Aquila, contrastare effetti del trauma con la scuola
Progetto IdO con 398 docenti, 2.000 bambini più adolescenti
(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 28 apr. - 'Le insegnanti rappresentavano per i bambini l'unico punto di riferimento in una realtà che aveva perso tutti i suoi parametri spaziali e temporali e garantivano, in tal senso, la continuità necessaria a ogni processo di crescita. È al senso materno insito nel ruolo della maestra che abbiamo affidato gli strumenti per avvicinare il mondo affettivo dei bambini, ed è alla loro professionalità che abbiamo consegnato le tecniche per rendere operativo il lavoro nelle classi'. È partito con questo spirito, il progetto sperimentale dell'Istituto di Ortofonologia (IdO) con 'Le 398 meravigliose maestre de L'Aquila' (testo a cura di Federico Bianchi di Castelbianco e Magda di Renzo, Magi Edizioni) per contrastare attraverso la scuola gli effetti del trauma causato dal terremoto del 6 aprile 2009, aiutando docenti e studenti con un intervento psicologico mirato, la DanzaMovimentoTerapia (DMT) e lo psicodramma.
Hanno aderito all'iniziativa cinque circoli didattici, oltre 2.000 bambini, più gli adolescenti.
'Perché tutto questo fosse possibile era, però, indispensabile che le insegnanti fossero accolte e sostenute nei loro vissuti personali- spiegano gli autori del libro- affinché affrontassero i bambini senza aggiungere il loro sovraccarico di emozioni o senza negarle difensivamente impedendo così anche ai bambini di avere accesso al loro mondo interno. Le insegnanti, quindi, hanno riproposto ai bambini i temi e le esperienze che loro stesse avevano vissuto in prima persona e hanno fatto propri i suggerimenti e le modalità operative che tanto erano state discusse insieme'.
A raccontare il lavoro svolto in quei mesi sono Renata Biserni, psicoterapeuta psicodrammatista, Anna Di Quirico, danzamovimentoterapeuta IdO, Marianna Stinà, psicoterapeuta dell'età evolutiva dell'IdO, e Karen Cicolini, psicoterapeuta dell'età evoltuiva dell'IdO, tutte membri della numerosa equipe che ha operato a L'Aquila.
La prima esperta ha seguito nei suoi gruppi esperienziali circa 200 insegnanti, soprattutto di scuola materna ed elementare: 'I primi di luglio 2009 arrivammo lì in equipe con altri psicoterapeuti- afferma Biserna- il percorso è durato un anno e andavo a L'Aquila due volte a settimana per lavorare con le docenti. Trattavo in particolare gli adulti, mentre le mie colleghe i bambini e gli adolescenti'.
LA TECNICA DELLO PSICODRAMMA - Lo psicodramma 'è un lavoro esperienziale. Le tecniche psicodrammatiche possono essere usate in psicoterapia, o meno, per l'elaborazione del trauma. Si tratta sempre di un lavoro di gruppo, perché condividere con gli altri lo stesso problema, avendo subito l'identico trauma, aiuta a sentirsi meno soli con il proprio dolore. Vivere nell'altro la propria sofferenza- spiega la psicodrammatista- e vedere come l'altro la elabora, aiuta ad avere uno strumento in più'.
Lo psicodramma utilizza quindi il valore catartico del teatro. 'Invece di mettere in scena un testo mettiamo in scena le nostre trame personali. Vediamo insieme agli altri un frammento del nostro copione di vita per notarne degli aspetti e raggiungere una ipotetica catarsi che ci aiuta a scaricare tutta la tensione'. Nel progetto dell'IdO venivano proposti dei giochi psicodrammatici: 'Ad esempio- prosegue Biserni- le maestre individuavano un oggetto, che poteva essere un cuscino, e lo identificavano con il terremoto, questo mostro a cui ognuno dava un nome per sfogare verbalmente e fisicamente la rabbia. Questo lavora aiutava ad elaborare il trauma in maniera molto rapida, mettendo insieme azione, parola e condivisione'.
STRUTTURAZIONE DELL'INTERVENTO - Si parte accogliendo la narrazione del trauma vissuto dai partecipanti. 'E' utile , in un ambito protetto, rivivere il proprio terremoto per poter esprimere la rabbia legata a questo dolore della perdita dei cari, della casa e della città. L'Aquila era una città-territorio che ha visto disgregarsi il tessuto sociale. Abbiamo proposto un lavoro di ricostruzione del mondo interno e della vita psichica delle insegnanti- sottolinea Biserni- per farle tornare rassicuranti con i bambini e i genitori. Il risultato è andato aldilà delle aspettative, ha cambiato la vita di tutti noi. Chi ha partecipato ai nostri gruppi esperienziali ha preso contatto con le proprie risorse, la sua fragilità, ed è stato capace di attivare un processo di resilienza. Hanno chiesto di partecipare a questi gruppi anche il personale ATA e le impiegate della segreteria'.
