Articolo di Maria Anna Spaltro su psicologi-italiani.it
(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 14 lug. - Ricordo che da bambina quando mi chiedevano: "A chi sei figlia?" io rispondevo declinando senza esitazione il nome e cognome dei miei genitori. Questa dichiarazione d'appartenenza identificava un nucleo familiare ben circoscritto nello spazio e nel tempo. Oggi la struttura della famiglia è cambiata, così come sono cambiate le relazioni al suo interno; oggi si parla, infatti, di famiglie ed ognuna presenta problemi nuovi e di complessa soluzione. Inoltre, non abbiamo ancora a disposizione modelli comportamentali di riferimento idonei a sostituire quelli del passato e, forse, non ce ne saranno poiché ogni individuo tenderà sempre di più ad autoregolarsi secondo uno schema interno debolmente influenzato dal contesto sociale d'appartenenza.
La famiglia ricostituita o aperta è una di queste "moderne" tipologie familiari. Essa è formata da coppie coniugate o non coniugate in cui almeno uno dei partner abbia avuto un matrimonio interrottosi per separazione, divorzio o per morte del coniuge, oppure una precedente unione dalla quale siano nati figli conviventi con la nuova coppia. Tale tipologia familiare strutturalmente simile a quella tradizionale, ma differente da questa per una maggiore flessibilità dei ruoli, rappresenta, per così dire, il coraggio di cambiare e di investire, con speranza rinnovata, in una rete di affetti che, per quanto complessa ed onerosa dal punto vista organizzativo, permette di offrire un maggior senso d'identità e d'appartenenza ai suoi membri. Tuttavia, se i vecchi schemi, inadeguati, di relazione familiare non sono stati risolti, essi possono costituire un intralcio alla sperimentazione di forme comunicative più efficaci.
Uno dei problemi più sentiti nelle famiglie ricostituite riguarda la funzione educativa dei genitori non biologici. Ci si chiede, infatti, quali siano i suoi limiti e in che rapporto essa si colloca rispetto a quella del genitore biologico. Ricordiamo che esistono diverse combinazioni strutturali di famiglie ricostituite, a seconda dello stato civile, della presenza o meno di figli di primo o secondo a volte terzo letto, e di figli nati nella nuova unione. In Italia dove il numero di divorzi è minore rispetto ad altri paesi, vediamo che è frequente un tipo di configurazione meno complessa costituita, ad esempio, dai figli, dal genitore affidatario (quasi sempre la madre), dal nuovo partner (padre sociale) con o senza figli e dal padre biologico che, a sua volta, convive altrove con una nuova partner.
La funzione educativa del genitore sociale è condizionata da diversi fattori come: l'età del bambino, uno stato di convivenza o coniugalità, la frequenza di contatti del bambino con il padre biologico, l'elaborazione della separazione/divorzio da parte degli ex coniugi ed infine, ma non meno importante, la maturità psicoaffettiva degli adulti coinvolti.
Senza entrare nello specifico di ogni combinazione possibile, varrebbe comunque il principio generale per cui la funzione educativa dovrebbe essere espressa dal genitore naturale in accordo con l'ex coniuge, sempre che non sussistano situazioni particolari di abusi o maltrattamenti.
Soprattutto quando il bambino è molto piccolo i genitori ex coniugi dovrebbero adoperarsi per far in modo che non si crei un'eccessiva discrepanza tra la rappresentazione interna che il bambino ha della sua famiglia, dove la coppia madre-padre rappresenta un binomio inscindibile, e la realtà quotidiana. Il bambino più è piccolo più ha bisogno di certezze e continuità. Ha bisogno, in altre parole, che ogni evento sia riferito concretamente ad una dimensione spaziale e temporale a lui ben nota.
Solo più avanti nello sviluppo psicoaffettivo e cognitivo, il bambino riuscirà a tollerare la scissione della funzione genitoriale senza che questa perda la loro valenza di guida e sostegno. Il bambino (per un adolescente la situazione è più complessa) non ha difficoltà a stabilire un comportamento di attaccamento a un "nuovo papà" purché questo non sia percepito dal padre biologico come un esproprio delle sue funzioni.
Purtroppo, come spesso accade, questo nuovo legame, che può rappresentare per il bambino una risorsa affettiva in più, è inquinato da forti incomprensioni tra gli ex coniugi e tra padre sociale e padre biologico spesso su questioni economiche che si riverberano sul bambino creando triangolazioni e conflitti di lealtà difficili da risolvere.
I figli di genitori separati sanno di appartenere ad una rete familiare più estesa ma non sempre è comprensibile loro cosa ci si deve attendere dagli adulti coinvolti. Stabilire, ad esempio, chiari confini tra i sottosistemi presenti nella rete, facilita la definizione di ruoli e funzioni e la negoziazione di strategie comportamentali più adatte alla coppia genitoriale ed al particolare livello di sviluppo del bambino. Questo richiede un uso da parte degli adulti di capacità relazionali che poggiano su un buon livello di autostima, autonomia psicologica e conoscenza di sé, ma sappiamo che nella realtà quotidiana, a volte, molti adulti stentano ad attribuirsi un soddisfacente controllo su questi importanti fattori di personalità.
La vita del bambino può essere arricchita dalla presenza di più modelli educativi e stili di vita, ma alla base di tutto deve esserci l'impegno della coppia genitoriale a costruire rapporti chiari e di reciproco rispetto dove i padri così come le madri siano disposti a mettersi in discussione e ad impegnarsi a stabilire e sviluppare una relazione psicoaffettiva valida con tutti i componenti del sistema familiare, incluse le famiglie di origine. Queste, resistendo alla tentazione di comprensibili schieramenti, potrebbero svolgere l'importante funzione di mantenere la continuità della storia familiare di ogni genitore e perciò del figlio (nipote) stesso rinforzandone l'identità ed il senso di appartenenza.
Il "nuovo papà", oppure la "nuova mamma" anche se questa è una condizione meno frequente, della famiglia ricostituita presa ad esempio, va a collocarsi in uno spazio relazionale in parte già definito dove l'assunzione del ruolo genitoriale si fonda su un legame debole.
Per spiegare le caratteristiche del legame debole prendo a prestito un concetto della network analysis dove per debole s'intende quel legame basato su una combinazione di tempo, intensità, emozioni, intimità, scambio. Elementi questi che, ovviamente, possono esistere a prescindere dal legame di sangue.
I legami deboli sono molto flessibili ed in grado perciò di adattarsi a contesti relazionali complessi come appunto la famiglia ricostituita; richiedono maggiore impegno perché non possono contare sulla "forza" (sebbene, attualmente, anch'essa molto relativa) del vincolo di sangue e dei ruoli rigidamente stabiliti come accadeva nella famiglia tradizionale. Pertanto la relazione con i figli acquisiti, che giuridicamente non sono né parenti né affini, poggia sulla disponibilità ad investire quotidiane energie verso la ricerca di nuovi modi di vivere la genitorialità che, seppur faticosi, rappresentano sicuramente uno stimolo alla valorizzazione e alla crescita personale e familiare.
(Wel/ Dire)