Per superarli? Biserni: Maschile e femminile devono cooperare
(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 7 lug. - La femminilità è l'insieme di aspetti caratteriali, comportamentali e ideologici che caratterizzano la psicologia femminile. Renata Biserni, psicoterapeuta psicodrammatista ed esponente dell'Associazione per la ricerca in psicologia analitica (Arpa), precisa alla DIRE: "Ovviamente non si può prescindere dal dato biologico e neppure da quello socio-culturale, poiché la femminilità è determinata dall'unione di questi due aspetti. Non saprei dire se uno conta più dell'altro - per la psicoanalisi classica contava principalmente il dato biologico - ma è evidente l'influenza dell'ambiente. Essere nati in una cultura piuttosto che in un'altra fa la differenza. Lo stile di allevamento dei figli cambia nelle culture e nelle epoche storiche- aggiunge la terapeuta- nascere ed essere allevati in una cultura che si basa su principi maschilisti condizionerà la psicologia femminile, poiché il rapporto mente-psiche è inscindibile. Avere un corpo preposto alla procreazione, ormoni che determinano certi comportamenti, ha sicuramente un peso".
- Quando una femminilità o una mascolinità risultano castratati? "Confesso che il concetto di castrazione non mi piace, in ogni caso in ambito psicologico dobbiamo rifarci alla psicologia classica. È strettamente connesso al complesso di Edipo e provoca differenti esiti a seconda del sesso. Secondo Freud- racconta Biserni- per il maschio rappresenta la punizione nei confronti del suo desiderio edipico di possedere la madre e si trasforma in angoscia di castrazione. Nelle bambine, invece, la constatazione dell'assenza del pene viene vista come una mancanza di cui si attribuisce la responsabilità alla madre, genera sentimenti di invidia nei confronti dell'organo maschile e il desiderio di possedere quello del padre. Superando correttamente la fase edipica, sempre secondo Freud, la bambina volge la propria sessualità verso la recettività". Alcune analiste donne "hanno contestato questa visione, affermando che le ragazze possono essere consapevoli della loro femminilità fin dal principio, mentre i ragazzi possono essere invidiosi della capacità riproduttiva delle femmine. Esiste una vasta letteratura sull'argomento- sottolinea la psicoterapeuta- che contesta il concetto classico di castrazione".
Come psicoterapeuta di scuola junghiana "trovo interessante introdurre alcuni concetti formulati dal maestro di Zurigo, in particolare quelli di animus e anima. Fanno parte di quelle che Jung definisce immagini archetipiche, perché diffuse ovunque e in ogni epoca. Gli archetipi animus anima sono particolarmente importanti perché appartengono alla coscienza individuale, ma sono radicati nell'inconscio collettivo. L'animus rappresenta il principio maschile presente nella donna, l'anima quello femminile presente nell'uomo. In entrambi i casi- chiosa Biserni- si tratta di una vera e propria personalità interiore, le cui proprietà sono complementari a quelle della psiche cosciente. All'animus si attribuiscono funzioni di pensiero, di capacità di azione e di responsabilità verso caratteristiche che per natura sono attribuite al maschile. La femminilità può essere soffocata e repressa dall'autoritaria entrata in scena di questo elemento maschile, ma è solo sulla base del confronto con esso, con l'integrazione dell'animus, che la femminilità può dirsi completa (il contrario vale per il maschile). Maschile e femminile debbono cooperare armoniosamente. Quelle donne che per varie vicende - prima fra tutti una figura di riferimento negativa in età precoce - non hanno un'immagine positiva dell'animus e non sono riuscite a integrarlo, lo proiettano sul maschio, mantenendo un atteggiamento di passività e rinuncia (castrazione), che porta ad attribuire all'uomo la responsabilità dei propri fallimenti. Spesso cercheranno un uomo simile a quello che ha dato loro sofferenza, entrando in quel gioco perverso che è la coazione a ripetere".
- Come appare una donna che sopprime questa parte di sé? "Più che di soppressione parlerei di mancanza di contatto, di frantumazione, di scissione e di non integrazione dell'animus.
Queste donne- ripete la psicodrammatista- sono vittime dell'idea di non valere, perennemente infelici e insoddisfatte, a volte incapaci di essere generative perché rimangono ancorate a uno stadio infantile".
- Come lavorare per recuperare la dimensione femminile? "Oggi le donne si trovano in una condizione di conflitto più che in altre epoche. Conflitto di ruoli: il modello tradizionale le vuole compagne dell'uomo a 360 gradi, madri e vestali della casa; il modello attuale, di contro, pretende che lavorino al pari dell'uomo, che facciano strada nella vita. Come in tutte le epoche di cambiamenti culturali- continua l'esponente dell'Arpa- alcune categorie soffrono più di altre (senza minimizzare la sofferenza dell'uomo), quella femminile è una di queste. La donna si trova a fronteggiare i due aspetti a livello pratico ma soprattutto psicologico, e non sempre ce la fa. Proprio dal confitto può nascere l'abbandono del femminile più autentico".
- In questo ambito cosa deve fare il terapeuta? "Il lavoro del terapeuta consiste nell'aiutare la paziente a uscire dagli stereotipi, a contattare le parti scisse, ad affiancarla nel lavoro di integrazione di queste ultime, a visualizzare i conflitti, ma soprattutto nell'accettazione delle proprie caratteristiche psicofisiche. L'analista junghiana Clarissa Pinkola Estés in un libro molto famoso 'Donne che corrono con i lupi', attingendo alle fiabe e ai miti delle più diverse tradizioni culturali, evoca - per uscire dalle paure, dalle insicurezze, dagli stereotipi che nei secoli hanno soffocato il femminile - l'archetipo della 'Donna Selvaggia' intesa come forza psichica potente, istintuale e creatrice, lupa ferina e al contempo materna: "Nel tempo abbiamo visto saccheggiare, respingere, sovraccaricare la natura istintiva della donna. Per lunghi periodi è stata devastata come la fauna e i territori selvaggi.[à] i territori spirituali della Donna Selvaggia, nel corso della storia, sono stati spogliati, o bruciati, le caverne distrutte, i cicli naturali costretti a diventare innaturali per compiacere gli altri.[à] ma per fortuna qualche seme selvaggio arriva sempre, portato dal vento".
(Wel/ Dire)