Il 21/2 a Palermo. Ne parlano Gallerano e Picone
(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 10 feb. - "Il funzionamento della nostra mente tende a oscillare tra funzionamenti regressivi (stati primitivi), che rimandano a dimensioni arcaiche e psicotiche, e funzionamenti più adattivi, che rimandano ad aree cosiddette nevrotiche. 'Ogni personalità ha, quindi, parti nevrotiche, psicotiche e fusionale. Queste parti rappresentano l'espressione articolata di un'organizzazione mentale che può avere momenti e gradi diversi e pertanto non definibili in senso patologico in assoluto'. (Tagliacozzo, 2005, p. 69-70). Gli stati regressivi (aree psicotiche) della mente dell'analista e l'impegno etico coabitano nella stanza d'analisi, e rappresentano un elemento paradossale del processo dell'analisi. Dimensione paradossale e irriducibile poiché la relazione analitica è, per definizione, asimmetrica". Lo scrive Bianca Gallerano, psicologa analista Junghiano, che il 21 febbraio terrà a Palermo, con la psichiatra Francesca Picone, il seminario dal titolo 'Zone d'ombra nel processo analitico. Incidenti, collusioni e stati primitivi della mente', presso l'Istituto per l'Italia meridionale e per la Sicilia del Centro italiano di psicologia analitica (Cipa), in via ausonia n° 5, dalle 9.30 alle 13.30.
L'iniziativa si iscrive all'interno dei 'Seminari di psicologia del profondo - la psicologia analitica nella pratica clinica', promossi dall'Istituto per l'Italia meridionale e per la Sicilia del Cipa dal 24 gennaio al 30 maggio.
"La mente dell'analista al lavoro è, quindi, suo malgrado, esposta a vivere penose condizioni emotive e mentali difficili da sostenere. Nella letteratura junghiana queste condizioni emotive vengono descritte con le seguenti espressioni: contagio psichico, infezione psichica, partecipation mystique, comune inconscietà. Tutti questi termini- prosegue la psicologa- sono rivolti a rendere dicibile un fenomeno peculiare che si attiva in ogni relazione umana e si declina, in modo specifico, all'interno della relazione analitica. Jung in 'Psicologia della traslazione' (1946), con quei termini, vuole alludere ad aree psichiche arcaiche (psicotiche) difficilmente mentalizzabili, che prendono corpo all'interno della coppia analitica, creando, in tal modo, 'un vincolo, un rapporto' (Jung, 1946) che 'si svolge al di fuori della coscienza' (Jung, 1929). Tale vincolo, inevitabilmente, contagia e contamina la pensabilità del terapeuta, facendo crollare momentaneamente l'illusione di poter disporre della capacità di padroneggiare in modo stabile e duraturo, sia in senso affettivo che cognitivo, la situazione in cui è immerso".
Attraverso il racconto di due immagini "tratte dalla clinica si tenterà di descrivere come i cosiddetti stati primitivi ed arcaici della mente possono contagiare la pensabilità dell'analista. La possibilità che la mente dell'analista al lavoro si risvegli alla consapevolezza fa sì che non si stabilisca una collusione cronica. Il confine, però, tra contagio e collusione cronica è molto labile e incerto. Questa fragile distinzione fa sì che i cosiddetti 'stati primitivi della mente (aree psicotiche)'possano divenire un ostacolo e bloccare il processo analitico, a volte interromperlo- conclude- oppure divenire una risorsa per la relazione analitica".
(Wel/ Dire)