(DIRE) Roma, 25 giu. - Piu' del 50% delle persone con emofilia convive con il dolore cronico. Sono i dati emersi da uno studio internazionale recentemente presentato al congresso della World Federation of Hemophilia. Questi dati sono stati confermati da una recente indagine di Osservatorio Malattie Rare su un campione di quasi 100 pazienti con emofilia, che ha rilevato come il dolore impatti gravemente sulla qualita' della vita delle oltre 5.000 persone che in Italia convivono con questa malattia genetica rara e cronica.
Per gli emofilici over 25, 84% del campione intervistato, la malattia limita aspetti fondamentali della vita nel 54% dei casi. Per questo 54% di intervistati i limiti dipendono nel 52% dei casi dal dolore dovuto ai sanguinamenti e ben nel 90% dei casi dalle artropatie dolorose sviluppate negli anni.
Per i giovani va meglio: solo il 33% dichiara che la malattia limita fortemente la loro vita. Nel 100% dei casi pero' il limite dipende proprio dal dolore, in questo caso dal dolore acuto dovuto all'episodio emorragico.
Le persone con emofilia tendono a considerare il dolore come un elemento ineluttabile, legato indissolubilmente alla malattia. Oggi pero' il dolore si puo' trattare correttamente e addirittura prevenire, per garantire alle persone con emofilia una qualita' di vita migliore. Proprio per questo nasce il progetto HAEMODOL: una nuova alleanza tra esperti, per far emergere la rilevanza del dolore, capirne la causa e definirne la corretta gestione nelle persone con emofilia.
"Haemodol e' un progetto nato dall'incontro fra un gruppo di ematologi, di terapisti del dolore, e la SIAARTI (Societa' Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva), promosso da Sobi Italia - spiega il Prof. Consalvo Mattia, Anestesista Rianimatore e Terapista del dolore presso il Dipartimento di Biotecnologie e Scienze Medico-Chirurgiche dell'Universita' di Roma La Sapienza. L'obiettivo e' di avvicinare due mondi che sono sempre stati distanti e raramente hanno avuto contatti. Oggi, grazie a Haemodol, stiamo condividendo le nostre conoscenze con il proposito di mettere il paziente al centro, perche' possa trovare un punto di riferimento costante nella gestione di un aspetto delicato come il dolore".
"La cultura della terapia del dolore, anche nel nostro ambito, fino ad oggi non e' stata poi cosi' approfondita - spiega la Dr.ssa Cristina Santoro, ematologa dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico Umberto I di Roma. Sappiamo che non tutti i tipi di dolore sono uguali, ma il dolore deve comunque essere sempre considerato un importante campanello d'allarme.Il dolore negli emofilici adulti e' dovuto maggiormente all'artropatia sviluppata negli anni; nei bambini, invece, il dolore e' solitamente causato da un evento acuto, un emartro o un ematoma. Fortunatamente, grazie alla profilassi (cioe' all'infusione regolare del fattore di coagulazione mancante a scopo preventivo), questi eventi acuti sono sempre meno frequenti".
Inoltre l'arrivo dei farmaci a emivita prolungata ci ha fornito un'arma in piu' molto importante nella prevenzione degli episodi emorragici e in particolare dei microsanguinamenti che sono meno visibili e quindi spesso sottovalutati, ma altrettanto dannosi per la salute delle articolazioni. Tali farmaci sono in grado di ridurre i sanguinamenti e l'artropatia correlata, con un numero di infusioni inferiore rispetto ai farmaci tradizionali. "Cio' ha un enorme impatto sulla qualita' di vita dei pazienti: la riduzione delle infusioni - prosegue la Santoro - e' piu' evidente per i farmaci a lunga emivita di FIX (emofilia B), che permettono di passare da due a una sola infusione settimanale per i bambini, e addirittura a una ogni due settimane per gli adulti, ma anche con i farmaci a lunga emivita di FVIII (emofilia A) e' possibile ridurre le infusioni da tre a due a settimana, fino a una ogni 5 giorni nel 30% dei casi. Il tutto offrendo una maggiore protezione del benessere articolare di questi pazienti". "Molti emofilici, specie coloro che hanno piu' di 40 anni, hanno sviluppato danni articolari per cui alcuni di questi hanno problemi di deambulazione; problemi che i giovani di oggi conoscono parzialmente e che per fortuna saranno destinati a scomparire nel futuro. Io stesso - spiega Francesco Cucuzza, Consigliere di FedEmo - facendo profilassi, pur avendo un'articolazione compromessa, riesco ad avere una qualita' di vita nettamente superiore al passato".
"Le persone con emofilia non devono convivere con il dolore, devono convivere con i loro familiari - afferma il prof. Antonio Corcione, Presidente SIAARTI e Direttore della U.O.C. Anestesia e Rianimazione dell'ospedale Monaldi di Napoli - e quindi noi dobbiamo avere l'obiettivo di eliminare il dolore, e lo possiamo fare. Prima interveniamo, migliori saranno i risultati che potremo ottenere, e intervenire prima vuol dire farlo con un'e'quipe: il lavoro d'e'quipe e' indispensabile, ognuno puo' arricchire con la propria esperienza e la propria professionalita', quindi ritengo che sia la base moderna per poter lavorare." Il gruppo di studio HAEMODOL si riunisce periodicamente: negli ultimi mesi e' stata avviata, su un gruppo molto ampio di ematologi, un'indagine attraverso la quale sono emerse le aree di miglioramento e le necessita' riguardo alla gestione del dolore nel paziente emofilico, e sara' compito della nuova squadra di esperti trovare le giuste risposte. Terminata la parte di divulgazione e condivisione delle conoscenze, questi specialisti faranno il punto sulle indicazioni raccolte e in autunno pubblicheranno un position paper che conterra' le prime raccomandazioni mai stilate sulla terapia del dolore nelle persone con emofilia.
(Wel/Dire)