(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 28 lug. - Hanno la voce ma non riescono a parlare, soprattutto in pubblico. A bloccarli è un disturbo d'ansia, che si manifesta dai tre anni in su, quando i bambini fanno il loro debutto in società: il mutismo selettivo.
A questa patologia, ancora poco conosciuta in Italia, è dedicata l'inchiesta dell'
ultimo numero di SuperAbile Inail di giugno, realizzata da Laura Badaracchi con il reportage fotografico di Stefano Dal Pozzolo. Un viaggio nel pianeta dei "prigionieri del silenzio", per raccontare le storie coraggiose di uomini e donne che hanno compiuto su di sé un lavoro terapeutico per raggiungere "la parola".
Come Maria, che ha trovato un'alleata potente nella scrittura. Sui fogli bianchi, al computer, sullo smartphone annota pensieri, sensazioni, riflessioni. Oppure Fabio, che a settembre compirà 30 anni, si è laureato alla magistrale di Informatica a Cagliari e ora sta imparando a fare i colloqui di lavoro, dopo aver finalmente superato il suo blocco. "Sto cercando di correggere le insicurezze comunicative, come l'uso del linguaggio del corpo o del tono della voce, che inevitabilmente mi sono rimaste nonostante abbia superato il mutismo selettivo", racconta. Figlio unico, alla scuola materna "non riuscivo mai a far sentire la mia voce - aggiunge - mentre a casa continuavo a parlare normalmente con i miei genitori. Divenni quindi famoso nell'ambiente scolastico per essere un bambino muto".
Come spiega Simona Ius, psicologa e psicoterapeuta di Roma che si occupa da anni di mutismo selettivo, le persone che soffrono di questo disturbo "a casa sono sciolte, invece a scuola e in altri contesti (come al supermercato o al parco giochi) non parlano con i coetanei né con gli adulti e possono avere anche una difficoltà motoria". Le parole sono bloccate in loro, "non è che non vogliono o non riescono. Purtroppo a volte insegnanti ed educatori pensano che questi bambini siano oppositivi o timidi. Invece loro giocano, si muovono, comunicano in altri modi, ma la richiesta di produrre parole li blocca".
L'aggettivo calzante per definire il sintomo è "autoincastrante: se una persona non parla, l'ultima cosa da fare per indurla a parlare è insistere, perché l'ansia aumenta - osserva la dottoressa - bisogna dimenticare di voler sentire la sua voce e puntare a far sentire il paziente a proprio agio.
Possiamo estorcere parole, ma serve? Prima o poi usciranno".
Negli adolescenti la casistica è minore: "Dal disturbo si guarisce; il mutismo è qualcosa che hai, non qualcosa che sei", conclude. Fu lo psichiatra infantile Moritz Tramer a coniare nel 1934 la definizione del disturbo come "mutismo elettivo", espressione sostituita poi con "mutismo selettivo". Il disturbo colpisce prevalentemente bambini, ma anche giovani e adulti. Per la letteratura internazionale circa un bambino su 1.000 soffre di questa patologia.
"La problematica del mutismo selettivo- aggiunge Federico Bianchi di Castelbianco, direttore dell'Istituto di Ortofonologia (IdO), commentando il 'viaggio' di Superabile Inail- è cresciuta negli ultimi 10 anni come numero, poiché è un problema sociale legato alla sensibilità e vulnerabilità del bambino. Alcuni studi hanno individuato un sottofondo di depressione all'origine del problema. Certo- afferma- non ha una natura organica o genetica. L'aspetto positivo è che con terapie mirate alla difficoltà di relazione e, per fortuna, anche con il tempo, il problema tende ad essere superato".
Qui è possibile leggere e scaricare la rivista di Superabile Inail in pdf.
(Wel/ Dire)