Roma, 22 gen. - I ricercatori dell'ISS hanno stimato circa 680.000 casi di decadimento cognitivo lieve (mild cognitive impairment - MCI), in uno studio pubblicato sul Journal of Alzheimer's Diseas (https://www.iospress.nl/journal/journal-of-alzheimers-disease/)su un totale di 12.730.960 migranti, di eta' compresa tra 60 e 89 anni, residenti nell'Unione Europea (UE) nel 2018.
La proporzione di casi di MCI tra i migranti (rispetto al totale nella popolazione residente) varia dall'1.1% della Romania al 54.1% del Liechtenstein, con un incremento globale in quattro anni del 34% (dai 511.624 casi del 2014 ai 686.000 del 2018). In Italia, sono stati stimati 34.655 casi tra i migranti (rispetto ai 916.865 nella popolazione generale), pari al 3.8% degli stranieri residenti nel nostro Paese.
"Il MCI e la demenza rappresentano, e presumibilmente saranno sempre piu', una problematica rilevante in termini di sanita' pubblica nei migranti che vivono in Europa - dichiara Marco Canevelli, ricercatore dell'ISS, coordinatore dello studio - Le presenti stime, oltre ad assumere una particolare rilevanza alla luce dei cambiamenti sociodemografici in atto, confermano la necessita' di sviluppare e adottare modelli di cura e assistenza che siano sensibili alle diversita' e inclusivi nei confronti di una popolazione estremamente variegata sotto il profilo etnoculturale. Per questo, e' necessario sviluppare e adottare strumenti che consentano di eseguire una valutazione cognitiva cross-culturale".
Al riguardo, continua Marco Canevelli: "sarebbe opportuno ragionare sul possibile coinvolgimento di figure professionali come interpreti e mediatori culturali, dal momento che l'identificazione del MCI puo' risentire ed essere complicata da vari determinanti etnoculturali che possono influenzare la percezione personale e sociale del funzionamento cognitivo individuale nonche' l'attendibilita' della valutazione cognitiva".
"In un contesto di evidente aumento dei flussi migratori dai paesi in via di sviluppo verso i paesi occidentali che comporta anche un cambiamento nell'offerta sanitaria pubblica - aggiunge Nicola Vanacore, responsabile scientifico dell'Osservatorio Demenze dell'ISS (https://demenze.iss.it/)- 'contare' diventa importante. In tal senso, le stime elaborate in questo studio rappresentano la base da cui partire nell'ambito del progetto ImmiDem - Dementia in Immigrants and ethnic minorities: clinical-epidemiological aspects and public health perspectives, il primo dedicato alla prevalenza della demenza nella popolazione di immigrati e nelle minoranze etniche, coordinato dall'ISS, con l'obiettivo di valutare l'accesso e la presa in carico da parte dei servizi dedicati e favorire percorsi di cura adeguati". LO STUDIO Il numero di casi di MCI nei migranti anziani (= 60 anni) che risedevano nei 28 Paesi dell'Unione Europea, in Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera al gennaio 2018 e' stato calcolato moltiplicando il numero di migranti, fornito da Eurostat, aggiornato al 2019, e i tassi di prevalenza eta'-specifici del MCI desunti dai dati armonizzati prodotti dalla COSMIC collaboration.
LE DEMENZE NEL MONDO Il Rapporto dell'OMS riporta stime di crescita allarmanti della demenza: 35,6 milioni di casi nel 2010 che raddoppieranno nel 2030 e triplicheranno nel 2050 con 7,7 milioni di nuovi casi all'anno (uno ogni quattro secondi) e il cui impatto economico sui sistemi sanitari sara' di circa 604 miliardi di dollari l'anno, con incremento progressivo. In Italia, il numero totale dei pazienti con demenza e' stimato in oltre un milione (di cui circa 600 mila con demenza di Alzheimer) e circa tre milioni sono le persone direttamente o indirettamente coinvolte nell'assistenza dei loro cari.
(Comunicati)