LA DMT LAVORA SUL TRAUMA IN TRE FASI: CORPO, GRUPPO, CREATIVITÀ - 'Il lavoro sul trauma doveva partire dal corpo per ristrutturare il riassetto della sensorialità, attraverso un lavoro di gruppo da cui sviluppare un processo creativo con la DMT. Le insegnanti hanno lavorato su loro stesse per poi portare il loro modello nelle classi e raggiungere così tutta la scuola', ha chiarito Di Quirico, che ha gestito il laboratorio DMT per tutta la durata del progetto: 'Spesso per sopravvivere a un trauma si smette di sentire e ci si lascia vivere in uno stato di annebbiamento. Bisogna riattraversare il lutto, la perdita della casa, della città e degli affetti per elaborare il dolore. È un lavoro affidato alla corporeità e al processo creativo'. Di Quirico ha lavorato con gruppi di 40-60 persone alla volta, e 'il rispecchiamento che si è venuto a creare tra le persone ha favorito il processo di ricostruzione affettiva. Non si sentivano soli, ritrovavano la solidarietà attraverso una ricostruzione della memoria'.
COME APPARE UN ADULTO TRAUMATIZZATO? 'Apparentemente sembra una persona composta, trattenuta, che tiene a bada l'espressività degli affetti. In verità, ciò che risulta è un totale disorientamento. Tutta la città è senza confini- raccontano- non c'erano le fermate degli autobus, i gesti tipici della quotidianità erano andati perduti e si avvertiva una forte ansia generalizzata, con attacchi di panico, insonnia, dispersione dell'io - ovvero il non sapersi riconoscere - e comportamenti di evitamento perché avevano paura di entrare nelle loro case o svolgere tutte le azioni normali della vita. Gli adulti descrivevano con racconti ossessivi la notte del terremoto- aggiunge Stinà- sembrava di assistere alla narrazione di una vicenda post bellica, un ricordo ossessivo e non elaborato'.
Quello che è accaduto a L'Aquila è 'un lutto multistrato, con la perdita di figli, amici, parenti, case e città. Un lutto che andava da una dimensione individuale ad una collettiva'.
COME APPARE UN BAMBINO TRAUMATIZZATO? 'Nelle classi era difficile fare didattica. I bambini erano distratti, dispersivi, urlavano. Il livello di elettricità nell'aria era alto- chiosa la psicoterapeuta IdO- carico di risate isteriche, parlottamenti e distrazione'.
IL LAVORO PSICOTERAPEUTICO - Stinà ha 'affiancato dal mese di luglio 2009 De Quirico e Biserni per preparare il gruppo docente all'impatto con i bambini che, a settembre, sarebbero stati accolti in strutture diverse o nelle vecchie scuole in parte crollate, e sempre con la paura del terremoto'. Le insegnanti erano le prime che dovevano confrontarsi con il trauma e 'subito risultò visibile uno scollamento tra pensiero e immagine. Solo lavorando su di loro, rassicurandole, sarebbe stato poi possibile rassicurare i bambini'.
Il livello di elaborazione del trauma è 'dipeso dal tipo di collaborazione che le docenti instauravano con gli psicoterapeuti. I professori che avevano fatto esperienza dei gruppi nel mese di luglio, stringendo una forte alleanza con lo psicologo, erano riusciti a sviluppare un lavoro simbolico nella classe utile alla elaborazione del lutto. Riuscivano a nominare il trauma attraverso il gioco. Nelle classi dove le insegnanti non avevano partecipato ai gruppi- continua Stinà- ed erano loro stesse ancora dentro al trauma, il terremoto diventava l'innominato. Queste insegnanti si fermarono ai sintomi manifestati dai bambini, senza accedere al collegamento comportamento-emozioni-pensiero'.
COME SI E' STRUTTURATO IL LAVORO - 'Ci siamo prima focalizzati sull'elaborazione del lutto multistrato, creando uno spazio e un luogo dove il bambino potesse rivitalizzare il dolore attraverso una narrazione simbolica della perdita. In un secondo momento, abbiamo recuperato la possibilità della didattica superando gli elementi di dispersività e disorientamento'.
IL LAVORO CON GLI ADOLESCENTI - Stinà ha lavorato anche con 110 ragazze di due istituti, dai 14 ai 16 anni e dai 16-18 anni. Lo strumento di lavoro prevedeva l'utilizzo integrato della DMT e dello psicodramma in un'ottica di psicologia psicodinamica integrata. 'La Dmt entrava a contatto con l'area più simbolica- chiarisce- i giochi di psicodramma invece servivano per mettere in scena il loro trauma'.
SPORTELLI D'ASCOLTO PER DOCENTI E GENITORI - L'attenzione dell'IdO è stata rivolta anche ai genitori con gli sportelli di ascolto nelle scuole gestiti da karen Cicolini, psicoterapeuta dell'età evolutiva dell'IdO.
'Supportavo genitori e docenti, e su loro richiesta attivavo dei laboratori nelle classi per i bambini. Da un punto di vista professionale- ricorda Cicolini- abbiamo toccato con mano l'importanza di un intervento tempestivo per sostenere le maestre ad elaborare il trauma e a garantire, successivamente, il benessere della classe. Lavorando con i padri e le madri ci siamo invece focalizzati sulle autonomie di base. Molti bambini- racconta la psicoterapeuta- erano tornati a dormire nel 'lettone' non a causa di loro timori, ma per le paure dei genitori che non aveva ancora elaborato il trauma. Ricordo molti papà e molte mamme portare i loro figli fin dentro le classi, avendo paura di lasciarli fuori scuola. Quindi il primo anno abbiamo dovuto lavorare soprattutto sull'elaborazione del trauma- conclude- per non permettere al terremoto di distruggere la vita quotidiana'.
(Wel/ Dire)
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