Valutazione più articolata di disagio e sofferenza mentale con Pdm
(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 30 giu. - "Le modalità di fare diagnosi sono migliorate grazie ai manuali diagnostici per l'età adulta (Dsm) e per l'infanzia". Ne è convinta Anna Maria Speranza, professore associato di Psicopatologia dello sviluppo all'Università di Roma La Sapienza, che precisa: "Il cambiamento è stato reso possibile con l'introduzione nel 1994 della Classificazione Diagnostica 0-3 e la successiva versione rivista CD: 0-3 R del 2005. Per la prima volta- precisa la psicologa- è stato posto l'accento sulla possibilità di fare diagnosi entro i 4 anni, basandosi in maniera attendibile sulla sintomatologia del bambino e l'osservazione della qualità delle relazioni primarie".
Se nella valutazione dell'adulto è possibile analizzare gli aspetti sintomatologici, di funzionamento mentale e di personalità, "nell'infanzia è indispensabile non fare riferimento solo alla sintomatologia, che è molto variabile nei diversi periodi dello sviluppo".
VALUTAZIONE DELLA RELAZIONE È PARAMETRO FONDAMENTALE - "Valutare la relazione è parametro fondamentale perché non definisce la causa, ma il contesto all'interno del quale il sintomo si manifesta. Il bambino nei primi anni di vita ha pochi canali di comunicazione del disagio- spiega la docente- per questo motivo vanno valutati sia il momento dello sviluppo che il contesto relazionale all'interno del quale si manifestano i sintomi. Prima della Classificazione Diagnostica 0-3 si pensava che il bambino fosse difficile da diagnosticare, e ancora adesso nel Dsm i criteri di valutazione dell'infanzia sono un adattamento di quelli dell'adulto. Invece è necessario avere dei criteri specifici legati al processo di sviluppo".
LA DIAGNOSI PRECOCE - Dal punto di vista clinico, "la neuropsichiatria infantile e gli psicologi possono usufruire di diagnosi sempre più attendibili e, in molti casi, inquadrare gli aspetti sintomatici come segni precursori di patologia successiva. 'Lavoro preventivo'- chiarisce Speranza- significa non lasciare che la patologia si strutturi, intervenendo sui segnali precoci. L'individuazione degli indicatori precoci di patologia permette di cogliere precocemente una serie di problematiche per trattarle con interventi meno intensi e tempestivi sul bambino e la famiglia. Osservare, infine, i segnali di vulnerabilità consente invece di seguire l'evoluzione del bambino senza stigmatizzarlo".
TRE LE AREE DI VULNERABILITÀ - Secondo la professoressa de 'La Sapienza', "le problematica più frequenti in età evolutiva sono i disturbi del sonno, alimentari e del comportamento. In quest'ultimo caso, i minori possono manifestare una serie di condotte legate all'aggressività e alla disregolazione affettiva". IL MANUALE DEI DISTURBI MENTALI (DSM) - Il Manuale dei disturbi mentali "è uno strumento indispensabile, attraverso cui la Comunità scientifica si confronta e fa ricerca. Tuttavia- puntualizza l'esperta- per l'infanzia non ritengo che sia uno strumento così utile, perché non considera come dimensioni significative le diverse fasi evolutive della prima e seconda infanzia e dell'adolescenza. Nel Dsm-5 è stato introdotto l'aspetto dello sviluppo, ma è poco strutturato. Questo è un limite importante".
IL MANUALE DIAGNOSTICO PSICODINAMICO (PDM) - "Il Manuale diagnostico psicodinamico (Pdm), diversamente dal Dsm, sposa una teoria dinamica e un sistema multiassiale: non individua i sintomi come aspetti principali, ma parte da una valutazione della personalità, del funzionamento mentale e del vissuto soggettivo dei sintomi nell'esperienza del paziente (il terzo asse). Offre quindi una valutazione più articolata del disagio e della sofferenza mentale", afferma la studiosa.
Il Pdm nasce dal lavoro di "associazioni e società internazionali di orientamento psicodinamico. La prima versione risale al 2006, mentre nel 2016 sarà pubblicata una versione rivista: il Pdm-2. Nella nuova edizione, completamente aggiornata nei diversi Assi, sono state ulteriormente strutturate le fasce di età per una valutazione dinamica del funzionamento e della personalità del bambino, dell'adolescente e dell'adulto. Se nel Dsm il paziente deve rientrare in una categoria di sintomi- chiarisce la professoressa- il Pdm valuta, al contrario, la specificità e l'individualità del paziente a livello clinico e terapeutico: vede come funziona, incluse le sue risorse, non quanti sintomi ha".
IL PDM, UN SISTEMA DIVISO PER FASCE DI ETÀ - Il Pdm è "un sistema diviso per fasce di età e ne considera la specificità: la prima infanzia 0-3, la seconda infanzia e adolescenza 4-17 anni e l'età adulta. Nel Pdm-2 ci saranno ancora più sezioni: prima infanzia, seconda infanzia fino a 10 anni, adolescenza, età adulta e, infine, le patologie specifiche degli anziani. Questo manuale restituisce importanza centrale- conclude Speranza- alla dimensione evolutiva e alla continuità dello sviluppo".
(Wel/ Dire)