(DIRE) Roma, 30 gen. - La Winter School 2018 di Motore Sanita' ha offerto il palcoscenico ad un costruttivo dibattito su un tema di estrema rilevanza sociale, etica, politica ed economica, ovvero la riorganizzazione del servizio sanitario nazionale tra centralismo e regionalismo, in un contesto caratterizzato da un cocktail potenzialmente letale per la sanita' pubblica: imponente definanziamento pubblico contestuale alla revisione "al rialzo" dei nuovi Lea, boom della spesa privata complice una sanita' integrativa ipotrofica e poco regolamentata, sprechi e consumismo sanitario alimentato da aspettative irrealistiche di cittadini e pazienti scarsamente alfabetizzati.
"Dal un punto di vista etico, sociale ed economico- ha affermato Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione Gimbe e coordinatore della sessione insieme ad Angelo Lino del Favero, Direttore Generale dell'Istituto Superiore di Sanita'- e' inaccettabile che il diritto costituzionale alla tutela della salute, affidato ad una leale quanto utopistica collaborazione tra Stato e Regioni, sia condizionato da politiche sanitarie regionali e decisioni locali che generano diseguaglianze nell'offerta di servizi e prestazioni sanitarie, alimentano sprechi e inefficienze e, soprattutto, influenzano gli esiti di salute della popolazione".
Cartabellotta ha snocciolato un inquietante elenco di variabilita' regionali dimostrando che l'universalismo, pilastro fondante del nostro servizio sanitario nazionale, si sta inesorabilmente disgregando: dagli adempimenti dei livelli essenziali di assistenza alle performance ospedaliere secondo il programma nazionale esiti, dalla dimensione delle aziende sanitarie alla capacita' di integrazione pubblico-privato, dal variegato contributo dei fondi sanitari integrativi a quello delle polizze assicurative, dalla disponibilita' di farmaci innovativi all'uso di farmaci equivalenti, dalla governance della libera professione e delle liste di attesa alla giungla dei ticket, dalle eccellenze ospedaliere del Nord alla desertificazione dei servizi territoriali nel Sud, dalla mobilita' sanitaria alle diseguaglianze sugli stili di vita, dai requisiti minimi di accreditamento delle strutture sanitarie allo sviluppo delle reti per patologia.
"Siamo di fronte a 21 sistemi sanitari regionali- ha puntualizzato il Presidente- liberi di declinare in maniera eterogenea l'offerta di servizi e prestazioni davanti ad uno Stato che si limita ad assegnare le risorse e verifica l'adempimento dei Lea con una 'griglia' capace di catturare solo macro-diseguaglianze. E i Piani di rientro per le Regioni inadempienti, guidati piu' da esigenze finanziarie che dalla necessita' di riorganizzare i servizi, hanno scaricato sui cittadini servizi sanitari peggiori con nefaste conseguenze sull'aspettativa di vita, addizionali Irpef piu' elevate per risanare i conti regionali e necessita' di curarsi altrove". Nel 2016 la mobilita' sanitaria ha spostato oltre 4,15 miliardi di euro, prevalentemente dal Sud al Nord: ma se le spese sono a carico del Ssn, i costi che i cittadini devono sostenere per viaggi, disagi e quelli indiretti per il Paese sono enormemente piu' elevati. Senza contare che la mobilita' sanitaria non traccia la mancata esigibilita' dei Lea territoriali e soprattutto socio-sanitari, diritti che appartengono alla vita quotidiana e non alla occasionalita' di un intervento chirurgico.
Il Prof. Renato Balduzzi- membro del Consiglio Superiore della Magistratura e gia' Ministro della Salute- nella sua lectio magistralis ha sapientemente smontato la teoria che vede le diseguaglianze regionali esclusivamente figlie della Riforma del Titolo V del 2001, dichiarando con fermezza che oggi "il servizio sanitario nazionale ha bisogno di piu' Stato e di piu' Regioni". Dopo la bocciatura del referendum costituzionale, nessun passo in avanti e' stato fatto per migliorare la governance di 21 differenti sistemi sanitari, anzi si sono moltiplicate le richieste di maggiore autonomia da parte delle Regioni che, a giudizio di Balduzzi "difficilmente potranno essere legittimate dalla Corte Costituzionale". Dal palco numerosi direttori generali di aziende sanitarie, rappresentanti del mondo professionale e cittadini hanno convenuto sulla necessita' di soluzioni politiche e organizzative per rendere piu' omogenea l'esigibilita' dei livelli essenziali di assistenza su tutto il territorio nazionale, valorizzando le migliori esperienze regionali, in particolare le reti per patologie e i sistemi informativi in grado di valutare in tempo reale i bisogni di salute della popolazione.
"Una rinnovata governance del servizio sanitario nazionale non puo' continuare ad avvitarsi sulla contrapposizione tra centralismo e regionalismo scaricando sui cittadini il conflitto istituzionale tra poli sempre piu' indeboliti. Ecco perche' il prossimo esecutivo, senza necessariamente passare attraverso riforme costituzionali, ha il dovere etico di trovare soluzioni tecniche per potenziare le capacita' di indirizzo e verifica dello Stato sui 21 sistemi sanitari regionali, nel pieno rispetto delle loro autonomie: dal monitoraggio piu' analitico degli adempimenti Lea ad una riforma dei Piani di rientro, dalla revisione dei criteri di riparto collegati a sistemi premianti a cascata alla diffusione virtuosa delle best practice regionali, dalla idoneita' della Conferenza Stato-Regioni come strumento di raccordo tra Stato ed enti territoriali alla gestione della 'questione meridionale'", ha concluso Cartabellotta.
(Wel/Dire)