"La realtà delle differenze sessuali è assai multiforme"
(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 14 apr. - 'Da sempre oggetto di narrazioni mitiche e letterarie - dai miti greci di Tiresia o Eracle all'Orlando di Virginia Woolf - il concetto d'identità di genere, esplorato scientificamente solo a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso, rimane in gran parte un enigma'.
Introduce così il tema dell'identità di genere Vittorio Lingiardi, psichiatra e professore ordinario di Psicologia dinamica, presso la Sapienza Università di Roma.
DEFINIZIONI E TAPPE FONDAMENTALI - 'La storia dell'identità di genere, infatti, ci riporta a un passato (psichiatrico e psicoanalitico) piuttosto confuso e movimentato. Prima di riassumerla- prosegue il professore- credo sia utile, per una migliore comprensione dell'argomento, ricordare alcune definizioni e fissare alcune tappe fondamentali. Il termine genere è stato usato per la prima volta attorno al 1950 per distinguere l'identità e il ruolo in cui l'individuo si riconosce dall'anatomia dei suoi genitali. Per molto tempo, infatti, si è ritenuto che il sesso inevitabilmente coincidesse con il genere e lo determinasse, senza scarti né infrazioni. Si è, quindi, sentita la necessità di differenziare la categoria anatomica e biologica di appartenenza, il sesso (maschio, femmina) dalle categorie psicologiche e sociali del genere (maschile, femminile oppure 'uomo' o 'donna') così come vengono a 'costruirsi' culturalmente e ad articolarsi nei contesti sociali e relazionali. Un individuo nasce femmina o maschio (più raramente può presentare una condizione d'intersessualità), ma la sua identità di genere (sentirsi un uomo, sentirsi una donna) e la sua espressione di genere (aderire a comportamenti e aspettative socio-culturali di mascolinità e femminilità, quindi relative al suo ruolo di genere) non sempre coincidono con il suo sesso biologico. La confusione e la sovrapposizione tra sesso, identità di genere, ruolo di genere (e talvolta anche orientamento sessuale) ha generato confusione ed errori clinici e scientifici. Con lo psichiatra e psicoanalista Robert Stoller- ricorda Lingiardi- si comincia a parlare di identità di genere nucleare: il bambino e la bambina possono sviluppare molto precocemente un senso di appartenenza di genere anche in modo relativamente indipendente dallo stato dei cromosomi o dall'anatomia dei genitali'.
I FATTORI CHE MAGGIORMENTE INFLUENZANO LA FORMAZIONE DELL'IDENTITÀ DI GENERE - 'Come dicevo si tratta di un territorio clinico e scientifico in buona parte inesplorato, in cui sembrano confluire componenti di tipo genetico e biologico (a livello endocrino, neurofisiologico, anatomico), familiare e ambientale (le aspettative dei genitori, la relazione con i caregiver e il complesso intreccio delle identificazioni, esperienze ed elementi di carattere biografico), sociale e culturale. Il modo in cui teniamo insieme le diverse dimensioni che compongono il nostro 'sé corporeo' e il modo in cui 'interpretiamo' il genere (con soluzioni più o meno 'genderizzate' rispetto agli stereotipi di cosa è 'maschile' o 'femminile') andrebbe considerato una vera e propria costruzione bio-psico-sociale che porta impressa su di sé il segno della propria unicità, del proprio 'idioma'. Si tratta di un percorso 'spontaneamente creativo'- spiega lo psicoterapeuta- ma al tempo stesso necessariamente 'condizionato' sia da forze biologiche sia dal contesto. Per questa ragione è un processo molto delicato e sensibile a ogni tentativo di costrizione'.
IL RAPPORTO TRA IDENTITÀ DI GENERE E SESSUALITÀ - 'Sottoposti a severa critica alcuni concetti freudiani che si credeva preposti alla consapevolezza della differenza sessuale e alla formazione dell'identità di genere nel bambino (angoscia di castrazione) e nella bambina (invidia del pene), oggi si guarda all'identità di genere, e alla sessualità più in generale, come a dimensioni psichiche e fisiche che non sempre vengono a coincidere, ma che certamente si organizzano in un contesto di matrici relazionali. Del resto, per lo stesso Freud 'maschile' e 'femminile' non rinviavano semplicemente allo sviluppo (psico)sessuale del bambino e della bambina, ma si riferivano piuttosto al modo in cui ogni individuo affronta questo riconoscimento'.
