(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 7 apr. - "Le sistematiche rilevazioni in ambito europeo di Eurobarometer (
http://ec.europa.eu) della European foundation for the improvement of living and working conditions (
http://www.eurofound.europa.eu) e i richiami della Commissione europea (2012) attestano il diffondersi di un clima sociale di incertezza, sfiducia e forte preoccupazione per il futuro. Gli effetti della crisi socio-economica ancora in atto si manifestano attraverso: a) l'aumentata diffusione di disagi personali, il peggioramento della salute e benessere psicosociale, con un aumento delle richieste di prestazioni socio-sanitarie (WHO, 2012); b) un'accentuazione delle difficoltà dei singoli nel progettare e gestire i propri percorsi di carriera; c) le crisi o le incertezze nel conservare soddisfacenti relazioni familiari con il partner e i figli; d) la fatica nel continuare a garantire livelli di reddito per una valida integrazione sociale nella comunità. Da parte dei più giovani si evidenzia inoltre un aumento delle difficoltà nel coinvolgersi appieno nelle proposte educative della scuola, nel curare le proprie competenze professionali, nell'affrontare in modo costruttivo la precarietà del lavoro, nell'orientarsi verso un'attiva partecipazione sociale, con forti pericoli di emarginazione quando le risorse sociali e familiari risultano più modeste". Risponde così Guido Serchielli, professore di psicologia del lavoro dell'Università di Bologna, intervistato dall'agenzia Dire su quali sono gli impatti psicosociali delle crisi economica e della perdita del lavoro.
DI FRONTE A TALI FENOMENI PREOCCUPANTI CHE CONTRIBUTO OFFRE LA PSICOLOGIA DEL LAVORO? "Gli psicologi hanno da molto tempo contribuito in vari modi. Uno dei più importanti riguarda lo sforzo di capire i rapporti di causa-effetto e le manifestazione del disagio dovuto alla crisi occupazionale. Ad esempio, si è visto più volte che: a) i disoccupati sperimentano una condizione di demotivazione e insoddisfazione lavorativa e per la vita in generale rispetto a chi lavora; b) subiscono un più elevato rischio di sindromi di disagio psicologico (ad esempio, ansia, depressione, ostilità, sentimenti di 'impotenza appresa', idee suicidarie, tendenza ad auto-svalutarsi e a farsi del male o self injury, varie forme di strain fisico, come l'insonnia, ecc.); c) tendono a sopportare un più elevato isolamento sociale, disadattamento dalla vita della comunità e sperimentazione di differenti forme di conflittualità sociale; d) gran parte di questi effetti negativi, anche drammatici, tendono a ridursi quando si riesce a riprendere l'attività lavorativa e fin dalla fase di preparazione al rientro, se essa è sostenuta da programmi collettivi di aiuto psicosociale e di recupero delle conoscenze e capacità lavorative; e) l'impatto negativo della disoccupazione- continua Serchielli- sul benessere psicosociale è più rapido all'inizio dell'evento, poi tende a raggiungere un livello di medio-alta intensità dovuta a processi di adattamento. In questo caso il rientro lavorativo richiede un certo tempo per produrre effetti benefici (è come se si dovesse eliminare la cicatrice - si parla di scarring effect - procurata dalla disoccupazione prolungata); f) numerosi fattori personali e sociali influenzano il rischio di un impatto negativo della disoccupazione".
CI SONO ALTRI TIPI DI APPORTI DELLA PSICOLOGIA RISPETTO ALLA DISOCCUPAZIONE? "Oltre all'impegno conoscitivo, la psicologia mantiene la sua anima 'interventista', orientata a cambiare le cose sulla base delle evidenze scientifiche. Ad esempio- spiega il professore- la disoccupazione - vista come prototipo del disagio psicosociale - richiede di essere affrontata con urgenza per le sue preoccupanti conseguenze soggettive (disagio e patologie mentali, perdita di autonomia e logoramento del 'capitale psicologico' delle persone, frustrazione e perdita di fiducia, ostilità individuale,ecc.) e per il rischio che rappresenta per la stabilità e la coesione sociale. Dunque, la psicologia del lavoro sta da tempo cercando di dimostrare e di convincere i policy makers su come intervenire concretamente non solo sul piano strutturale e delle politiche di welfare, ma anche considerando quali aspetti della persona rafforzare perché essa possa resistere e reagire pro-attivamente alle difficoltà esterne. Ci si riferisce al capitale di risorse psicologiche della persona (stima di sé, self-efficacy, locus of control interno, resilienza, stabilità emotiva, motivazioni, ecc.) che può ridurre l'impatto negativo della perdita del lavoro. Infatti- sottolinea il docente- se esso è presente o se è potenziato in grado adeguato, modera gli effetti diretti della crisi permettendo alla persona di non soccombere alle pressioni della situazione di non lavoro e di delineare azioni positive di contrasto".
IN ALTRI TERMINI, LA PSICOLOGIA DEL LAVORO PUÒ FARE QUALCOSA DI CONCRETO PER MIGLIORARE LA SITUAZIONE? "La forza degli approcci psicologici ai problemi del lavoro non sta solo nella possibilità di rimediare le loro conseguenze negative sulla persona con cure e sostegni individuali. Va considerata la spinta preventiva e di cambiamento insita nel sostegno e sviluppo del capitale psicologico delle persone. In effetti, oggi si assiste al passaggio dalla focalizzazione sui deficit, disfunzioni e patologie nel rapporto tra persona e situazione alla prospettiva dei punti di forza. Essa è tesa a mobilitare competenze; costruire fiducia di sé; stimolare speranza; risolvere situazioni problematiche; 'attivare capacità' nelle persone. Ciò significa, in concreto, impostare programmi di contrasto al disagio e di sostegno ai disoccupati (ad esempio, a livello dei servizi per il lavoro o nelle aziende in crisi) basati anche sul potenziamento delle loro risorse psicosociali accanto naturalmente ai contributi economici di emergenza. Le evidenze empiriche ci dicono, infatti, che resistono di più i disoccupati che hanno: una più elevata autostima, una maggiore percezione di controllo della loro situazione, una visione più ottimistica del futuro, un minore financial strain, un'autopercezione meno negativa dello status attuale, una minore identificazione con il lavoro svolto- conclude Serchielli- un/una partner che non assilla e rimprovera (o altri tipi di pressioni esterne)". (European Commission, (2012), Monitoring the social impact of the crisis: public perceptions in the European Union, Flash Eurobarometer, 338, 1-83. WHO, (2012), Impact of economic crises on mental health,
(Wel/ Dire)