Roma, 6 nov. - Il medico ha anche l'onere di controllare tutti i macchinari utilizzati nella sua prestazione professionale: se non lo fa e questi non funzionano come dovrebbero, puo' anche scattare il risarcimento del danno subito dal paziente. A stabilirlo e' la Cassazione civile con la sentenza 27448/2018, con cui ha comunque assolto un anestesista per carenza del nesso causale, anche se ha sottolineato il principio del controllo dei macchinari.
IL FATTO Un paziente si era sottoposto a un intervento chirurgico estetico di mastoplastica additiva presso una clinica privata e aveva subi'to danni per un risveglio intraoperatorio perche' l'anestesista non aveva adottato metodi adeguati di monitoraggio della profondita' di sedazione. Il paziente per questo ha chiesto il ristoro del pregiudizio alla persona, tenuto conto anche che per cio' che era accaduto aveva interrotto il proprio processo di transizione dalla condizione maschile a quella femminile, iniziato prima dell'intervento.
Il tribunale rigettava la domanda rilevando la mancanza di certezze in ordine al nesso causale.
La Corte di Appello riformava la decisione e accoglieva la domanda asserendo che l'incertezza sul nesso eziologico non poteva ricadere sul danneggiato e che non era possibile affermare la riconducibilita' dell'incidente alla categoria di eventi fortuiti, vista la bassissima incidenza statistica di quest'ultimo. Liquidava quindi i danni alla persona, escludendo quelli patrimoniali perche' richiesti in relazione alle diminuzioni di reddito di una societa' di capitali facente capo all'attore, dotata come tale di autonoma personalita' giuridica e autonoma legittimazione. Infine disattendeva l'eccezione di inoperativita' della polizza assicurativa ritenendo autonomamente coperto il rischio anestesiologico.
LA SENTENZA Secondo la Cassazione, a cui il paziente ha successivamente ricorso, il problema della verifica dei macchinari puo' determinare la colpa del medico se questo non dimostra (come in questo caso non ha dimostrato) di aver verificato o di essersi assicurato che fosse stata controllata la corretta operativita' dei macchinari.
La Corte di cassazione ha inoltre sottolineato che nei giudizi di risarcimento del danno che deriva da inadempimento contrattuale (come avviene per quelli di risarcimento del danno da fatto illecito) occorre procedere a due accertamenti: uno sulla condotta colposa del responsabile e l'altro sul nesso causale tra la condotta e il danno. Accertata la prima pero' non e' possibile avere la prova automatica del secondo o viceversa.
Quindi il paziente che afferma inadempiuta o adempiuta in maniera non corretta la manovra, in base all'articolo 1218 del codice civile, puo' non provare solo la colpa del medico, ma deve dimostrare comunque l'esistenza del nesso eziologico, onere da assolvere "dimostrando, con qualsiasi mezzo di prova, che la condotta del sanitario e' stata, secondo il criterio del 'piu' probabile che non', la causa del danno".
Se la prova del nesso manca, la domanda va rigettata. "Nel giudizio di legittimita' - si legge nella sentenza - va tenuta distinta l'ipotesi in cui si lamenti l'omesso esame di una domanda da quella in cui si censuri l'interpretazione che ne ha dato il giudice del merito. Nel primo caso, si verte in tema di violazione dell'articolo 112, cod. proc. civ., e si pone un problema di natura processuale. Nel secondo caso, invece, poiche' l'interpretazione della domanda e l'individuazione del suo contenuto integrano un tipico accertamento di fatto riservato, come tale, al giudice del merito, in sede di legittimita' va solo effettuato il controllo della correttezza della motivazione che sorregge sul punto la decisione impugnata", Secondo la Cassazione "posto dunque che l'interpretazione della domanda spetta al giudice del merito, ove questi abbia espressamente ritenuto ricostruttivamente che una certa domanda era stata avanzata in certi termini, tale statuizione non puo' essere direttamente censurata per infra o extrapetizione, atteso che, avendo comunque il giudice svolto una motivazione sul punto, il vizio in parola non e' logicamente verificabile prima di avere accertato il vizio motivazionale, qualora deducibile e nel relativo perimetro".
"Nella fattispecie in scrutinio, la corte territoriale ha rilevato che la domanda era svolta 'a titolo personale' sebbene relativa a un danno 'riferibile a una societa' di capitali', e tale lettura della domanda non e' neppure censurata nei sopra detti termini".
Su questi principi la Cassazione ha rigettato il ricorso principale e quello incidentale.
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(Wel/ Dire)