Lingiardi chiarisce: 'Quando parliamo di sessualità è importante non dimenticare che i comportamenti sessuali che osserviamo non devono appiattirne la varietà d'espressione; piuttosto, sono le fantasie che stanno dietro alle pratiche sessuali a farci da guida. Inoltre, il contenuto e il numero dei generi sono una variabile culturale all'interno di ogni società e i contesti che li definiscono, agiscono, performano e interpretano sono costantemente mutevoli. Gli studi di Judith Butler, una delle teoriche più creative nel campo dei gender studies, hanno profondamente contribuito alla riflessione contemporanea sul genere (bastano un paio di suoi titoli per farci capire la portata del suo discorso: 'Corpi che contano', 'Gender trouble', 'Fare e disfare il genere')'.
L'esperienza clinica 'ci ricorda che le categorie binarie di genere possono offrire alla coscienza una soluzione difensiva, più o meno efficace, per 'tutelare' il senso di coesione della nostra identità e 'fare ordine' in un mondo molteplice e inclusivo di fantasie e rappresentazioni. Tuttavia- aggiunge il professore- assumere posizioni eccessivamente rigide e incapaci di negoziazione ci allontanerebbe da un'esperienza autentica di noi stessi e delle nostre relazioni. Fin da quando nasciamo la sessualità ci rivela che la realtà della differenza sessuale è assai più multiforme di quanto previsto dalla logica binaria di una reciproca esclusività. Una volta decostruito il genere, e colta la sua funzione di 'formazione di compromesso', dovremmo saperlo riassemblare. La riflessione clinica sul genere deve saperne cogliere sia gli aspetti strutturati e strutturanti sia quelli, come direbbe Adrienne Harris, paradossali e di 'soft assembly'. Molti pazienti- continua il professore- ci hanno fatto capire la necessità di superare le costrizioni del binarismo di genere, e ci hanno chiesto di aiutarli a trovare posizioni e combinazioni nuove. Ma altri ci chiedono, da uno smarrimento che va dalla confusione di ruolo alla disforia di genere, delle vere e proprie certezze, con ancoraggi letterali e spesso biologici. Come molti hanno sottolineato meglio di me- afferma Lingiardi- il concetto di genere va dunque inteso come un paradosso costruito sulle tensioni che lo compongono. Si tratta, come sostiene Jessica Benjamin (di cui Cortina ha appena pubblicato il saggio 'Legami d'amore', ormai un classico della letteratura psicoanalitica in tema di genere), di decentrare la nozione di identificazione di genere e riferirsi alla pluralità delle posizioni evolutive piuttosto che a un'unilinearità dello sviluppo, di assimilare la differenza senza ripudiare la somiglianza, creare uno spazio tra gli opposti capace di concettualizzare una tensione e non un'opposizione binaria che valuta un polo svalutando l'altro'.
I PROFESSIONISTI DELL'ETÀ EVOLUTIVA COLGANO LA COMPLESSITÀ DEI COMPORTAMENTI LEGATI AL GENERE - Vittorio Lingiardi sottolinea poi che 'è importante, per esempio, che i professionisti che si occupano di età evolutiva (da un punto di vista medico e psicologico) sappiano 'leggere' la complessità dei comportamenti legati al genere dei bambini e delle bambine, degli adolescenti e delle adolescenti. Per esempio non sottovalutarli, ma neppure etichettarli troppo precocemente, e non confondere comportamenti varianti e non conformi alle aspettative socioculturali con segnali di una disforia di genere'. Proprio in questi mesi, 'con il professore Domenico Di Ceglie, che ha diretto per anni il Gender Identity Development Service (Tavistock e Portman Clinic, Londra) e la professoressa Anna Maria Speranza (docente presso la Sapienza Università di Roma) stiamo avviando uno studio esplorativo sulle atipicità infantili di genere nei contesti sanitari italiani. Per questo studio ci avvarremo anche della collaborazione della dottoressa Alessandra Di Naro dell'Ospedale Gaslini di Genova. Inoltre, sempre in collaborazione con la professoressa Speranza, e con i dottori Guido Giovanardi, Alexandro Fortunato e Valentina Nassisi, abbiamo appena concluso un'importante ricerca, in corso di pubblicazione, sulle rappresentazioni mentali rispetto all'attaccamento e sulle diverse caratteristiche di personalità in un gruppo di persone transessuali seguite dal SAIFIP (Servizio di Adeguamento tra Identità Fisica e Identità Psichica dell'Azienda Ospedaliera San Camillo-Forlanini di Roma)'.
