(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 14 lug. - L'appartamento è abbastanza grande? C'è la stanza per il bambino? La casa è di proprietà? Il reddito è sufficientemente buono? Interrogatori, giudici, assistenti socialià è "la macchina complessa del percorso di adozione. Spesso le coppie si sentono invase nella propria intimità da gente sconosciuta che entra nella loro vita per tutelare il bambino, e poco importa la sofferenza che, in parte, si può creare agli aspiranti genitori". Lo racconta alla DIRE Flavia Ferrazzoli, psicoterapeuta familiare ad indirizzo sistemico relazionale dell'Istituto di Ortofonologia di Roma (IdO), che segue i gruppi di genitori adottivi.
'Ci osservavano per giudicarci, per dirci se potevamo essere buoni genitori o meno. Ci portiamo ancora dentro questa sensazioneà la gente ci giudica e quindi dobbiamo stare attenti in pubblico a come rimproveriamo o non rimproveriamo nostro figlioà è pesante, pesantissimo!'. Eccole le parole con cui una coppia ha espresso alla terapeuta il proprio disagio di fronte ai comportamenti inadeguati del figlio in luoghi pubblici. "Il percorso così cavilloso e tortuoso alimenta paure e insicurezze che già appartengono naturalmente a tutte le coppie in cammino verso la genitorialità- precisa Ferrazzoli- procurando un vissuto persecutorio e un senso d'inadeguatezza. A tutto questo vanno aggiunte le mille domande da parte di chi sta intorno alla coppia, sul bambino che arriverà, i preparativi per il viaggio ecc. In questo modo- afferma la psicologa- le coppie giungono all'idoneità: stremate, preoccupate e spaventate".
SENSAZIONE DI ABBANDONO - L'arrivo del bambino per un po' colma di gioia e sembra sopire i sentimenti negativi che riaffiorano piano piano dopo i primi mesi, quando emerge una sensazione di abbandono: 'Dopo averci stressato e fatti sentir quasi inadeguati nonostante l'idoneità, dopo averci riempito di paure sull'adozione e sulla problematicità di molti di questi bambiniàbeh, le associazioni e gli assistenti sociali spariscono, ci lasciano soli!'. Ferrazzoli continua a riportare le testimonianze di una mamma e un papà che due anni fa hanno adottato una coppia di fratelli e "non si sono sentiti sostenuti di fronte ai problemi legati alla differenza culturale, alla lingua, ai problemi medici ecc..".
La terapeuta dell'IdO però chiarisce: "Un po' sono loro stessi a scappare e un po' sono le associazioni che se li dimenticano proprio quando cominciano a scontrarsi con il bambino reale e la quotidianità della vita viene completamente stravolta. Le abitudini e gli orari cambiano, il modo di pensare e di organizzarsi muta radicalmente. Bisogna riuscire ad adattarsi a tutto ciò, e bisogna farlo velocemente. A volte è difficile adattare i tempi, dopo una gravidanza così lunga tutto si accelera in maniera incredibile. È sbagliato pensare che essendo il bambino più grande sarà più semplice perché ci saranno nodi complessuali diversi".
STESSE TAPPE PER GENITORI ADOTTIVI O NON - Le tappe che la coppia adottiva si trova ad affrontare sono esattamente le stesse di una coppia genitoriale con figli naturali. "Le abitudini cambiano per gli uni e per gli altri, gli impegni mutano allo stesso modo e le mamme sono a rischio di depressione post-partum esattamente come quelle biologiche: il bambino- prosegue la psicologa- potrebbe non corrispondere all'ideale che si era immaginato proprio come nelle coppie naturali e le paure per la crescita e per il futuro dei ragazzi sono presenti in entrambi".
UNA SCELTA CORAGGIOSA - Il genitore adottivo è "molto coraggioso- ricorda la psicoterapeuta- è disposto a gestire ciò che più spaventa l'uomo in genere e cioè un buco nero appartenente al passato, il non sapere o sapere cose a volte atroci".
I PRIMI DUE ANNI SONO MOLTO TOSTI - "Quando arriva un neonato spesso il papà soffre lo spostamento dell'attenzione fisica e psicologica completamente sul bambino e quindi si butta sul lavoro o cerca gratificazioni esterne. La mamma da un lato cerca gratificazioni esterne e dall'altro non ha più spazi per sé, non sempre è in grado di capire le richieste del bambino e questo sconforta, spaventa e innervosisce, finendo spesso per prendersela col marito che non c'è. Questo succede a tutti- sottolinea Ferrazzoli- che siano adottati o meno, grandi o neonati, italiani o stranieri".
LE DOMANDE FREQUENTI - Per quanto tempo posso permettergli di avere comportamenti più infantili? Di rivivere quelle tappe che non ha affrontato? Se non è stato allattato a richiesta, posso fargli ciucciare il seno? Anche se la cosa mi imbarazza e il 'bambino ' ha 6 anni.... ' il biberon lo posso dare anche se ha 6 anni? Lo pulisco ancora al bagno, me lo richiede e ha 9 anni? Mi chiede di fargli la doccia, ha 11 anni... è ancora il caso?' Dorme ancora a letto con noi...'. "Premesso che queste stesse domande mi vengono portate anche da genitori naturali- chiarisce la psicoterapeuta- è chiaro che per i genitori adottivi sia più facile caderci perché in qualche modo gli è stato detto, peraltro giustamente, che bisogna fargli recuperare il possibile. Questo genera confusione: qual è il limite?".
LA GESTIONE DEI COMPITI - Il capitolo scuola è importante e di difficile gestione. "Spesso c'è disaccordo fra genitori su quanto e come insistere. Vengono proiettati i propri desideri e si fatica a capire che la maggior parte di questi ragazzi non avrà un percorso semplicissimo a causa della lingua, delle deprivazioni emotive e fisiche a cui sono stati sottoposti e questo non vuol dire che non siano intelligenti".
ALTRI TEMI DIFFICILI - "La sessualità, come e quando parlarne; la precocizzazione e lo sviluppo anticipato di molti bambini stranieri; come e cosa raccontare sull'adozione... insomma non esiste un manuale per tutto ciò- conclude la psicologa- è per questo che è importante che i genitori abbiano uno spazio in cui possano confrontarsi sul da farsi con i figli e sul riprendersi lo spazio di coppia che inizialmente viene completamente perso".
(Wel/ Dire)