(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 21 apr. - I vocaboli del nostro linguaggio sono racchiusi in un "dizionario" situato nella corteccia visiva del nostro cervello, da qui vengono estratti al momento di parlare o leggere. L'apprendimento di una lingua che non conosciamo richiede ascolto, quindi un importante impegno da parte del nostro sistema uditivo. Ma è soltanto grazie al sistema visivo che le parole entrano a far parte del bagaglio culturale e possono poi essere usate per costruire frasi, periodi ed espressioni. A suggerirlo è una ricerca pubblicata sulla rivista 'Journal of Neuroscience', secondo cui le centinaia di migliaia di parole che compongono il nostro linguaggio sono racchiuse in una sorta di 'dizionario' situato nella corteccia visiva del nostro cervello, da cui possono essere facilmente estratte al momento di parlare o leggere.
L'ESPERIMENTO CON GLI STUDENTI DAVANTI A PAROLE SCONOSCIUTE - È giunto a questa conclusione Maximilian Riesenhuber, neuroscienziato della Georgetown University, dopo aver preso in esame 25 studenti di scuola superiore e li ha sottoposti a un test in cui i giovani erano posti di fronte a 150 parole sconosciute, mentre la loro attività cerebrale era analizzata attraverso una risonanza magnetica funzionale. Secondo quanto evidenziato dal ricercatore, prima che i giovani apprendessero il significato delle parole, queste venivano registrate dal cervello come un "guazzabuglio" di simboli, mentre una volta appreso il senso di quelle parole i giovani tendevano a "visualizzarle" attraverso il sistema visivo, registrando quei vocaboli in un area della corteccia chiamata "area visiva per la forma della parola" (VWFA).
LO STESSO MECCANISMO CHE SCATTA PER RICONOSCERE I VOLTI - "In questa fase vediamo le parole come oggetti visivi e la fonetica non risulta più coinvolta" ha spiegato Maximilian Riesenhuber, sottolineando che questo "dizionario visivo" del nostro cervello ci permette di leggere a velocità spedita nella lingua che conosciamo, piuttosto che pronunciare ogni singolo suono come facciamo con le lingue a noi meno note. Il meccanismo è simile a quello utilizzato per il riconoscimento dei volti: quando il volto è familiare sappiamo riconoscerlo in una frazione di secondo senza analizzarne le singole componenti, mentre per i volti sconosciuti abbiamo bisogno di più tempo per poterli focalizzare.
I DISLESSICI IMPEGNANO PIÚ CIRCUITI SENSORIALI QUANDO LEGGONO - L'idea del dizionario visivo, secondo i ricercatori della Georgetown University, potrebbe essere anche utile nell'accrescere la comprensione di alcuni disturbi specifici dell'apprendimento che coinvolgono la lettura e la memorizzazione delle parole, come la dislessia. Con questo obiettivo, i ricercatori statunitensi hanno da poco avviato un'indagine per verificare in che modo le parole vengono "registrate" nel cervello dei soggetti dislessici durante la lettura. L'idea è che chi soffre di questi disturbi tenda a impegnare più circuiti sensoriali quando legge, con conseguenti difficoltà nel sapere leggere e apprendere quanto letto.
ANCHE I CIECHI USANO IL SISTEMA "VISIVO" PER LEGGERE IL BRAILLE - Malgrado diversi gli studi scientifici abbiano sottolineato il ruolo centrale dell'area visiva per la forma della parola (VWFA) nel consentire la lettura e la comprensione, sono ancora molti i punti oscuri sul funzionamento di questo sistema. Una ricerca pubblicata sulla rivista Current Biology, ad esempio, ha mostrato che le persone non vedenti sin dalla nascita impiegano questa stessa area della corteccia visiva per leggere attraverso i caratteri Braille. Una conclusione che lascia supporre che questa zona del cervello racchiuda in sé una sorta di meccanismo universale deputato alla lettura e all'apprendimento, che porta a elaborare le informazioni in maniera indipendente dalla vera e propria vista.
(Wel/ Dire)