I POSSIBILI DISTURBI NELLA SFERA DELLA SESSUALITÀ - La quinta edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5) 'introduce cambiamenti importanti, a partire dalla scelta di una nuova etichetta diagnostica: da 'Disturbo di identità di genere' a 'Disforia di genere', così da non sottolineare più la malattia, il 'disorder', bensì la sofferenza soggettiva, la 'dysphoria', di una condizione somatopsichica inconciliabile al punto da desiderare opportuni interventi di riassegnazione sessuale, compresa la chirurgia. Inizialmente, era stato proposto il termine 'Incongruenza di Genere' per caratterizzare l'aspetto nucleare della disforia- fa sapere Lingiardi- ossia un'incongruenza tra l'aspettativa di vita basata sul sesso di nascita e l'identità esperita e/o espressa. Con 'disforia di genere' si vuole, invece, sia sottolineare la componente emotiva dolorosa e angosciante legata al genere assegnato alla nascita, sia ridurre la portata patologizzante della diagnosi'. Nonostante i progressi compiuti in questi ultimi anni, dei meccanismi alla base della disforia di genere 'sappiamo ancora ben poco. Come poco sappiamo della prevalenza del fenomeno nei bambini e nelle bambine, nelle manifestazioni MtF (maschio che si sente donna) e FtM (viceversa). Come spesso succede- continua lo psicoterapeuta- abbiamo a disposizione più i dati sugli interventi medici di adeguamento fisico che non certezze sui meccanismi implicati nella formazione e costruzione dell'identità di genere. A chi è interessato allo studio clinico del transessualismo mi sento di consigliare un interessante articolo della psicoanalista Avgi Saketopoulou tradotto sull'ultimo numero di 'Psicoterapia e Scienze Umane' (1, 2015): 'Il lutto del corpo come 'roccia basilare' nel trattamento psicoanalitico di transessuali''.
GLI ARGOMENTI CHE GLI PSICOLOGI DEVONO CONOSCERE PRIMA DI PRONUNCIARSI - 'In conclusione, vorrei elencare una serie di argomenti che la psicologa e lo psicologo devono aver presente prima di pronunciarsi su temi che, proprio perché sempre più di interesse mediatico, non devono cessare di essere trattati scientificamente: il ruolo degli ormoni sessuali e della genetica nello sviluppo dell'organizzazione cerebrale e dell'identità e disforia di genere; il modello bio-psico-sociale dello sviluppo di coloro che presentano, fin dall'infanzia, disforie o anche semplici non conformità rispetto al genere assegnato alla nascita e alle aspettative sociali rispetto al genere; le storie e le culture delle identità di genere; i risultati della ricerca medica sugli interventi medici precoci in individui con disforia di genere; l'impatto dello stigma sullo sviluppo e la salute mentale delle persone transgender'.
DATI SUI DISTURBI DELL'IDENTITÀ DI GENERE E INCIDENZA - 'Al momento non esistono dati statisticamente attendibili sulla popolazione nazionale. In Europa, lo studio più importante sulla prevalenza del transessualismo è olandese, ma risale alla fine degli anni Novanta: riporta una prevalenza dello 0,01% (1 su 10.000) per le persone MtF e dello 0,003% (1 su 30.000) per le persone FtM. Negli Stati Uniti (fonte DSM-5)- conclude Lingiardi- la prevalenza varia dallo 0,002 allo 0,003% per le persone FtM e dallo 0,005 allo 0,014% per le persone MtF'.
(Wel/ Dire)