De' Micheli: La famiglia come Super-Io aiuta a controllarle
(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 16 giu. - "Tutte le emozioni, belle, brutte o criminali, sono ereditate dal mondo animale; dipende da noi imparare a controllarle e a stabilire quando fermarci. Lo insegna Darwin e lo conferma Lombroso. Uno psicoanalista direbbe che questa struttura del controllo é delegata al Super-Io, che non è un giudice in toga ma un'emanazione dell'Io che stabilisce i margini d'azione e i limiti. Il contesto familiare può essere come un Super-Io, e se manca, per esempio, gli adolescenti risultano più paurosi e alla ricerca di ancoraggi: agganci che diano loro sicurezza".
Introduce così il complicato dialogo delle emozioni tra genitori e figli Angelo Giuseppe de' Micheli, psicologo, psicoterapeuta, docente di Psicologia dell'età evolutiva alla Scuola europea di psicoterapia neo-ericksoniana, nonché autore del libro 'Trame familiari. Genitori e figli in cerca del dialogo e dell'intesa' (Magi edizioni), in cui la protagonista è la cattiva comunicazione.
Il punto di partenza per analizzare il rapporto genitori-figli sul piano emozionale è la famiglia. "Ma cos'è il nucleo familiare per l'individuo?- chiede il terapeuta- Un piedistallo dove affermare il proprio sé, che non coincide con quello familiare, per realizzarsi nel lavoro e per intessere nuove relazioni? Oppure un contesto dove produrre qualcosa per crescere e far crescere insieme? Costruire una famiglia significa mettere in secondo piano il proprio sé e mettere in primo piano una realtà nuova, che non è più 'Noi' ma un 'Noi dopo', una realtà in evoluzione".
Per costruire un contesto familiare positivo il professore consiglia di "amare se stessi nel senso di capire cosa si vuole e di riconoscere i propri limiti, poi, proporsi di realizzare un progetto con chi accetta i pregi e i limiti dell'altro. Solo così sarà possibile creare una famiglia che permetta alle emozioni di uscire in modo sano. Quelle represse- avverte lo psicologo- si trasformano in aggressione verso se stessi (depressione) o violenza che scarichiamo all'esterno, o sintomi che sono testimonianze del disagio che si avverte".
Se nella relazione familiare "non circolano idee, programmi, o manca la chiarezza, prende piede la paura- spiega lo scrittore- uno stato di allerta dell'organismo a una minaccia imminente di origine ignota che sviluppiamo nel tempo, perché alla nascita non sappiamo cosa sia". In queste 'trame familiari' in cui lo scambio di pensieri ed emozioni è inesistente "gli adolescenti e gli adulti cercano un aggancio che li faccia sentire sicuri. Spesso si tratta di addiction- rimarca lo psicoterapeuta- ad esempio l'acquisto compulsivo dell'adulto di 'Gratta e vinci' alla ricerca della dea bendata, della mamma buona che faccia vincere lui e non altri. O ancora gli adolescenti che fumano lo spinello o sperimentano l'ecstasy perché non si sentono ascoltati, capiti e apprezzati in famiglia. Il parametro che fa la differenza tra il giorno e la notte è la presenza della luce, il parametro che fa la differenza tra il benessere e l'anticamera della depressione è l'autostima. Questa- ricorda De' Micheli- si costruisce interagendo con la realtà e controllandola; non la vendono nei centri commerciali, o ce la danno i genitori da piccoli o la dobbiamo costruire da soli da adulti con l'aiuto di un esperto".
L'adolescente difficilmente si sente capito, pensa di non essere importante, rinuncia ad esprimersi, a manifestarsi, a comunicare i suoi bisogni. "Ormai nelle famiglie non si dialoga per crescere ma per imporre, prevaricare, convincere e controllare l'altro. Se l'adolescente non percepisce che l'ambiente lo considera importante lascia perdere e rinuncia. Si aggancia al gruppo dei pari, degli amici, si dedica ad attività sportive, a forme di narcisismo sostitutivo tranquillizzanti che non hanno spessore. Il vero problema in famiglia, sia della coppia, sia dei figli- chiarisce il professore- è l'accettazione".
Come si fa a farsi riconoscere nel contesto familiare? "Bisogna che tutti i componenti abbiano il coraggio di esprimere i loro bisogni e avere un interlocutore disposto ad ascoltarli. Se in una famiglia la tv è sempre accesa, anzi è presente in ogni stanza, l'ascolto mancherà, si scapperà dal comunicare. Bisogna quindi lavorare sull'ascolto e la comprensione- aggiunge- perché i modelli che ci vengono comunicati sono l'affermazione del sé individuale: 'Fai questo viaggio', 'Fai carriera', 'Devi avere successo'. Oggi esistono anche i corsi per stimolare l'aggressività e svegliare l'affermazione del sé- continua- corsi che diventano sbagliati quando prevaricano su altri valori. Una smisurata affermazione del sé sull'individuo si traduce nel disinvestire sulla famiglia, avvertita sempre più come una gabbia che genera frustrazione. Una sensazione confermata dai dati- precisa de' Micheli- secondo l'Istat le separazioni riguardano oggi l'85% delle coppie, alcuni anni fa la percentuale era del 65%".
In una famiglia in cui "manca la comunicazione e il rispetto, le principali emozioni saranno la paura e l'aggressività (reazione anticipatoria legata alla paura). Altrimenti - come avviene per molti giovani giapponesi - la marginalità sociale e familiare che, in casi estremi, può arrivare a un lento suicidio. La depressione in fondo rappresenta questo- conclude- un'aggressione che facciamo a noi stessi. Ed è in aumento nei minori". Il dialogo e l'ascolto senza la pretesa del giudizio ma mossi dalla necessità di capire, sono la sola strada vincente per valorizzare la realtà familiare.
(Wel/ Dire)