(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 21 apr. - Qualità batte quantità. Una nuova importante ricerca riaccende l'annoso dibattito su qualità versus quantità del tempo speso coi figli, dimostrando come la quantità di per sé sia addirittura irrilevante, in particolare quando i bambini hanno tra i 3 e gli 8 anni.
QUANTO TEMPO STARE COI FIGLI? - Non conta La quantità di tempo passata dai genitori, e soprattutto dalle mamme, con i propri figli conta per il loro sviluppo? La risposta, scontata, è "sì". Ebbene, la risposta è scontata culturalmente, ma è di fatto sbagliata: lo sostiene lo studio, che sarà pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Marriage and Family, e i cui risultati hanno assai stupito le ricercatrici stesse. Si tratta dello studio longitudinale più ad ampio raggio mai realizzato finora sull'argomento. I risultati sono netti: la quantità di tempo passato coi bimbi conta fino ai tre anni d'età. Dopo, nei bambini che hanno tra i 3 e gli 11 anni, non ha praticamente alcun peso sul loro sviluppo, dal punto di vista dei risultati scolastici, del comportamento e soprattutto del loro benessere emotivo. Quello che conta sarebbe la qualità.
ADOLESCENZA, QUANDO LA QUANTITÀ TORNA ALLA RIBALTA - Un po' diversa la situazione coi figli adolescenti: la presenza dei genitori - e della madre in particolare - torna a essere rilevante anche a livello quantitativo, dato che aiuta a tenerli alla larga dai guai, anche se non più di tanto. I teenager che ricevono più tempo hanno infatti meno problemi di abuso di sostanze e con la giustizia, e se la cavavano anche meglio in matematica. Il tempo richiesto pare non sia poi gran cosa: sei ore di tempo "impegnato" alla settimana con i genitori. Cos'è il tempo "impegnato"? Quello in cui c'è interazione diretta tra genitori e figli, mentre il tempo "accessibile" è quello in cui un genitore è presente, ma non sta interagendo direttamente con il figlio, come quando prepara da mangiare mentre il figlio fa i compiti in cucina.
PIÙ PRESENTI OGGI CHE NEGLI ANNI '70 - La ricerca sarà senz'altro bene accolta da quelle orde di genitori-lavoratori con le ansie e i sensi di colpa per il poco tempo speso con la prole. Poco, perché l'opinione generalizzata è appunto che tale spesso sia. In realtà i genitori di oggi passano mediamente più tempo con i propri figli rispetto al passato. Una comparazione storica basata su dati americani del 2010 ha mostrato come in quell'anno le madri avessero passato in media 13.7 ore alla settimana con i propri figli: quasi il doppio rispetto al 1975, in cui era in media 7.3 ore (e tra le mamme casalinghe pari a quello speso dalle mamme lavoratrici di oggi). Il tempo dei padri, invece, con una media di 7.2 ore, triplica rispetto ad allora, visto che nel 1975 i padri americani spendevano con i figli 2.4 ore alla settimana.
IL TEMPO DI CATTIVA QUALITÀ È CONTROPRODUCENTE - Non solo: i ricercatori si sono accorti che genitori e madri in particolare che, guidate da un senso di colpa, cercano di passare più tempo possibile coi figli, spesso ottengono in realtà un risultato controproducente, perché sono troppo stanche, stressate, nervose e ansiose, e ciò si ripercuote negativamente nel rapporto coi figli e sui figli, con risultati negativi dimostrabili. Tale stress è spesso causato, almeno in parte, proprio dal dogma culturale della "genitorialità intensiva", quest'idea - alla fine sballata - che più tempo si passa insieme ai figli, meglio è (e che magari le madri dovrebbero stare a casa a crescerli). Tra l'altro i bambini hanno davvero bisogno, per il proprio sviluppo cognitivo e sociale, di tempo non strutturato da passare con se stessi, senza genitori né impegni - come ha ribadito l'American Academy of Pediatrics. Meglio passare meno tempo insieme, dunque, ma quello che si passa, che sia davvero - davvero - di qualità, quella qualità difficile da definire, ma che ogni genitore e ogni figlio sa riconoscere nei momenti in cui si manifesta, e riempie in cuore di gioia.
(Wel/ Dire)