(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 14 lug. - L'impossibilità biologica di generare è fonte di una profonda sofferenza, ma "il dolore causato dal lutto non deve essere cancellato con quello del bambino e sostituito con la fantasia di una nuova nascita salvifica. Il bambino chiede di essere accettato con tutta la sua storia: diversamente cresceranno bambini sofferenti, incompresi, e incomprensibili a se stessi e agli altri". A dirlo è Flavia Ferrazzoli, psicoterapeuta familiare dell'Istituto di Ortofonologia (IdO), che da 10 anni lavora come counselor nei gruppi di sostegno alla genitorialità per quelle coppie che hanno i loro figli adottivi in terapia presso l'IdO.
"Il lavoro in gruppo è indubbiamente molto utile per questi genitori- afferma Ferrazzoli- perché cominciano a confrontarsi con altre esperienze. Emergono dubbi, paure, sentimenti d'inadeguatezza e timori sulle possibilità future dei propri figli. Nel gruppo ci si può disperare e preoccupare insieme, ci si può commiserare maà molte altre volte ci si diverte, si ride, si sdrammatizza, si introducono nuovi punti di vista che riguardano la propria situazione, e si intravedono nuove soluzioni a vecchi problemi. Si ridimensionano e si trasformano quelle montagne che sembravano invalicabili in sentieri un po' tortuosi ma anche gradevoli a tratti e che danno più soddisfazione e più gusto nel momento in cui si conquista la vetta".
UN CASO CLINICO PER RIFLETTERE INSIEME - "Parliamo della storia di una coppia che decidere di affrontare il percorso dell'adozione, ed in particolare dell'adozione internazionale. La coppia appare 'buffa'. Lui ha un'attività di ristorazione dove passa gran parte della giornata, lei è una persona molto semplice e dall'aria sbarazzina, fa la casalinga ed ha un livello di scolarizzazione molto basso: quinta elementare trasformatasi alle scuole serali in terza media. Al primo incontro lui appare timido ed impacciato, lei è un vulcano di energia e simpatia. Appare un po' diffidente e sulla difensiva, molto ironica, modalità con cui esprime il suo stare in guardia, ma anche molto schietta. La coppia ha adottato un bambino russo arrivato in Italia a 4 anni e sembrerebbe essere un bimbo iperattivo. In realtà è solo molto irrequieto e con una agitazione motoria e caratteriale molto simile a quella della madre. Il suo QI è oltre la media. Provo da subito una grande simpatia verso la madre e verso il bambino nonostante il fare molto ironico e a volte provocatorio della signora con cui da subito mi mette alla prova eà mi testa. Per fortuna credo di aver superato la prova, ci vorranno 3-4 incontri perché la signora riesca finalmente ad esprimersi abbassando la guardia. Mi racconta così del suo percorso adottivoà quasi a voler giustificare il suo comportamento inizialeà Inizialmente come coppia erano stati recusati, ma hanno fatto ricorso e ce l'hanno fatta! Non entra nel dettaglio delle motivazioni perché riporta di non averle mai sapute, o forse, penso io, non si fida ancora abbastanza e sento il dolore ancora molto forteà la ferita non è ancora del tutto ricucita. Il racconto di quel periodo si caratterizza infatti per una lentezza dell'eloquio che non le appartiene. Più volte si deve fermare, lunghe pause per deglutire, per mandare giù. Dopo il lutto per una nascita biologica che mai avverrà e dunque per una gravidanza biologica mancata, ecco che qualcuno li vuole "valutare". Sarà una brava madre? Ne ha le capacità? Mi racconta la vergogna provata nel dire di avere solo la quinta elementare nel momento in cui le è stato chiesto il titolo di studio. Non le era mai successo prima, non pensava di vergognarsene, ma in quel momento sembrava che tutto dipendesse dalla sua scolarizzazione. "lo sguardo della dottoressa con cui parlavo e il suo scatto con la testa per alzarla da quei fogli alla mia risposta mi hanno trafittaà" Lunga pausa, le parole non escono piùà al loro posto sgorgano le lacrime e poi lentamente ricompare un sorriso, all'inizio un po' forzato e poi pieno d'orgoglio "ora ho la terza media". Ancora nonostante siano passati diversi anni, mi è possibile vedere nitidamente il volto della signora in quel momento. Racconta di essersi sentita messa a nudo, incalzata con domande a raffica.
Leggeva una disapprovazione continua in ciò che diceva e faceva "sembravo non riuscire mai a trovare la risposta giusta"à Forse doveva solo dare la suaàfatto sta che il "verdetto" finale ha confermato la sua sensazione: NON IDONEA! Nonostante tutto la signora è una che non molla e alla fine ce la fa. Dal suo racconto, superficialmente ed empaticamente, mi verrebbe da pensar male di coloro che hanno sottoposto questa povera donna a tutto ciòà tuttaviaà pensoà Atteggiamenti e sentimenti di inadeguatezza maggiori rispetto al normale sono presenti nell'essere genitore attualmente come conseguenza di questo tortuoso percorso o forse la signora ha sempre avuto un vissuto del genere? E' davvero così plausibile che una persona competente sia stata così invasiva e maldestra o erano già presenti aspetti un po' paranoici? In effetti col tempo viene fuori una bella crisi di coppia, i due sono stati ad un passo dalla separazioneà forse chi li aveva valutati aveva intravisto questa crisi? Oppure la crisi è legata alla normale evoluzione delle coppie nel momento in cui arriva un figlio? E' difficile capire perché in effetti la coppia sembra avere molte risorse e riesce a superare questo momento molto difficile recuperando una dimensione familiare serena. Probabilmente non riusciremo mai a capire ciò che stava prima e ciò che è venuto dopo, di fatto questa è spesso è la situazione che si presenta ai nostri occhi. Certo è che per diventare genitori adottivi la gravidanza è davvero dura e lunga, a volte troppo lungaà e per questo profondamente logorante per i genitori".
(Wel/ Dire)