDALE - "La scuola rappresenta la continuità della vita e permette di sviluppare la parte sana del bambino/adolescente ammalato. La scuola in ospedale supera una visione puramente didattica, di una trasmissione del sapere veicolata solo attraverso i contenuti- sottolinea il ricercatore- per lavorare con la parte psicologica del minore, che deve crescere e giocare. Altrimenti- precisa Capurso- si rischia che questi soggetti guariscano dalla patologia ma rimangano depressi. Evitare questo pericolo è possibile, ma solo mantenendo una linea di continuità temporale tra il passato, il presente e un futuro del bambino: potrà riuscire ad avare successo".
IMPORTANTE IL CONTATTO CON LA CLASSE DI APPARTENENZA - "È fondamentale mantenere il contatto con la classe di appartenenza perché il minore deve rimanere iscritto nella sua scuola. Il banco vuoto è un simbolo che rimanda all'insegnante di classe un carico di responsabilità: continuare a gestire il bambino". Come? Attraverso la comunicazione. "E' una parola ombrello che contiene tutto. Ho creato una delle prime reti europee per la comunicazione dei bambini malati, mettendoli in relazione sia con i compagni di classe di appartenenza che con gli altri bambini in ospedale. Purtroppo molte delle classi italiane- fa sapere lo studioso- non è dotata di internet accessibile agli studenti con comodità, è un servizio limitato a qualche aula. Esiste un progetto europeo, LeHo (Learning at Home and in the Hospital -
http://www.lehoproject.eu), che si sta occupando di analizzare le prassi in Europa relativa alle comunicazioni più efficaci tra insegnanti e bambini. In questo contesto, il problema che si pone la pedagogia è che contenuti dare a tale comunicazione".
LEHO ha definito 7 fattori educativi chiave da cui partire nella relazione, anche mediata dalle tecnologie. Tra questi "garantire che il minore possa assumere ruoli attivi dentro il processo educativo, che ci sia un livello interistituzionale della comunicazione, che ci sia uno scambio d'informazioni e valutazioni tra scuola e ospedale, o ancora- aggiunge Capurso- che i processi abbiano un senso agli occhi del bambino che li vive".
IL PORTALE SCUOLA IN OSPEDALE - "Il ministero ha un portale che si occupa di scuole in ospedale (
http://pso.istruzione.it) che fornisce importanti supporti e notizie ad insegnanti e genitori. Teniamo conto che l'ospedalizzazione sta cambiando- prosegue il ricercatore- i tempi di cura ospedaliera sono sempre più brevi, mentre si allungano quelli in cui il giovane deve stare a casa lontano da scuola. La terapia diventa quindi domiciliare e la scuola italiana è poco attrezzata per un'istruzione domiciliare", sottolinea l'esperto. "Manca ancora un vero obbligo della scuola di attivare l'istruzione domiciliare e il piccolo rischia di restare solo. Il bambino a casa sfugge di più- rimarca l'insegnante- in ospedale ha almeno una serie di servizi che lo vedono". L'impegno in questo senso è di "fondamentale importanza e in questi anni mi pare che di passi avanti il ministero ne abbia fatti parecchi. Si tratta di proseguire in questa direzione, magari imparando da chi in Europa ha già sviluppato soluzioni interessanti".
DALL'EUROPA SOLUZIONI INTERESSANTI - "In Olanda sono stati creati dei centri territoriali che si occupano di continuità educativa del bambino malato. L'insegnante afferisce al centro che lo invia a casa, in ospedale o a scuola a seconda di dove si trovi il minore. Da noi- chiosa il pedagogista- ci sono insegnanti diversi ancorati al luogo di lavoro. L'insegnante normale lavora a scuola, quello ospedaliero in ospedale, per l'istruzione domiciliare bisogna seguire una prassi particolare, che deve passare per il consiglio d'Istituto e comunque questa è subordinata alla disponibilità dei fondi e alla volontà dei singoli docenti che si devono offrire volontari. Nel nostro sistema vedo ancora molta frammentarietà".
L'IMPORTANZA DEL GIOCO E DEL RACCONTO - "Attraverso un lavoro di review ho analizzato una quarantina di strumenti validati che misurano il coping, ed è risultato che tendono ad ignorare l'importanza del gioco, raramente visto come elemento cruciale" (
http://dx.doi.org/10.1080/02739615.2014.948163). Inoltre Capurso ha dato vita a un libretto dove l'artrite idiopatica giovanile è spiegata direttamente dai ragazzi malati: "E' nato da un laboratorio nel quale i bambini malati spiegavano ad altri bambini (immaginari) che si sarebbero ammalati in futuro cos'è questa malattia. Il lavoro è stato poi rivisto da un board di esperti, tra cui medici reumatologi" (Capurso M., Lo Bianco M., Cortis E. Mario e L'artrite, Luoghinteriori).
(Wel/ Dire)